Peccato che la visione sia stata un pò inquinata dall'ingombrante ombra di
Profundo Carmesì, dove la ferocissima parabola ripsteiniana dei due amanti criminali andava fino in fondo, dove Du Welz, invece, si ferma.
SPOILERRipstein faceva commettere alla sua coppia criminosa il più odioso dei delitti, non risparmiando nemmeno la piccola figlia della giovane vedova bella e piacente, mentre Du Welz la fa salvare in extremis. Così come il finale, sospeso e onirico quello di Du Weltz, tremendamente e spietatamente giustizialista quello di Ripstein.
FINE SPOILERMa Ripstein a parte , che per il sottoscritto rimane la versione più disturbante e implacabilmente feroce del lotto, questa quarta riproposta delle gesta criminali della coppia assassina dei "cuori solitari" Raymond Fernandez e Martha Beck è comunque un bel pugno nello stomaco ben assestato, dove l'autore del bellissimo
Vinyan ammanta il pellegrinaggio omicida del duo in una dimensione fatta di degrado e squallore (sia umano, sia fisico, sia ambientale).
Dopo le lande sperdute di
Calvaire e le impenetrabili foreste herzoghiane di
Vinyan, la torbida poetica duwelziana si sposta nel grigiore delle location transalpine e nella desolazione della solitudine (non per nulla il film si apre con Gloria che lava un cadavere alla morgue) e dall'incontro di due casi umani tanto sgradevoli quanto emarginati (di straordinaria intensità attoriale la Duenas e Lucas).
L'incontro, poi, si muta in un viaggio all'inferno (senza ritorno) tra sgradevolezze e disgusto, sangue e terribili scoppi di violenza dettati dall'insana e morbosa (nonchè incontrollabile) gelosia di Gloria che si mutano in efferati delitti di realistica e impressionante brutalità.
Vecchiacce vogliose (la ributtante fellatio nello scantinato) o leccate (Michel si infila nel letto dell'avvizzita Gabriella leccandole la bocca e lei, da granny repressa, comincia a masturbarlo, dove il sesso prende derive ripugnanti), cadaveri fatti a pezzi e smembrati nella vasca da bagno che manco
Buio omega o
Trio infernale, teste fracassate a colpi di scarpa, strangolamenti, massacri splatter/ fulciani a colpi di accetta nella stalla, disturbanti parti canori simil bunueliani (mi venivano in mente pure
I cannibali di Oliveira) dove Gloria intona una struggente canzone d'amore con il cadavere nudo di Marguerite disteso su un tavolaccio da cucina alla
Gran bollito, prima di segarle via il piede, al finale surreale al cinema Lux, dove il film prende strambe pieghe oniricheggianti.
Strascichi cinefili con
La regina d'Africa che i due vanno a vedersi in un cinemino di provincia, con Michel gran fan di Bogart (e per far calmare Gloria dalle sue crisi isteriche, Michel le fa infantilmente le boccacce come Bogart che richiama gli ippopotami sul fiume facendo divertire la Hepburn), ritualità assai balzane di Michel per far cedere le donne che preda ai suoi piedi, la delirante e febbrile danza intorno al fuoco dei due amanti nudi, le emicranie improvvise di Michel (le stesse che affliggevano il Nicolas di
Profundo Carmesì), fino ai disegni macabri di Gloria sul quadernetto e alla bambina che rifiuta il misero regalo della donna non volendola ringraziare.
Ma quello che ho apprezzato maggiormente (e che Du Welz pare mi abbia letto nel profondo) è l'insospettabile feticismo di Michel, che si eccita irrefrenabile in chiesa, quando ammira voglioso i sandaletti col tacco e le calze nere con la riga di Gabriella, quando si fa mettere un piede in bocca da Gloria e not but not least quando girovaga nell'appartamento di Gloria, curiosando tra i suoi armadi e tira fuori le decolette nere della donna, annusandone l'interno con paradisiaca estasi (sequenza cultissima che varrebbe da sola la visione).
Intinto di grigiore, di tanfo di vecchiume, di sangue rappreso e di morte, dove vengono sviscerate le parti più nauseabonde del sesso, della possessione di un amore malato e di distorte allucinazioni (Gloria che si desta dal sonno e vede le facce grottescamente insanguinate delle vecchie uccise che la sbeffeggiano) e di ville isolate in aperta campagna che omaggiano certo nostro cinema di genere e i rosso shocking roeghiani (notevole la fotografia sporca e crepuscolare di Manuel Dacosse).
Il cinema poco accomodante e disturbante di un autore giunto da noi a spizzichi e bocconi (
Vinyan solo su tv satellitare sottotitolato,
Calvaire uscito con ritardo solo in dvd, di
Allèluia manco a parlarne, tanto che sono dovuto ricorrere al dvd francese della
Wild side), di fortissima personalità e dove non teme di sporcarsi le mani (alcune parentesi degli squallidi rapporti sessuali arrivano ad un pelo dall'hard), cantore delle più spiacevoli e tristissime miserie umane.
Se non ci fosse stato Ripstein, probabilmente, sarebbe già un mezzo capolavoro di marciume e desolazione.