Durante l'occupazione, i nazisti tentano di piegare un villaggio sovietico ricorrendo a torture e crudeltà. Girato sul finire della guerra, è un film dal messaggio chiaro e diretto, recitato con grande intensità. Secondo i dettami del realismo socialista, anche le scene più cruente sono mostrate con un notevole rigore compositivo. Si crea quindi un'efficace dicotomia tra la rappresentazione "classica" delle sofferenze degli abitanti del villaggio e la caotica violenza degli invasori.
Lodevole, ma assolutamente schematico nella rappresentazione delle psicologie dei personaggi (partigiani, tedeschi, collaborazionisti). Tale pecca è comprensibile (il film fu girato a ridosso degli eventi di guerra) e tuttavia oggi non possiamo non avvertire come la propaganda tolga forza sia alla storia che alla credibilità dei caratteri (e il tono epico si derubrica a puro tifo antinazista, cerebrale e prevedibile). Non mancano, tuttavia, sequenze di rilievo (l'omicidio della donna col bambino, la morte della traditrice). Meritorio.
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CuriositàRufus68 • 21/05/17 17:14 Contatti col mondo - 220 interventi
Il film è tratto dal romanzo della polacca Wanda Wasilewska, "Tecza" (1944).
Venne fulmineamente tradotto in italiano nello stesso anno dall'editore napoletano Fiorentino come "L'arcobaleno" (la versione italiana è di Ester Tedesco).