Ritorno a casa Gori - Film (1996)

Con un'impianto narrativo simile a quello di Benvenuti in casa Gori, Alessandro Benvenuti costruisce una buona commedia, probabilmente migliore della stessa opera precedente. Si tratta di un'opera in cui comicità e sentimenti amari si fondono mirabilmente in una sceneggiatura equilibrata e senza eccessi o "sbracature". Buona la prova del cast, con un Alessandro Haber su ottimi livelli.

Molto meglio rispetto al precedente film, con un cast in parte rinnovato (strepitoso Haber nel ruolo del depresso e divertentissimo Vito in quello del ragazzo segaiolo) e una regia più veloce e ritmata rispetto a quella che Benvenuti ci aveva mostrato nel precedente. Ci sono molti momenti divertenti e molti addirittura commoventi, in quello che forse è il migliore dei film di Benvenuti regista.

Spumeggiante seguito diretto di nuovo da Alessandro Benvenuti con buona parte dello stesso cast del primo film. Si ride spesso, a volte amaro, ma alcune gag riuscite rendono decisamente frizzante un momento particolare: si ritrovano tutti davanti alla bara di Adele (Ilaria Occhini). Bravi Haber, Vito, Monni, Novelli e la Cenci.

Ho avuto la fortuna di trascorrere delle piacevoli serate con Alessandro Benvenuti e parlando di questo film se ne è detto molto soddisfatto, soprattutto per l'innesto di Stefano Bicocchi (nel film, Faustino), ottimo caratterista già apprezzato nel precedente Ivo il tardivo ma anche di Sabrina Ferilli, calata perfettamente nella parte. Monni e Novelli sono - al solito - spumeggianti e il ritmo c'è. Il primo capitolo resta insuperabile (basti pensare che è tuttora in teatro dopo oltre venti anni di tournée), ma anche questo è davvero divertente.

Secondo capitolo della famiglia Gori alle prese stavolta con una veglia funebre. Migliore direzioni degli attori con passaggi di trama fluidi, sa approfondire i momenti emotivamente più intimi. Bene la Cenci, il duo Benvenuti/Ferilli e Ceccherini, che non forza il personaggio. Pessima scelta gli amici ladri (troppo caricati) e un filo esagerato Vito. Conclusione che sa essere un tributo affettuoso.

Detto di alcune cose imperfette (l’eccessivo personaggio di Vito, la banda motorizzata e un finale in cui s’accumula un po’ troppo), va sottolineato che si trattava di una sfida difficile (come ogni film corale), ma che è stata vinta (e bene). Solo in Toscana, probabilmente, era ambientabile una trama del genere. Recitazioni d’alto livello dal primo all’ultimo, con la Cenci, Monni e Novelli strepitosi, e una doppia coppia (Benvenuti-Ferilli-Ceccherini-Enrichi) adorabile. Battute di contorno naturali e centratissime, come “Ha ragione il notaio Collacchioni!” o “Lo si raccatterà”.

Tornare su temi vincenti spesso porta a mezzi flop, ma non è assolutamente questo il caso. Rispetto al primo Gori, qui c'è la variante decesso che scatena dolore e rianima vecchi segreti. Cast sostanzialmente simile all'originale meno spontaneo o meglio ancora più scafato. Quest'operazione (condizione) netta certe sbracature carissime ai toscani ma un po' indigeste ai più. Haber in parte, Ceccherini un po' sottotono, mentre Vito pare forzato così come i biker. Il tempo comunque non ne scalfisce il fascino.