Commedia amara, tendente al dramma, che Woody Allen cuce alla perfezione sulla figura di Cate Blanchett, la Jasmine del titolo, le cui sfaccettature caratteriali danno la misura dell'ottimo lavoro compiuto da Allen (e dalla Blanchett stessa, naturalmente). Prima sceneggiatore che regista, come sempre, Allen è abilissimo nel rifuggire la banalità nella descrizione dei suoi personaggi ritrovandosi in uno stile personale ormai da tutti riconosciutogli. Se ciò che racconta non ha niente di così particolare e la forma scelta di mescolare i flashback al presente in un flusso narrativo omogeneo che inizialmente può disorientare non è certo una novità, soprattutto di questi tempi, ciò che continua a...Leggi tutto stupire è la capacità di regalare naturale spessore e credibilità a un personaggio che in mano ad altri rischiava di precipitare nella macchietta: Jasmine è la classica signora snob, sposata a un ricco faccendiere senza scrupoli (Alec Baldwin), la quale dopo qualche anno trascorso nell'agio si ritrova a dover fare i conti con una realtà inattesa, a dover chiedere ospitalità alla sorella molto più "modesta" (Sally Hawkins) e semplice finendo con l'invaderle pesantemente la privacy, a frequentare con malcelato disgusto gli amici di lei, infine a cercarsi un lavoro come segretaria di un dentista (Michael Stuhlbarg) cercando di mediare tra esigenze di spirito più avvezze a un mondo completamente diverso e necessità di sopravvivere adeguandosi a un profondo cambiamento. Un personaggio non facile cui la Blanchett regala una profondità notevole, senza dimenticare che comunque anche chi le sta attorno può giovarsi di un copione scritto indubbiamente con maturità non comune. Benché non manchino le lacrime, le crisi di nervi, gli scontri verbali, Allen non dimentica come infiltrare pungente ironia nei dialoghi, e alcune scene (vedi quella ai tavolini del bar del porto con Chili e il suo amico) hanno tratti francamente esilaranti. Funziona meglio la prima parte della seconda, ad ogni modo, dal momento che quando le cose sembrano volgere al peggio la voglia di punzecchiare con le battute diminuisce progressivamente. San Francisco è una location meno caratterizzante del previsto, la confezione è quella di qualità alla quale Allen ci ha abituato, il gusto nel disegno dei personaggi resta immutato. Il film non fa gridare al miracolo, non ha nulla di davvero memorabile, ma conferma la solidità di un autore che quando è alle prese con storie simili difficilmente sbaglia un film.
Solita storiella di corna e logorrea borghese, come quasi tutto l'Allen recente, ma senza un cast (fastidiosa e sopra le righe la Blanchett, imbronciato Baldwin, simpatici ma non incisivi gli altri) e soprattutto una trama in grado di elevare il prodotto in questione dalla mediocrità. Rimane un buon ritmo narrativo, qualche dialogo azzeccato (ma molta è pure l'aria fritta) e la confezione professionale, ma il senso di vacuo che aleggia rende il tutto abbastanza deprimente. Non brutto, ma a tratti quasi si rimpiange un Brunello Rondi.
Una grande Cate Blanchett per l'ultima fatica di Woody Allen, che gira non solo nella sua New York ma anche a San Francisco. Inizia come una commedia nera per poi diventare, con il passare del tempo, il dramma di una donna affatta da esaurimento nervoso. Oltre alla protagonista, Woody Allen riesce a farmi piacere anche Alec Baldwin, che normalmente apprezzo poco. Bravi Peter Sarsgaard e Sally Hawkins. Buon bilanciamento fra comicità e dramma. Woody Allen si lascia alle spalle i suoi brutti film.
Dopo gli ultimi due mediocri film "europei", Allen torna in patria con questo americanissimo film. E anche il regista ritorna grande. Riallacciandosi alle sue migliori commedie, ci dà un quadro impietoso fino alla fine di un ceto sociale travolto e ridotto in miseria a causa della propria cupidigia. Grande montaggio senza alcun vuoto, dialoghi serrati e interpretazione (nonché doppiaggio) strepitosi. Prova superlativa della Blanchett, degna del grande teatro. Musiche al solito deliziose ed evocative, una specie di firma aggiunta del regista.
MEMORABILE: La protagonista ridotta in miseria ma che viaggia in aereo in prima classe.
Dalle stelle alle stalle con trauma. Allen qui è nel suo ambiente naturale: nevrosi, rapporti burrascosi, tradimenti, inganni e una spruzzata di ironia per descrivere la rovinosa caduta di una donna così piena di sè, così egocentrica da negare semplicemente l'evidenza, perseverando nella sua lucida follia. Purtroppo, la seconda parte sembra più un'enfatizzazione della prima, finendo per rendere meno interessante proprio la figura cardine, che tende a girare su se stessa (personaggio comunque non facile). Alla fine, tra uomini e donne, è difficile trovare qualcuno che ne esca bene. Non male.
MEMORABILE: Il dentista tenta un approccio con la protagonista: "Ti sei mai fatta di protossido di azoto?".
Dopo la deludente parentesi romana, Woody Allen ritorna con una commedia che si inserisce tra le cose migliori realizzate negli ultimi anni, anche per l'ottima sceneggiatura. Il ritratto di una donna in un momento critico della sua esistenza racconta l'altra faccia dell'alta società americana, quella degli scandali finanziari che segnano la vicenda della protagonista. Raccontata senza pietà nei momenti più alti e più bassi del suo quotidiano, Jasmine è interpretata da una grandissima Cate Blanchett che si adatta al meglio al cinema alleniano.
Allen è maestro nel dipingere individualità snervate, amori tormentati da dubbi e incertezze (le immancabili “corna”...), il tutto ornato dai suoi punti fermi quali la borghesia, il confronto tra ricchi, arricchiti e gente comune. Dopo la parentesi europea (la "buccia di banana" romana!) il prolifico Woody torna alla classica pochade d’ambientazione americana, qui ben scritta e interpretata da un piccolo cast d’indubbia efficacia espressiva, ma il film è facilmente dimenticabile e certamente non rimarrà come pietra miliare del suo cinema.
Ancora una minestra riscaldata per questa commedia girata astutamente dal vecchio volpone che stavolta pesca negli ambienti plebei, confrontando due personalità femminili diametralmente opposte. La morale del film è che ognuno resta ostaggio di se stesso, nonostante gli errori commessi; ma gli stereotipi sono tanti, come soliti i tic nervosi e le nevrosi sparse a profusione. Resta la bella interpretazione di Cate Blanchett, "woodyallenizzata" quanto basta.
Un Allen completamente spento: storia inesistente, tutto basato sul dramma interiore della protagonista, ma troppo poco appassionante per tenere in piedi una pellicola intera. La Blanchett è brava ma va troppo spesso sopra le righe, Baldwin è sprecato (soprattutto se confrontato con quello che aveva fatto nel capitolo romano) e sembra messo lì solo per dare spessore a un personaggio che senza la sua faccia sarebbe vuoto. Musichette allegre ma toni noiosissimi. Si avvicina la pensione per Woody?
Amarcord intimista inusualmente (per Allen) imperniato su un singolo soggetto: eludendo la coralità, la protagonista è il polo della disgrazia. La nevrosi marca consueta presenza e l'alienazione masochistica è una costante invadente nelle sua estemporanea manifestazione. Snobismo disumano proiettato nel mediocre empirismo della vita: un vicolo cieco di logoranti pleonasmi nel quale ci si accalca girando nervosamente su sé stessi, nell'impossibilità di proseguire o di regredire. Blanchett sacrale femme fatale, da antologia del malumore il monologo al fast-food. ***
Non incide più di tanto una San Francisco che, stringendo stringendo, si riduce al solo Golden Gate. Non incide più di tanto neppure questa commedia costruita attorno al personaggio di una Cate Blanchett certamente in parte ma sopra una sceneggiatura povera di slanci; le solite nevrosi, i soliti contrasti di classe, che fine ha fatto la solita ironia cinica? La tensione viene meno abbastanza in fretta. Una bottiglia di Brunello di Montalcino prima della visione può aiutare.
Lievemente struggente e spietato ritratto di donna. Jasmine (straordinaria Blanchett) personaggio sfaccettato diviso com’è tra snobismo e alienazione, caratteristiche che prepotentemente invadono la sua personalità oramai assuefatta a una vita che non esiste più. La disumana, colei che finge e inganna ritorna coi piedi per terra; e son dolori. L’irrinunciabile bisogno di (auto)elevarsi si palesa in un montaggio atemporale che opprime; e la deriva intimista ellittica, dall’insopportabile ci schiaccia in una morsa di sottile commozione.
MEMORABILE: Gli occhi pieni di lacrime e senza fondo della Blanchett.
Il ritorno negli USA giova al regista che questa volta non si limita alla solita e un poco usurata ronda sentimentale venata di ironia/nostalgia, ma dirige un dramma, pur travestito da commedia brillante, che può essere accostato alle sue precedenti opere del genere. Sotto la scorza di superficialità e snobismo, Blanchett è una donna sull'orlo del crollo, incapace di far i conti con la realtà, prigioniera di un'involucro di apparenze e finzione. Brava lei ed anche Hawkins che replica il personaggio interpretato per Leigh, efficace il resto del cast. Il migliore Allen degli ultimi anni.
Caro Woody, perché te ne esci con film mediocri tipo To Rome with love quando sei così bravo a disegnare personaggi in modo così nitido e profondo? Jasmine poteva essere un personaggio per niente intrigante, invece tu hai saputo renderlo molto interessante e umano (vale sia in senso positivo che negativo), tirando fuori il meglio da una bravissima Cate Blanchett. E poi ci piacciono assai le critiche impietose a quel mondo effimero, rampante e sostanzialmente disonesto e a quelli che snobbano i familiari poveri solo quando sono ricchi.
Blue Jasmine, blue moon, blue jazz, blue picture. Stancante, assopente e assolutamente ripetitivo. Non basta un "nuovo" montaggio, una buona attrice (ma non solo lei), magari anche una nuova location nella più europea delle città americane per sollevare una sceneggiatura che porta il marchio sfocato di un Allen che dà l'idea di voler mettere sempre una parte di se stesso nei suoi film. Per un po' va bene, film azzeccati su questi temi ne ha già fatti; se vuole continuare va bene, ma senza voler vincere il Guinness della produttività.
Commedia amara di Woody Allen dopo il tour europeo Londra-Barcellona-Parigi-Roma. Film abbastanza piatto, con buoni ma rari spunti divertenti (su tutti la discussione al bar del porto). L'elemento portante è la figura di Jasmine, interpretata da una bravissima Cate Blanchett davvero in grande forma. Finale deludente. In definitiva un film piacevole ma abbastanza ozioso.
Se l’impronta fosse stata di condanna di un certo cinismo newyorkese con conseguente profilo tragico, il soggetto aveva potenzialità. Prima parte insistita su pochi elementi (lui truffaldino, lei che ignora) e seconda con qualche variante dei personaggi, ma che resta piatta. La Blanchett ha ottime espressioni psicotiche, mentre i ruoli di secondo piano si son visti fino alla noia. Anche a livello di battute il ritmo è scarso.
Dopo la trasferta a Roma qualsiasi cosa sarebbe stata accolta con un sospiro di sollievo dagli amanti del caro vecchio Woody: così, pur senza assolutamente stupire, la rapida e dolorosa caduta di Jasmine ci riporta su binari consueti e familiari tra nevrosi, caratteri ben disegnati e un'atmosfera da tragica commedia umana. Certo, a volte il ritmo viene meno, i salti temporali e la seconda parte mostrano la corda ma la Blanchett, alle prese con un personaggio profondo e non facile, sfoggia una prestazione sontuosa e tiene dritta la baracca.
Interessante ritorno negli States per Woody, che confeziona una pellicola in bilico fra il dramma e la commedia. La sceneggiatura delinea personalità intriganti, anche se la Blanchett ruba la scena a tutti grazie a una prova sontuosa (giustamente premiata con l'Oscar). Il maestro non ha perso il proprio tocco magico, deliziando lo spettatore con un prodotto riconoscibile e diversissimo dal marasma - il più delle volte insulso - delle produzioni americane dello stesso genere. Nonostante la grevità delle parti più riflessive, il nostro sa ancora pungere con momenti ironici riuscitissimi.
Pensavo a qualcosa con forti vene ironiche, trattandosi di Woody Allen. La Blanchett indubbiamente è valida ma tutta la pellicola mi ha lasciato quel senso di amaro in bocca, come di occasione non veramente sfruttata al massimo. I continui flashback aiutano a capire meglio, ma nell'ultima parte mi attendevo qualcosa di diverso. Si può anche perdere.
Sensazionale ritratto tragicomico di una donna distrutta dalla vita interpretata dalla superba e giustamente premiata Cate Blanchett. L'apparente superficialità di alcuni personaggi non è certo dovuta a una mancanza di approfondimento quanto piuttosto a una fedele visione del vuoto cosmico della società attuale e dei rapporti umani. L'universo di Allen è sempre unico e meraviglioso e Blue Jasmine si colloca tra i suoi migliori film degli ultimi anni.
MEMORABILE: L'insistente presenza delle diverse tonalità di giallo nella fotografia e negli oggetti di scena.
Titolo dopo titolo, la commedia di Allen ha raggiunto pieno consolidamento nel raccontare le nevrosi/psicosi contemporanee attraverso la ricchezza dello scambio dialogico e la stabile ambientazione mondana e metropolitana entro la cornice di una fotografia calda, pulita e luminosa. Un'autorialità matura senza invasività e manierismi che trova nella strepitosa Blanchett la latrice perfetta dei messaggi del regista, questa volta veicolati in una struttura dall'andirivieni diacronico.
MEMORABILE: La sofisticata Blanhcett alla prospettiva di un lavoro presso uno studio dentistico: «Troppo umile! Darei i numeri!».
Uno dei migliori Allen degli ultimi anni che forse, non casualmente, è più dalle parti del dramma che della commedia. Dietro la superficie, si nascondono personaggi problematici: primo tra tutti, ovviamente, quello di Jasmine che, pur non all'altezza di quelli del passato, è un bel ritratto alleniano di donna nevrotica e fuori dalla realtà, a cui la Blanchett (una vera e propria fuoriclasse premiata con un meritatissimo Oscar) dà corpo e voce splendidamente. La storia è vivace e tiene bene anche grazie alla brevità (da sempre marchio del regista). Buon film.
Allen alza il tasso di amarezza, rinuncia ai dialoghi sui massimi sistemi e, complice una grande performance della Blanchett, porta a casa un lavoro che si fa seguire con piacere dall'inizio alla fine. I personaggi girano bene, affetti da mille nevrosi piccole e grandi come è abitudine del regista, ma questo non oscura mai la brillantezza del racconto. Poco credibile, per il suo manicheismo, quello interpretato da Sarsgaard.
Migliore della media dei filmacci recenti di Allen; nulla di nuovo dal punto di vista del linguaggio (ma non è obbligatorio per un veterano). Spiace il sempiterno, forzato uso del jazz golden age perché fuori contesto. In mano abbiamo un riuscito ritratto di donna, interpretato dalla bellissima ed elegantissima Blanchett che ha il corpo e lo spirito giusti per sostenere una parte che ispira sentimenti poliedrici senza finali consolatori. Se Allen non interessa più come autore, nei suoi film più interessanti è utile come osservatore dell'animo umano.
MEMORABILE: L'oliata struttura che interseca flashback a presente; Il finale.
Jasmine, donna newyorkese, si trasferisce dalla sorella a San Francisco per rifarsi di una vita finita malissimo. Psicologicamente fragile, sotto ansiolitici e antidepressivi non riesce a venire a capo di nulla. Woody Allen descrive bene la nevrosi e l'impossibilita di riscatto della protagonista. Cate Blanchet recita meravigliosamente, bravi anche gli altri attori. Amaro, con un finale che lascia dubbiosi.
Allen ritorna al genere di sceneggiatura a lui più congeniale (la tragicommedia nevrotica) e alla sua America (ma stavolta a San Francisco). Il risultato è positivo, grazie soprattutto a una Cate Blanchett che incarna perfettamente il ruolo della sofisticata donna di classe che sprofonda in piena crisi emotiva a seguito della fine della sua condizione di moglie di un ricco finanziere, che finisce in manette. Come sempre dialoghi brillanti. Caratterizzazioni troppo marcate, in particolare le differenze con la sorella e il suo ambiente modesto.
Dopo qualche battuta a vuoto, Allen propone un convincente film drammatico; sì, perché al di là della sottile vena ironica che attraversa l’opera, con alcune battute tipiche alleniane, la figura magistralmente interpretata dalla Blanchett è quella di una donna sconfitta dalla vita. Un ritratto spietato delle convenzioni, delle nevrosi e delle ipocrisie che permeano la società.
Entra di diritto nel corpus alleniano, inducendo a riflettere sulla "serialità" di un'opera omnia che ha forse il limite di non conoscere tasselli definitivi o addirittura necessari, ma che ancora dimostra di saper rispecchiare la fugace, evanescente desolazione della commedia umana contemporanea. Come in altro miglior Woody, la contaminazione tra alto e basso (New York/Cisco; Blanchett/Hawkins; Baldwin/Dice Clay) provoca un'ironia di caustico stridore, che precipita i personaggi in abissi di autistica tristezza. Cate Blanchett da ovazione dissociata.
Ottima commedia di Allen, con testi sempre molto brillanti e personaggi ben caratterizzati. Magistrale interpretazione di Cate Blanchett (Oscar meritatissimo) nel ruolo di una donna incapace di essere felice, disperata, nevrotica, sconfitta. Notevole prova anche per Sally Hawkins, qui sorella(stra) della protagonista, che ne rappresenta l'antitesi, vivendo tutto con estrema leggerezza, facendosi bastare ciò che le offre la vita. Il montaggio con continui flashback rende molto scorrevole e dinamico il tutto. Consigliato.
Un film fatto bene, come è ovvio, visto il cast, ma che stenta a “prendere”. Non riesco a definire cosa esattamente gli impedisce di funzionare, ma ciò che mi colpisce è che ha da un lato un ritmo notevole per montaggio e per avvenimenti ma, ciononostante, risulta lento in molte fasi. Forse il tutto deriva dal fatto che neppure uno dei personaggi riesce ad ispirare una vera dose di autentica simpatia, per cui è difficile innamorarsi della pellicola. Deus ex machina un po’ deboli. Blanchett bravissima.
Allen ritorna al drammatico, pur mantenendo l’impalcatura della commedia a cui non sembra poter rinunciare. Kate Blanchett è talmente brava nei panni di una donna accecata e soffocata dalla propria boria da farsi odiare nel breve termine. In essa Allen tratteggia tutte le contraddizioni e le debolezze umane con un’intensità e un realismo tale da annichilire quanto fatto con la Farrow in tanti anni di collaborazione. Per una volta bisogna sottolineare quanto la colonna sonora rigorosamente jazz stoni con il tono serioso della pellicola.
MEMORABILE: "Potete evitare di litigare?! Non lo sopporto e il mio Xanax non sta funzionando!"
Una straordinaria Cate Blanchett interpreta una vedova ricca il cui marito (Baldwin) era un truffatore; vive momenti di ansia e panico mostrati da Allen in maniera eccellente, realistica. E' proprio la mano del regista newyorchese a rendere il tutto più scorrevole; riesce a far sì che questa storia estremamente drammatica risulti godibile sotto tutti gli aspetti. La sceneggiatura è ottima, così come il resto del cast, in particolare una sorprendente Hawkins. Per merito della Blanchett le emozioni si susseguono.
Commedia drammatica con una grandissima Cate Blanchett (premiata con l'Oscar). Storia di una donna vittima del suo comportamento da snob e narcisista. La regia e la sceneggiatura vecchio stile di Woody Allen fortunatamente si vedono, ma è la trama che convince poco: troppi alti e bassi. Ottima la fotografia e discreta la colonna sonora. Non male, dopotutto.
Jasmine è ormai nella trappola del monotono, come la vita di un alcolizzato dipendente dai barbiturici, afflitta da una vita monomaniaca che gira come una giostra attorno ad un unico sogno, quello di ritrovare la vecchia, lussuosa strada perduta. La regia di Allen sta tutta nella scrittura; a trainare il film è Cate Blanchett, borghese anti eroina tragica e logorata, decadente e sublime come solo le grandi attrici sanno essere. Un piccolo, splendido film.
2015: Jasmine, una signora dell'alta società di New York caduta in disgrazia, si rifugia dalla sorella, commessa in un supermarket e al momento fidanzata con un italoamericano. Numerosi flashback ripercorrono la sua vita. Con il suo umorismo Woody Allen ci racconta una storia molto drammatica: quella della discesa verso la follia. Ritmo perfetto, bellissimi costumi e scenografie, attori perfetti. Cate Blanchett vinse un meritatissimo Oscar, per la sua interpretazione.
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DiscussioneZender • 7/12/13 11:12 Capo scrivano - 47698 interventi
Grazie Galbo. Càpita perché quello lì crede di conoscere il francese e poi finisce che fa ste topiche senza immaginare che un cognome non deve necessariamente essere uguale al nome della pianta. Vabbè, c'ha un'età, ma stavolta la segretaria mi sente...
Cate Blanchett premio Oscar come migliore attrice protagonista
DiscussioneBrainiac • 16/03/14 17:08 Call center Davinotti - 1465 interventi
Uno degli Allen più amari di sempre. L'oscar più meritato dell'anno. Che filmone.
DiscussioneZender • 16/03/14 18:44 Capo scrivano - 47698 interventi
Credo anch'io che l'Oscar alla Blanchett sia meritatissimo. E anche sulla profondissima amarezza del film non posso che convenire.
DiscussioneDidda23 • 17/03/14 08:57 Contatti col mondo - 5798 interventi
Brainiac ebbe a dire: Uno degli Allen più amari di sempre. L'oscar più meritato dell'anno. Che filmone.
Concordo, abbastanza sorprendente per l'amarezza che sprigiona. Però continuo a preferire l'Allen brillante di "Harry a pezzi" con centinaia di battute memorabili. In questo senso il film più riuscito del decennio rimane "Basta che funzioni", secondo me.
Comunque questo cambio di registro è ugualmente apprezzabile.
DiscussioneDaniela • 13/01/15 00:58 Gran Burattinaio - 5925 interventi
Capannelle ebbe a dire: Bella sorpresa sto film!
L'Allen invecchiato ogni tanto fa centro.
Da aggiungere al cast Louis C.K. (è quello che la sorella conosce alla festa), bravissimo comico americano.
@ Daniela e Galbo non ditemi che quel tipo non vi ricordava nessuno...
Io ho scoperto (e mi sono innamorata) di Louis C.K. dopo aver visto il film di Allen, al tempo non l'avevo mai sentito nominare.. ed anche la serie l'ho scoperta per puro caso. All'inizio solo simpatica, divertente, a tratti pure alleniana (le sedute con lo psicanalista) ma anche piena di momenti riflessivi, poi, ad un certo punto, non ricordo in che stagione, il colpo di fulmine, con questo momento:
Louis è solo in metropolitana, davanti a lui siede un uomo che parla fittamente rivolto verso una donna che tace. Ad un certo punto, la donna si alza e scende dalla vettura. L'uomo continua a parlare come prima, evidentemente non parlava con lei. Louis si guarda attorno, la vettura è piena di passeggeri ma nessuno mostra interesse verso l'uomo che parla da solo. Allora, cosa fa?
Semplicemente, si alza e va a sedere accanto allo sconosciuto. Ecco, questo gesto - così umano - mi ha fatto schizzare al massimo il pallinaggio...:o)
Capannelle ebbe a dire: Bella sorpresa sto film!
L'Allen invecchiato ogni tanto fa centro.
Da aggiungere al cast Louis C.K. (è quello che la sorella conosce alla festa), bravissimo comico americano.
@ Daniela e Galbo non ditemi che quel tipo non vi ricordava nessuno...
io ho scoperto Louis C.K. dopo la segnalazione di Daniela sulla sue serie; purtroppo per il momento ho visto solo la prima, cercherò a breve di recuperare le altre perché merita davvero....