La prima parte di
Open Grave (risveglio nella maleodorante fossa comune, liberazione con la corda, solo nel bosco sotto la pioggia torrenziale, la casa sperduta nel bosco, l'incontro con gli altri sopravvissuti smemorati, il sospetto, la diffidenza, il senso di smarrimento e l'angoscia galoppante) è sicuramente un pezzo di cinema da tramandare ai posteri, che non molla la presa nemmeno per tirare un sospiro
Poi, però (con la scoperta di una donna senza un occhio, legata e rabbiosa, nel capanno) il film vira verso i soliti lidi romeriani degli assedi zombeschi (più
La città verrà distrutta all'alba che
La notte dei morti viventi-anche se citato nelle scene d'assedio nel prefinale-), e il fitto mistero che si rivelava pian piano in puzzle a suon di flashback mnemonici, si trasforma nel solito "pandemic movie" con i repentini attacchi dei rabbiosi e antidoti che fanno tanto
I Am Legend con atmosfere che rimandano alla serie tv settantiana
I Sopravvissuti.
Ma Gallego la stoffa c'è l'ha e , inizio al fulmicotone a parte, indovina momenti che difficilmente si scordano: i marciscenti cadaveri legati-o appesi- agli alberi (geniale la loro presenza e a cosa realmente servono) le mosche, la puzza, la ferocia belluina degli infetti ("quello che grida aiuto", la donna con la figlia morta tra le capanne, i boschaioli, l'infetta-che si masturba? E assomiglia alla Carla Gravina in possessed ne
L'Anticristo-e ingoia le chiavi dell'auto di Copley, il tizio che sbatte continuamente la testa contro un armadietto, la sorella infetta legata in auto, il secchio con le feci, la dolcezza remissiva della ragazza muta coreana-vero e proprio baricentro del film-, le casupole alla
Cabin Fever-altro referente filmico di Gallego-, sino alla splendida e apocalittica chiusa finale, omaggio fulciano di rara potenza visionaria)
Non ultime le desolanti e angosciose location boschive che danno un continuo senso di oppressione e smarrimento (un pò come l'isola de
L'occhio nel Triangolo)
L'arrivo dell'esercito romeriano fà calare di molto la genuinità del film, così come il solito assedio.
Con i suoi difetti e svolte narrative discutibili (il bambino e il rottweiler, l'esercito) ha comunque una sua identità, una diversa rappresentazione del "pandemic movie" ambientato in un eden (sperduto in un non luogo) fatto di follia, morte e sangue.
Quando
My Little Eye muta in
28 Giorni dopo
Gradevole il
Dies Irae composto da Juan Navazo sui titoli di coda.