Fantasmagorico intreccio tra vita di Harlem, culto al dio Bruce Lee, apparizioni fugaci di videoclib funky. Taimak deve salvare la bellezza esotica di Vanity in un turbinio calediscopico di colori al neon, vapori e abiti spaziali. Un piccolo cult del poliestetismo estremo degli anni '80.
Leggero e adolescenziale. Tra arti marziali, musica, esagerazioni e tanto humour, una favola metropolitana dai personaggi variopinti e cartooneschi e un eroe che, pur ispirandosi a Bruce Lee e richiamandone persino il nome (Bruce Leeroy), è timido, insicuro, impacciato e pacifico. Visto il contesto, Vanity deve trattenere il sex appeal che invece è solito prorompere in altre occasioni.
Folle spoof (ma anche omaggio) del kung-fu movie con tratti da blaxploitation e un'atmosfera '80s da commedia giovanile straripante da ogni fotogramma; l'effetto è altresì aumentato da varie esibizioni canore di Vanity e da una ost tra r'n'b e pop a cura della Motown (notevole). L'esordiente Taimak se la cava e Vanity pare molto migliorata rispetto a Tanya's island; a far la differenza però è il cast di caratteristi, specialmente i neri, veramente azzeccati. Quasi due ore di durata sono eccessive ma regia, confezione e ritmo sono di buon livello.
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