Es claro che la Hayek ha un conto aperto con le civiltà ctonie: mai quanto il marito, che proprio "grazie" (raro caso di virgolette-mcguffin) alle dissepolte rovine di una risorta Cartago troverà mediatico modo di riscattare una scalogna che manco U-turn. De la Iglesia scatena il suo eccentrico cinema in un anfiteatro che si fa pentola senza coperchio della diabolica miseria di un chiasmatico homo homini lupus, lasciandosi alle spalle i precedenti virtuosismi trombettistici e ritrovando armonici equilibri tra grottesco e amarezza, acume e spasso, ritmo e registri narrativi, graffio e ghigno.
Álex de la Iglesia HA DIRETTO ANCHE...
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gran rentrée delaiglesiana dopo la sbilanciata e sovraccarica balada triste de trompeta, dalla quale si discosta della grossa tornando in qualche modo al cane mangia cane de la comunidad, qua esteso a un singolare macrocosmo (la location, nella doppia accezione di rovina e teatro, è una scelta acutissima) e caricato a picco con più sconsolata amarezza e cattiveria. andato ingiustamente male in sala, e mai arrivato da noi, pur non essendo un capolavorone né la sua miglior prova, merita indubbiamente un esame di riparazione.
N.d.S.: gli interessati non leggano in giro trame né guardino trailer: è il classico caso in cui meno se ne sa, meglio lo si assapora.