Un bel po' indeciso sulla strada da prendere, il film di Massimilano Bruno alterna momenti da autentica farsa ad altri in cui sembra voler davvero riflettere sul malcostume italiano, con personaggi che debordano nel macchiettismo sfrenato (Papaleo) e altri che rifiutano al contrario qualsiasi punto di contatto con l'ironia o quasi (Raoul Bova). In mezzo il capofamiglia (Michele Placido), che deve muoversi tra entrambi i registri per riassumere in sé il senso ultimo del film, più vicino alla riflessione sui valori familiari che non all'evidenziazione dei mali d'Italia. Lui, il padre, è un politico di lungo corso, abituato a destreggiarsi tra i pescecani e cresciuto...Leggi tutto nel branco, pronto a sommergere gli elettori di promesse per puntare al potere e sfruttarlo piazzando raccomandati un po' ovunque. I suoi tre figli sono molto diversi: Valerio (Alessandro Gassmann) ha scarse doti intellettive e dirige un'azienda di forniture alimentari dall'alto della sua incompetenza e inadeguatezza, Susanna (Ambra) condivide gli stessi limiti e gli stessi successi in campo lavorativo (è attricetta da fiction nonostante un'insopportabile difetto di pronuncia) dovuti al proprio cognome, mentre l'unico che sembra esser capace di camminare con le proprie gambe è Riccardo (Raoul Bova), che esercita in ospedale e del padre non vuol nemmeno sentir parlare. La coralità del film è un valore aggiunto, visto che le storie dei tre fratelli si intrecciano sovente e sono indissolubilmente legate, ma ad essa non corrisponde un'organicità che leghi le scene senza farle apparire malamente appiccicate. Ci sono momenti in cui sembra di trovarsi al cospetto di una commediaccia greve e rozza (soprattutto quando Placido è a briglia sciolta e si lascia andare a volgarità assortite provocate dalla malattia che lo costringe a dire la verità un po' come il Jim Carrey di BUGIARDO BUGIARDO), altri in cui l'estro del regista porta a inutili break semidocumentaristici supportati da musiche enfatiche (Italia di Reitano) o a rallentamenti improvvisi (specie quando è in scena la pur brava Ambra), altri ancora in cui il moto accusatorio trova intuizioni felici riuscendo persino ad associarle a gag azzeccate... Più in generale il cast è ben scelto e sapientemtente diretto, ma la mancanza di una direzione precisa disegna un affresco sgangherato non sempre facile da digerire. Incompiuto, imperfetto, ma abbastanza strambo per incuriosire e attrarre. In tema la presenza di alcune seconde linee come il rapper Frankie HI-NRG MC o di Patrizia Pellegrino come conduttrice di un contenitore tv parecchio trash. Meno incisivo del previsto Mattioli.
Massimiliano Bruno, al suo secondo lungometraggio, sceglie la non facile via della farsa (vagamente moralistica), della degenerazione politica italiana e dei suoi malcostumi avendo però l'accortezza di non condurla nei luoghi della politica romana ma di presentarci il rapporto tra un onorevole e la sua famiglia. Un’ampia gamma di buoni attori certamente danno man forte all'opera, ma il guazzabuglio di buone idee non sono sempre facili da gestire quindi il film, per quanto discreto, fatica a prendere una retta via.
Massimiliano Bruno torna a dirigere (e ad interpretare, sia pure in un piccolo ruolo) una commedia sul malcostume italico, il cui titolo è tutto un programma. Pellicola in cui si ride amaro e che presenta qualche buona intuizione narrativa (tipo la parte dedicata alla realtà ospedaliera), pur perdendosi talvolta in toni farseschi che non sono nè necessari nè funzionali alla narrazione. Il regista si conferma abile nella scelta del cast, con attori assolutamente funzionali ai propri ruoli, con particolare riferimento a Gassman e Bova.
L'opera seconda di Massimiliano Bruno è una satira sul malcostume che attraversa la nostra politica. Il risultato non è affatto male, dato che l'ironia è ben congegnata e momenti di riflessione e amarezza non mancano. Merito anche degli attori scelti per il film, che contribuiscono in modo egregio alla riuscita: Michele Placido ottimo anche se un po' sopra le righe, così come Gassmann e Bova. Deludente invece Ambra, sottotono Mattioli. Non un capolavoro, ma tutto sommato gradevole.
Una commedia non deve far ridere per forza; anzi, spesso la buona commedia fa riflettere, come insegnava il buon Salce. Bruno ha voluto portare sul grande schermo quello che la maggior parte di noi italiani immaginiamo capiti realmente. Ineccepibile il grande Placido, bravissima Ambra in un ruolo nemmeno troppo facile come potrebbe sembrare, l'ormai rassicurante Bova, così come Gassman e i simpatici vecchietti Remotti e Fiorentini, mentre Papaleo e Mattioli sono più defilati e poco incisivi; c'è anche la rediviva Barzizza! Godibile film verità.
MEMORABILE: Il discorso finale di Placido, che sarebbe bello sentir fare da i veri politici.
Un "Bugiardo bugiardo" made in Italy col personaggio che più rispecchia la categoria dei Pinocchietti nell'immaginario collettivo: il politico medio, con medio cervello, parcheggiafigli, corruttibile e mandrillo allupato. L'insieme non va al di là del mediocre e la farsa fa troppo spesso capolino. Ma almeno lo si segue fino alla fine senza fare un'eccessiva fatica, nonostante la moraluccia e il voler dare quasi uno "spessore" ne mini l'insieme (è satira all'acqua di rose). Placido ci sguazza nel ruolo del sinceroleso e, specialmente all'inizio, la cosa risulta piuttosto piacevole.
MEMORABILE: Placido al giovane manager: "Sono quarant'anni che sto in politica...so rubare meglio di te"; Alla domestica: "Ma ti sei vista, sei uno scaldabagno".
Un film davvero riuscito: in un contesto prevalentemente comico Bruno riesce a inserire buone riflessioni sull'odierna società italiana, con situazioni verosimili alternate ad altre più paradossali e divertenti. Il cast è superlativo, capitanato da un Michele Placido davvero incisivo a cui seguono i bravi Gassman, Bova, l'Angiolini, Leo, Mattioli e tanti altri, chi in parti grandi chi piccoli ma tutti al posto giusto. Insomma la dimostrazione che la commedia può e deve far riflettere, senza rinunciare alle risate.
Come gli avvocati, anche i politici potrebbero trovarsi nei guai se fossero costretti a dire sempre e solo la verità... Bruno, forte di un buon parco attoriale, prova ad imbastire una commedia all'italiana come se ne facevano una volta, in cui satira di costume e critica sociale andavano a braccetto, ma fallisce per incertezze a livello di sceneggiatura, ritmo a singulto, forzature grottesche, facilonerie, una patina didascalica che compromette anche i momenti "forti" (la manifestazione, la visita all'Aquila, il discorso finale in tv). Non sgradevole ma poco incisivo.
Si salva solo per la bravura di Michele Placido e di alcune trovate di Alessandro Gassman; Ambra e Bova sono i soliti personaggi buonisti. Il messaggio politico tra il qualunquismo, il grillismo, il populismo è presentato nella maniera più becera possibile (Benvenuto Presidente con Bisio è sicuramente di un altro livello, soprattutto a livello di linguaggio).
Alla sua seconda prova da regista, Massimiliano Bruno confeziona una commedia dai toni satirici e in parte di denuncia nei confronti delle storture della politica. Qui, nonostante qualche momento forse un po' prolisso, c'è spazio per ridere, in particolare con Michele Placido (in gran forma). Il resto del cast se la cava sufficientemente. Gustoso cameo per Paola Minaccioni.
Film simile in molti suoi aspetti a Qualunquemente di Manfredonia, nella caricatura di certi personaggi e nei tanti riferimenti alla nostra "Italietta". Anche qui ovviamente si ride "amaro" e soprattutto si assiste "inermi" alla totale indifferenza della classe politica verso i veri problemi del nostro paese. Magistrali Placido e Gassman, discreto Bova.
MEMORABILE: Calma calma signorina, non c'è nessuna anomalia... siamo in Italia, io sono ricco e passo davanti, lei è povera e si attacca al cazzo!
Una volta un film come questo sarebbe passato come feroce satira socio-politica. Ma gli anni 70-80 sono passati da un pezzo, per cui anche se Bruno fa assolutamente centro nel mettere sotto accusa l'italico malcostume, lo fa con un linguaggio e un metodo da commedia degli anni nostri, oserei dire quasi vanziniana. Risultato svilito? No! Piuttosto messaggio che passa più facilmente. Anche perché Bruno sceglie un cast molto riconoscibile che alla fine, nonostante qualche sbavatura di troppo, risulterà funzionale. Non eccelso ma sopra la media.
L'Italia attuale con tutte le nefandezze politiche che vi dimorano raccontata in stile commedia con riferimenti costituzionali. Una famiglia capeggiata dal simpatico e cinico Placido coadiuvato da un valido Bova e dal sempre efficace Mattioli. Stereotipati Gassman e la Angiolini. Buona la denuncia ospedaliera. Personalmente reputo migliore la prima parte in quanto nella seconda le vicende familiari prendono il sopravvento.
Film a due facce: feroce nel descrivere certo malcostume italiano ma leggero e leccato come confezione; Placido si rivela un "mostro" di recitazione, volgarissimo ma anche tenero nella sua "pazzia", Gassman è funzionale nei panni del "cretino" di successo; meno credibili risultano Bova e la Angiolini, anche se quest'ultima come attricetta scarsa e con la "zeppola" è irresistibile. Il film si fa seguire, ma soffre di un eccesso di zucchero che annacqua la pur presente carica eversiva; avrei preferito un finale più "pirotecnico", come Placido!
MEMORABILE: Tutte le volte che Placido pronuncia a gran voce qualche verità sgradevole!
Peccato, perché Bruno ha le potenzialità per offrire un prodotto che vada oltre il mediocre. Viva l'Italia soffre troppo l'indecisione del regista di non aver saputo scegliere un registro da mantenere per tutta la durata; la prima parte infatti (la più riuscita) poggia su momenti comici notevoli - grazie a un Placido eccellente; la seconda parte è appesantita dal populismo che ricorda tanto il M5S. Mattioli inutile, Papaleo ha un ruolo orripilante e Bova troppo serio senza un pizzico di ironia. Registicamente interessante.
Un film "facile", fatto in un periodo in cui sparlare del nostro Paese è come sparare sulla croce rossa e in ambito politico ciò si definirebbe "populista". E certo un po' ruffiano il regista lo è e il film ha i suoi limiti: un po' grossolano nella trama, qualche macchietta di troppo, ma un'ottima delineazione del personaggio principale seguito dalla sua ottima interpretazione da parte di Placido fanno prendere quota al film quando lui è in scena. Anche Gassman è bravo. Per il resto niente di che, ma si segue bene e riesce a intrattenere.
Dopo una trentina di minuti azzeccati e divertenti, si trasforma chiaramente proprio in quello che lo stesso film vuole criticare: moralista, bacchettona e populista, l’Italia dove tutti sono (siamo?) in qualche modo “figli di” e dove la parola schiaccia sempre il pensiero. Meglio sarebbe stato mantenersi sui binari più comici, che stavano sicuramente funzionando. Bene Placido, meno il monocorde trio Ambra/Bova/Gassman; cambiano i film ma sono sempre, inesorabilmente, come il giorno della marmotta: assolutamente identici.
Di commedie intelligenti ha bisogno il cinema italiano e Massimiliano Bruno lo ha capito alla perfezione. Raccontando la storia di una famiglia riesce a riassumere quella di un'intera nazione (l'Italia). Un film divertente che fa riflettere sul malcostume italiano e sull'ipocrisia di una classe dirigente senza ormai un briciolo di credibilità.
Con un soggetto del genere, era chiaro che il rischio di incorrere in qualche qualunquismo e approssimazione di troppo fosse più che concreto. Purtroppo, in fase di sceneggiatura, la tendenza aumenta fino a disinnescare del tutto la denuncia politico-sociale di fondo. Rimane comunque una commedia corale realizzata con un certo mestiere, che si avvale di un buon cast e di ritmi tanto serrati quanto efficaci. Da citare un Placido mai così strabordante e il comparto di figure secondarie (Mattioli, Papaleo, Ocone). Per una serata di relax.
MEMORABILE: Tutte le sparate/verità dell'onorevole Spagnolo.
In confronto alle altre commedie italiane sembra avere qualcosa in più. Probabilmente il merito è dell’ottima prestazione di Michele Placido, caricatura del politico medio, che funge bene da collante tra le varie vicende dei tre figli. Bene Bova e Gassman, mentre la Angiolini non appare pienamente all’altezza, soddisfacenti Leo e Papaleo.
Massimiliano Bruno dirige con grazia una commedia intelligente, polemica e talvolta amara. Un ictus induce un politico (evidentemente allocato in Forza Italia, qui Viva l'Italia) a dire solo la verità. Un grandissimo Placido guida attori davvero bravi con Roul Bova in testa. Al di là della scelta politica (che poteva stare anche a sinistra, eccome!) la sceneggiatura induce a riflettere, cita brani della nostra (stravolta) Costituzione e ne aggiunge uno. Eccezionale il monologo in chiusa del convertito Placido. Grandissimo esempio di cinema.
MEMORABILE: Il suggerito art. 140 della Costituzione: "Tutti i cittadini hanno diritto a conoscere la verità"!
Da un soggetto piuttosto semplice è possibile tirare fuori qualcosa di molto valido. Specie quando un discreto regista come Bruno ha a disposizione un buon cast come questo. La sceneggiatura verte su un unico tema, satirico e dissacrante, che mette in luce tutti i problemi della politica Italiana, dando voce a un politico che a causa della sua malattia dice solo la verità. Non tutti i mali vengono per nuocere, perché le parole non dette fanno male, causano casini, ma possono anche risvegliare le coscienze di qualcuno. Leggero e divertente.
Se i contenuti di critica politica-sociale sono piuttosto scontati e l'epilogo piazza una risaputa moralina, il film ha la sua forza nella regia solida e spedita, nelle numerose gag e nell'ottima prova degli attori, con un Michele Placido senza freni inibitori e un'Ambra Angiolini attricetta sibilante. E, come nelle migliori commedie, emergono anche i ruoli di contorno, disegnati con tratto colorito e deciso da Mattioli, Ravello, Remotti e dalla Barzizza. Alla fine, un inno all'unità della famiglia o, laddove divisa, alla sua ricostituzione.
MEMORABILE: Lettura e commenti degli articoli della Costituzione; lo spot delle banane; la riunione aziendale con la rivelazione degli altarini.
Un paradigma del malcostume italiano, scandito dagli articoli della Costituzione: il lavoro, la politica, la famiglia, la sanità e tutto il peggio degli intrallazzi orditi dai potenti alle spalle della gente. Film ambizioso politicamente (troneggiano i volti garanti di Pertini, Togliatti, Berlinguer, Moro) e spettacolarmente, grazie alla costruzione vivace da commedia all’italiana d’antan che castigat ridendo mores: peccato scivoli spesso nella superficialità e nella propensione al volemose bene. Ma comunque godibile e a tratti divertente.
Come ci sono le chiacchiere da bar, ci sono anche i film da bar. Viva l'Italia è la summa massima di tutti i luoghi comuni (molti purtroppo veritieri) su cui la gente comune - il cosiddetto popolo - discute nelle case, nei luoghi di lavoro e nei bar, appunto. Bruno li mette assieme, li porta a galla con il politico senza freni e riesce a divertire per un po' con le sconcezze. Quando però scivola nella retorica e il politico affetto da demenza sembra rinsavire con la fregola della verità, il film diventa insopportabile (con la ciliegina del discorso finale).
Bruno, con un cast di tutto rispetto, mette in scena un'Italietta fin troppo reale, che non fosse per l'ottima prova e la buona caratterizzazione di Bova e Placido non lascerebbe certo il segno. L'idea di partenza è efficace, un po' meno i personaggi dell'Angiolini, Gassman e Leo che appaiono troppo macchiettistici. La love story inevitabile in queste pellicole riesce a non avvolgere tutto annichilendo e anche se non si fanno né grandi riflessioni né grasse risate si arriva soddisfatti al finale.
Il politico che di colpo dice tutta la verità, con un Placido inizialmente in forma: quale migliore occasione per fare satira divertente o di denuncia? No, né l'uno né l'altro: nel cinema italiano degli ultimi 20 anni un'idea del genere viene spostata dagli sceneggiatori sulle solite trite e ritrite manfrine familiari noiosissime. Terribile. Ci si deve quindi sorbire storie di nullo interesse per un film che dopo una partenza promettente si rivela tristissimo. Ambra è simpatica per venti minuti, poi stufa. Bova in una storia non credibile. Nulla da salvare.
MEMORABILE: Ora nella scena degli incidenti tra studenti e polizia come sottofondo musicale viene inserita "Italia" di Mino Reitano: AIUTO!
Abbondano i luoghi comuni sulla bocca della commedia immaginata da Bruno: il capo politico e cosplayer razziano (Placido) che si riscopre paladino di sincerità dopo un improvviso malore, il figlio antagonista (Bova) che sotto sotto gode dei suoi privilegi nascosti, lo sciocco aziendalista (Gassmann) e l'attricetta raccomandata miracolosamente fulminata sulla via di Stratford-upon-Avon (Angiolini)... Non si sa cosa sia (satira politica? commedia di costume? tragicommedia familiare?) e difatti non va da nessuna parte: non incide, non fa ridere, non rimane impresso. Frustrante.
Se davvero gli italiani dovessero conoscere tutta la verità di ciò che accade ai piani alti cosa succederebbe? Su questa premessa interrogativa si fonda l'opus di Bruno, bravo nel tratteggiare una commedia (in)solita sui dolori del Belpaese. Il cast impiega nomi altisonanti, con Gassman e Placido a prendersi la scena a più riprese (più il secondo, a esser sinceri). Ma anche la deliziosa Angiolini e il pittoresco Papaleo riescono a catalizzare l'attenzione sui loro personaggi, figli di un sistema che fa acqua da ogni parte. Si ride a denti stretti, il che è ancor più esplicativo.
MEMORABILE: Il discorso finale di Placido.
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Visto in questi giorni: Placido è davvero incontenibile, ma è il personaggio più vero insieme a quello del figlio "ciuccio" interpretato da Alessandro Gassman.
Il personaggio di Bova con la sua spocchia (glielo dice anche il padre) è abbastanza fastidioso, mentre Ambra quando recita la parte dell'attrice "cagna" fa veramente ridere.
Peccato, un film riuscito in parte, perchè qualche buona idea riesce a lanciarla, ma poi si perde in un "vanzinismo- fictionismo-buonismo italiano" di maniera che ne abbassa sensibilmente il valore.
Comunque Placido sugli scudi, anche così volgare :D
P.s. sapete che la scena in cui Gassman cita sbagliando clamorosamente la vittoria di Napoleone a Waterloo non è una fantasia degli sceneggiatori?No? Allora, non vi ricordate quel manager Telecom che qualche anno fa fece ridere tutta Italia con questa dotta reminiscenza...
Morto a 90 anni Remo Remotti. Desidero ricordare la sua interpretazione nel morettiano Sogni d'oro, nel ruolo strambo e spassosissimo di un venditore ambulante "antifreudiano".
R.I.P.
DiscussioneZender • 22/06/15 18:22 Capo scrivano - 47805 interventi
Eh sì, lo stesso giorno della Antonelli. Un attore morettiano doc!