Un'operazione chirurgica all'apparato uditivo per (ri)cominciare una nuova vita, diversamente impervia da ciò che era prima. Bellissimo e spensierato - nell'accezione più dolce del termine - affresco in cui il regista "vive" assieme al protagonista un percorso formativo e di crescita. La naturalezza e la semplicità di sguardi e parole rendono puro ogni gesto. Coraggiosissimo nell'approccio minimale, spontaneo e rarefatto, Dardenniano... resta impresso il modo in cui si racconta il passaggio dall'adolescenza all'età adulta immersi in un non-luogo rifugio dell'anima, posto ideale dove "resettare" i sentimenti scavando nel proprio Io per cercare di scorgere un'altra persona, piena di speranza.
Reiterando a lungo ogni sequenza in attesa che esaurisca la sua carica rappresentativa, Comodin cerca di catturare un cinema incontaminato, mira a rigenerare la purezza delle immagini. Ma davvero la spontaneità è più preziosa di una sua traduzione narrativa? Il film vive e soffre di questa antinomia senza trovare compimento, irrigidendosi nella scrittura di dialoghi che disattendendo la tensione costruita. Le intenzioni sono auliche e purissime, l'immersione atmosferica nella natura friulana incomparabile. Tra Rohmer, Van Sant, i Darden e le insidie della noia.
MEMORABILE: Quel rumore indistinguibile di acqua e vento.
Un film che sta su una coppia di ragazzi, nel tempo di una estate, nel tempo della speranza per lui, di poter tornare a sentire normalmente, nel tempo della crescita, della mutazione di un'amicizia in un amore. Comodin segue i suoi protagonisti fra scene lunghissime di silenzio, di gioco innocente, di attesa: mai un sussulto che possa virare la storia verso altro. Ci si sofferma sulla quotidianità di un rapporto, in un ambiente rispettoso e silente. Tentativo poetico che poi si scontra con una messa in scena dilettantesca.
Va bene cercare di fare un cinema diverso e raccontare le emozioni attraverso pure sensazioni epidermiche in una deriva narrativa che privilegia l’improvvisazione. Ma qui sprofondiamo da una parte nel puro nulla, dall’altra nella presunzione cinéphile alla Frantzis: quella che porta la cinepresa a seguire il delirio di un sordomuto e della sua amica per boschi e fiumi, in lunghi inutili piani-sequenza incapaci di comunicare alcunché se non esternazioni isteriche e un po’ rimbambite: è così che si vogliono descrivere gli adolescenti? Autocompiaciuto.
Come nelle opere del maestro francese Rohmer, la Natura non è solo scenografia, ma diventa anch'essa vera e propria attrice che, attraverso il locus amenus (una solitaria riva del Tagliamento), partecipa ai giochi e alle confidenze di due amici d'infanzia. E asseconda la Natura anche la macchina da presa documentaristica di Comodin, lasciando che i sentimenti e le emozioni fluiscano puri, spontanei e autentici dalla quotidianità degli sguardi, dei gesti, dei dialoghi e persino degli epiteti e delle imprecazioni. Limpido e spensierato, rammenta anche un vecchio Siodmak & co.
MEMORABILE: La serata al luna park e il ballo tra Giacomo e Stefania.
Ragazzi diversamente abili filmati nella "banale" quotidianità e nella semplicità gestuale, dove si percepiscono anche le sensazioni più intime. Senza le gabbie della sceneggiatura, della verbosità e delle scenografie, con una luce naturale e le parole catturate direttamente dal vivo. E senza l'oppressione di psicologi, filosofi, assistenti sociali, insegnanti, genitori e della gente cosiddetta "normale". Liberi di agire e di esprimersi, con una adrenalina invidiabile, un'innocenza lontana dal mondo frenetico e il valore ritrovato delle piccole cose.
MEMORABILE: La dichiarazione d'amore della ragazza; Giacomo che suona la batteria, che sulla spiaggia del fiume esulta come fosse alle Maldive e che cita Predator.
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