Per andar sul sicuro, questo thriller frenocomiale fa incetta di argomenti, personaggi e stereotipi strettamente attigui al cinema carcerario, restituendo poi il ruolo del pazzo squilibrato e vaneggiante al bravo Taylor Vince, l'atticciato, schizoide e "wienesco" maniaco del mini-cult Identità. Cammin facendo però il film molla ogni volontà di approfondimento, sia sul versante sociale (il quadro inadeguato di certi penitenziari psichiatrici) che su quello psicologico (la reclusione espiativa presagita dal titolo), restando appiedato su uno stradone in costruzione impermeabilmente chiuso a tutto il traffico delle idee.
Da un punto di vista esclusivamente formale il buon Brown ha notevoli cartucce da sparare: in effetti l'opera può contare su un accurato studio dell'inquadratura e la fotografia di Armstrong svolge egregiamente il proprio dovere. Purtroppo la sciapa sceneggiatura, seppur attingendo da un genere florido come quello carcerario, non ha mordente e si accontenta di svolgere il compitino, non donando ai personaggi l'adeguato sviluppo. Mediocre.
Dramma carcerario abbastanza semplicistico in cui emerge una discreta introspezione psicologica del protagonista. Più dinamica la seconda parte rispetto alla prima e discreti gli altri interpreti. Alcune situazioni appaiono stereotipate e la patina di film tv preponderante.
Dopo aver ucciso un tizio ritenendolo erroneamente lo stupratore della sua ragazza, finisce rinchiuso in un istituto psichiatrico, oppresso dai sensi di colpa, ma saprà riscattarsi al momento giusto... Thrilleruccio dalla confezione dignitosa e dal discreto cast, del tutto sprecati da una sceneggiatura debolissima che finisce per ammosciare anche le situazioni sulla carta più cariche di tensione. A ciò si aggiunge un ritmo lasco e sonnacchioso, che lo condanna alla mediocrità senza scampo. Peccato soprattutto per il "matto" Pruitt Taylor Vince.
Giovanotto con gravi traumi alle spalle uccide un uomo innocente credendolo lo stupratore della sua ragazza; spedito in una clinica psichiatrica, dovrà fare i conti coi sensi di colpi e con altri internati. Patetico drammetto in cui ogni elemento pare abbozzato, approssimativo, del tutto inefficace. Inutile ogni tentativo da parte del regista di risvegliare l'empatia del pubblico nei confronti del protagonista, o di rendere convincente una risibile love story inserita a forza nel plot. Solo il reparto villainesco si fa appena notare (in primis Taylor Vince, che di pazzi s'intende).
MEMORABILE: Gli stomachevoli inzuccheramenti musicali nelle sequenze più "commoventi"; La furia del matto violento, con qualche concessione sanguigna on-screen.
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Altro ruolo da mattoide ultraschizzato per il corpulento orco
Pruitt Taylor Vince, peccato che il ruolo "caligariano" offerto con Identità (2003) abbia ceduto qui il passo ad una prestazione amministrativa completamente declassata da uno script senza sale.
Una presenza sprecata che doveva essere valorizzata da ben altre iniezioni di idee originali.