The future - Film (2011)

Lui ha il potere di fermare il tempo e conversa con la Luna, lei ha una maglietta gialla che svolge la funzione di coperta di Linus ma in più si muove da sola. Se a ciò si aggiungono le considerazioni di un micio invalido che spera di aver trovato finalmente casa ed affetto, è evidente che siamo di fronte ad un film originale sullo smarrimento di una giovane coppia di fronte all'assunzione di responsabilità. Purtroppo i personaggi umani sono poco interessanti, l'originalità confina con la stramberia, la poesia è troppo programmatica.

Se c'è una metafora che percorre il film confesso di non averla colta, così come se c'è poesia confesso di non esserne stato toccato. Il "carino" sembra la cifra trainante dell'opera, che si barcamena (stancamente, come i due protagonisti) fra suggestioni lievissime e battute volutamente sospese, situazioni surreali e dubbi esistenziali. Il giudizio non è a carico della regista, è solo la constatazione di non essere sulla sua stessa lunghezza d'onda.

Le note e le parole di "Where or when", cantata da Peggy Lee, sembrano calzare a pennello per il momento critico nella vita di Sophie (Miranda July) e di Jason (Hamish Linklater). Se adottare un gatto randagio dal futuro che dipende da quanto amore riceverà fa ripensare a un tempo velocizzato che non lascia scampo (fino al punto di tentare di vivere la vita nello spazio di un mese), allora è meglio lasciar perdere. A Miranda July non fa difetto la fantasia, difficile però seguirla concentrata com'è su se stessa e sulla propria fisicità.

La crisi dei trent'anni vista attraverso gli occhi di un gatto in attesa di essere recuperato dalla clinica veterinaria. Ma anche: la precoce paura di invecchiare dietro obblighi e scadenze, vista dagli occhi di due giovani americani. In mezzo c'è un ordinario tradimento, schivato con la straordinaria capacità di fermare il tempo che però, forse, è solo illusoria. C'è tanto in questo film della July eppure sembra che manchi qualcosa. Non tanto nella chiarezza d'intenti quanto nell'abilità drammaturgica, ancora un po' acerba; ma le buone intenzioni (e intuizioni), ci sono tutte.