Snowtown - Film (2011)

Snowtown
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Titolo originale: Snowtown
Anno: 2011
Genere: drammatico (colore)
Note: Aka “The Snowtown Murders”. Il film si ispira alla storia di un vero serial killer australiano, John Justin Bunting, che con l'aiuto di alcuni complici torturò ed uccise una decina di persone ad Adelaide nel corso degli anni Novanta.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 29/11/11 DAL BENEMERITO GREYMOUSER
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Greymouser 29/11/11 10:07 - 1458 commenti

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Ispirato a fatti accaduti, il film di Kurzel rappresenta uno spaccato della più marcia e sulfurea società australiana, dove marginalità sociale e spaesamenti culturali di varia natura generano - ovviamente - mostri. Il serial killer paterno ed "educatore", omofobo e benpensante che si "occupa" della crescita del fragile Jamie, è un personaggio inquietante nella sua ordinaria banalità. Sceneggiatura e montaggio ellittici sono a volte di difficile comprensione, ma è da vedere.

Schramm 20/01/12 13:32 - 3495 commenti

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Henry se la prende comoda, con i gommosi tempi di The wire in questa produzione australiana distante dal laidume di Oz come della ferocia a tamburo battente dell'uomo chiamato cavallo, qui contenuta e trattenuta, quasi implosiva, filtrata da uno stile dogmatico, polare, asettico e a tratti etereo che contrasta con il marciume, lo squallore e la desolazione della vita di provincia che vorrebbe trasmettere ed esplicitare. Ad appesantire il tutto provvedono -specie nella seconda parte- ghirigori ellittici che mettono in crisi la pazienza del fruitore, già duramente provata dalla bradicardia.

Gestarsh99 29/02/12 15:00 - 1395 commenti

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Altra storia inumana e sanguinaria di un serial killer australiano realmente esistito (il "sistematico" John Bunting), declinata stavolta non in un horror rurale stile Wolf Creek ma attraverso il racconto suburbano di una maturazione adolescenziale in negativo: l'introduzione alle leggi dell'Animal Kingdom da parte di surrogati paterni marci sin nel midollo. Kurzel non ne fa una questione scientifica e scorcia i dettagli dello script, lasciando spesso scorrere le immagini in maniera ellittica, ambigua e sfuggente, in linea con la prestazione sorridentemente psicotica del barbuto Henshall.
MEMORABILE: Lo strangolamento prolungato del fratello maggiore del giovane protagonista.

Anthonyvm 4/08/19 19:12 - 5705 commenti

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Lo stile asciutto di Kurzel, che preferisce i silenzi al didascalismo e taglia volontariamente passaggi di raccordo tra i vari episodi narrati, è indicato alla materia. Anche la fotografia fredda e la camera a mano conferiscono la crudezza necessaria a certi temi. Il problema è che le quasi due ore di durata e l'eccessivo numero di scorci di quotidianità dei protagonisti finiscono per logorare la pazienza dello spettatore, ottenendo un effetto soporifero anziché scioccante. Certe sequenze sconvolgono a dovere, ma l'insieme è assai tedioso.
MEMORABILE: Il fotografo pedofilo; I canguri fatti a pezzi; Il cane freddato come prova di coraggio; L'unghia estirpata; L'agghiacciante strangolamento "a rate".

Daniela 20/10/20 07:41 - 12672 commenti

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John Bunting non ha l'aspetto minaccioso di Mick Taylor, anzi si presenta come un uomo pacioso e cordiale, ma è più pericoloso perché non è un solitario: aizza l'odio altrui, forgia proseliti, cerca complici per coinvolgerli in omicidi efferati, mostrati solo di sfuggita, a parte una sola insostenibile sequenza. Spaccato di un ambiente suburbano intriso di ferocia, riesce a mettere i brividi mostrando una riunione conviviale tra buoni vicini di casa in cui si discute su quale sia la tortura più adeguata da infliggere ad un pedofilo. Ispirato a fatti di cronaca, un film agghiacciante.
MEMORABILE: "Spara al cane"; Lo strangolamento "misericordioso".

Pigro 26/08/21 10:39 - 9673 commenti

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Il film entra pian piano nell’orrore della storia vera di un serial killer omofobo e della sua gang, attraverso il coinvolgimento di un ragazzo disadattato, ma fin dall’inizio la cupa atmosfera di degrado e violenza prende lo spettatore alla gola, risucchiandolo in un inferno prima psico-sociologico che cruento. Opera spietata che ha nella fragile passività del giovane protagonista la chiave di una collettiva responsabilità silenziosa. Peccato per una sceneggiatura ellittica che salta gli snodi narrativi per concentrarsi solo sulle emozioni.

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