In effetti è un film davvero imbarazzante, e mi dispiace soprattutto per il bambino protagonista, che è davvero bravissimo. Ma per il resto, secondo me è un naufragio di film... Non ce n'è una che vada bene.
A partire proprio dal tema (perché sì: è un film a tesi, e in questo modo si pone in maniera ricattatoria nei confronti dello spettatore): il film vuole denunciare il fatto che in tv passi troppa violenza e che questo trasformi i bambini in violenti. A parte la scemenza dell'automatismo e la banalità di come il tutto viene raccontato, con situazioni davvero ridicole (il pedagogista: vogliamo parlarne? e come viene ripreso dall'alto e dal basso? maddài!), è sfuggito agli sceneggiatori il fatto che tutti i coetanei abbiano la tv in camera come il nostro protagonista, e che quindi il problema non è esattamente la tv, ma semmai la famiglia (e quindi il pistolotto che compare alla fine con il monito contro la violenza in tv è proprio senza senso).
Ma qui si apre un altro fronte: ma che razza di famiglia ha 'sto bambino? Fatemi capire: da un giorno all'altro il ragazzino (10 anni!) si rade a zero da solo e riempie la camerette di croci celtiche e manifesti con il logo delle SS (e anche qui: si diventa nazisti guardando la tv???), e i genitori non dicono niente?
Per non parlare dell'amico immaginario che sembra l'angioletto e il diavoletto dei cartoni animati di Paperino...
Alla fine, l'apparizione di Valeria Marini è forse l'unica cosa sincera di questo film: il tocco kitsch di un'attrice che non sa recitare e che svela, con la sua sprovveduta presenza, l'inconsistenza di questo film.
E comunque, capisco che lei stia lì dentro perché (a quel che ho capito) è la produttrice del film, ma perlomeno - fossi stato nel regista - l'avrei conciata un po' diversamente. Insomma, lei non sa recitare, ma ci sono registi bravi che sanno cavar sangue da una rapa. Il fatto che quando compare lei venga da sganasciarsi, fa capire che il problema non è lei, ma l'intero film, a cominciare dal regista.