La mia generazione - Film (1996)

Realizzato con garbo e attinenza alla realtà equidistanti, un film sul terrorismo atipico e molto plausibile che gioca tutto sui rapporti interpersonali tra due mondi opposti, quello del terrorista e quello del capitano dei Carabinieri incaricato della traduzione da un carcere all'altro di Braccio, convincentemente interpretato da Claudio Amendola. Opera fine anche dal punto di vista psicologico, merita visione e riflessione. Giocato sui primi piani, sui ricordi e l'esistenza.

Trasferimento di un detenuto terrorista dalla Sicilia a Milano, ma il viaggio è studiato per convincerlo a fare i nomi dei complici. Una struttura narrativa classica che qui ha un tema preciso: la sconfitta del terrorismo, di una generazione che accetta di aver perso senza però accettare lo status quo e denunciando invece l’umiliazione del carcere (in questo senso il titolo è fastidiosamente ideologico). Sceneggiatura e dialoghi molto schematici riescono a vibrare di vita vera grazie al bravo Amendola, soprattutto nelle amare scene finali.

Uno dei migliori film realizzati sulla stagione del terrorismo italiano. Anche se ideologicamente un po' forzato, il film ha il merito di affrontare l'argomento con forza e rigore, affidandosi ad una sceneggiatura che compie una mirabile opera di caratterizzazione psicologica dei personaggi e ad una regista capace e matura. Ottima la prova dei protagonisti. Il miglior ruolo ad oggi per Amendola al cinema.

Un bravo Claudio Amendola nel ruolo del terrorista Braccio sta per essere trasferito da un carcere ad un altro. Il capitano (Silvio Orlando) gli parla con rispetto ma cela un secondo fine. Il film affronta l'ultimo periodo del terrorismo rosso attraverso le loro parole e le loro scelte, risultando quindi una sorta di mediata riflessione sull'inefficacia della violenza politica. Braccio risulta rassegnato, ma non cede alle lusinghe del potere costituito a cui si contrappone con personalità.