L'uomo di Kiev - Film (1968)

La storia è quella di un artigiano ebreo ingiustamente accusato di stupro dalla figlia del suo padrone, che lui aveva respinto. Il film più celebrato e famoso di Frankenheimer, almeno all'epoca, non è certo tra i suoi migliori. L'atmosfera antisemita e razzista della Russia di primi 900 è ricreata con una certa prolissità e verbosità da parte dallo sceneggiatore Dalton Trumbo, che si affida a interminabili dialoghi, turgidi e ridondanti. Il regista, di contro, si muove con la consueta professionalità. Ottimo Bates, comunque.

Dal romanzo di Bernard Malamud, sceneggiato da Dalton Trumbo, uno dei pochissimi film (forse addirittura l'unico) ad occuparsi dell'antisemitismo nella Russia zarista. La regia di Frankenheimer è a tratti pesante, dipinge alcune caratterizzazioni sopra le righe, indugia sulle sofferenze inflitte allo sventurato protagonista e su sequenze oniriche tranquillamente evitabili, ma suscita la dovuta indignazione, riscostruisce bene il contesto storico e, soprattutto, regala sprazzi di grande cinema. Ottima prova di Bates e cast di contorno all'altezza. Buone musiche di Maurice Jarre.

Buon lavoro di  Frankenheimer, che si affida a un ottimo Alan Bates (attore poco ricordato, ma autore spesso di prove notevoli) per ricostruire una pagina storica poco rappresentata sul grande schermo: l'antisemitismo della Russia zarista. Sicuramente la pellicola viene appesantita, e non poco, da scelte sia di sceneggiatura (opera di Dalton Trumbo) che di regia, ma il coinvolgimento emotivo non viene mai a mancare. Molto buono anche il cast di contorno, tra cui spiccano Bogarde e Holm. Breve ma efficace l'apparizione di David Warner. Qualche minuto in meno non avrebbe nuociuto.