È la seconda volta, in pochissimo tempo, che il Cinema serbo torna a parlarci, con la medesima potenza, degli stessi temi: il legame tra porno e snuff, l'eros sopraffatto dal thanatos, le corrotte connivenze poliziesche, lo stato d'indigenza che strangola nell'imbuto assuefacente della turpitudine ultima. Niente comunque del lusso patinato e del rigore nelle riprese del film di Spasojevic, solo rimasugli del Kusturica più variopinto, anarchico e vagabondo. Vena hippie e stile reality a rendere più docile l'ampia lettura sulle condizioni di una Nazione macchiata da orrori passati indelebili.
MEMORABILE: Il (finto) filmato di guerra coi soldati che segano la testa ad un prigioniero, giocandoci poi a calcio (!)
Un mix tra facce/ambientazioni alla Kusturica e lo snuff grottesco, con qualche trovata degna della Tromeo. Funziona di più la prima parte, la formazione del cineasta in erba, l'arruolamento della sgangherata gang e i primi spettacoli con un pubblico agreste che è tutto un programma. Poi diventa un po' ripetitivo e meno coerente, tra serio e faceto. Stile di ripresa alla mockumentary ma intonato con l'andazzo della storia.
Non tragga in inganno l'inizio scanzonato: quella che sembra una goliardica e pittoresca comitiva di trasgressivi bohemien farà un patto col diavolo, e sarà tragedia. La parabola che va dal porno allo snuff diventa sottotesto metaforico della disgregazione sociale dei Balcani post-guerra. Meno sconvolgente di A serbian film, ma di più ampio respiro. Il regista non censura nulla, ma sembra sapere sempre dov'è la misura che lo tiene al di qua del cattivo gusto. Mi è piaciuto, insomma: discutibile ma interessante.
Quant'è bella Jugoslavia, ch'è fuggita tuttavia, chi vuol esser serbian sia, dei Balcan non v'è certezza. In amore e in guerra tutto è lecito e concesso, ergo l'orgia diventa allegoria e lo snuff, sottratto all'onfaloscopica tiritera del metatutto, assolve i peccati della guerra. Sulle prime diresti puzzalnaso che Djordjevic sta a Spasojevic come Last horror movie sta a Il cameraman & l'assassino. Sulle poi t'accorgi che il nostro non è così derivativo e pretestuoso, anzi è anche meno straccione e squilibrato di quanto sembra, e ha imparato bene la lezione di certo Makavejev, ottimizzandola.
Rieccoci, dalla Serbia con furore; dopo Spasojevic anche Djordjevic è intento ad arrotolare gli stomaci. Filma anche il vomito, l'urina e i genitali, Djordjevic; parte scanzonato come il Bleeder di Refn mettendo insieme un gruppo di hippie-idioti di Von trieriana memoria (nell'accezione più simpatica e superficiale del termine) per poi raccontare con inevitabile potenza un parabola che viaggia dal porno allo snuff assurgendo alla stessa parabola autodistruttiva del paese. Nessun lambiccamento Serbian, solo mocku nudo e crudo. Vero, efficace.
È dentro il gabinetto intasato di un esercizio pubblico che si specchia la Serbia dell'ultimo Miloševic, sembra suggerirci Djordjevic: un baraccone di artisti falliti, freak e moribondi all'ultimo stadio della loro esistenza, a zonzo per un paese in cui, sul proliferare dell'illegalità criminosa, cala una cappa di pesante omertà. Il dramma bachtiniano Eros-Thanatos del primo Kusturica viene qui ribaltato in una messa in scena nichilista, iperreale e a tratti eccessiva, ma pur sempre efficace.
MEMORABILE: La confessione dell'ex soldato morente: la pantomima del banchetto-funerale slavo di fronte al manipolo di facoltosi paganti.
Gli orrori del conflitto serbo-croato riaffiorano in forma tragico-ludica a opera di un gruppo di porno-hippie-artistoidi alla ricerca di alternative destabilizzanti. Nei loro "show" per il Paese, sono costretti a misurarsi con una durissima realtà che li costringe ad azioni estreme fino a esserne travolti. Djordjevic gioca pesante sia con la crudezza delle immagini che col vuoto etico e la difficoltà di rimpiazzare valori ormai sepolti. Nonostante il tema e l'ispessirsi drammatico dei fatti, la regia riesce a evitare il morboso fine a se stesso.
MEMORABILE: Le reazioni del pubblico nei vari villaggi; Le richieste sempre più estreme del procacciatore di snuff movies; I "documentari" di guerra.
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Personalmente ho trovato davvero atroce la risata del malato di Aids durante l'abuso subito nella boscaglia da parte dei bifolchi paesani.
Un passaggio da un lato persino divertente, poichè il suo senso beffardo era chiaro solo alla comitiva viaggiante di Marko, ma dall'altro anche tragicamente nichilistico, di una rassegnazione esistenziale che di rado capita di vedere espressa sul grande schermo.
In Italia, almeno attualmente, ce la possiamo solo sognare una pellicola così diretta e feroce.
Anzi, l'unica cosa italiana veramente degna di nota, in quanto a cattiveria estrema, che mi è capitata di vedere ultimamente è stata Il velo di Waltz, sicuramente una delle opere nostrane più crudeli degli ultimi 25 anni.
però permittimi di sottolineare, caro didda, che di film marchiati dal dovrebbe son pieni gli straight to e i never seen... certo è che se questo dovesse mai uscire in sala, scordiamocelo intero. viceversa, pur muovendosi spasojevic su altre coordinate, vorrebbe dire che l'italia è pronta anche per assorbire srpski.