Roma città libera - Film (1946)

Notte romana nell'immediato dopoguerra, tra miseria e arte d'arrangiarsi, e tante storie di perdenti: un ladruncolo, un aspirante suicida, una dattilografa, un vip smemorato... Film originale e suggestivo, che fonde il neorealismo con il lirismo, giocando la carta di beffarde ironie (una preziosa collana di perle creduta falsa da questi poveracci) e di sentimenti disperati. Viaggio inane nei luoghi di una città notturna con una fotografia intensa: un carosello corale di una giostra scalcinata. Troppo "pittoresca" la musica di Rota.

Roma è libera, ma non i suoi abitanti, che sopravvivono a stento con lavori miseri o disonesti… Interessante l’originalità dello stile registico, che narra la tragedia quotidiana di un’umanità derelitta stemperando il rigore e la concretezza del neorealismo nei toni leggeri della commedia, anche con venature surreali (la collana che passa di mano in mano e il personaggio di De Sica, gentiluomo senza memoria). Da semplice sfodo, la Roma notturna si affaccia come una protagonista.

Un poco inferiore alla sua fama. Curioso film senza protagonista (a stare più in scena degli altri è probabilmente l'adorabile caratterista Nando Bruno), rappresenta una serie di svariate "tranche de vie" di quelli che Morandini ben definisce "personaggi sfasati". Facile dire, visti l'assunto e il periodo, che il film manca di ritmo e di corpo centrale, ma cionondimeno ciò resta come ineludibile caratteristica. Cast molto interessante (De Sica su tutti), con Marisa Merlini (giovanissima) quasi "femme fatale". Si fuma più qui che nei film degli Anni Settanta! La nottata ne prende vari spunti.

Una notte nel dopoguerra italiano, raccontata a metà fra il neorealismo e la commedia, con personaggi quasi tutti riusciti e un cast particolarmente azzeccato. Nando Bruno (in uno dei suoi rari ruoli principali) è bravissimo, De Sica smemorato ha la classe di sempre, la Merlini stupisce in un ruolo inusuale per lei, Checchi e la Cortese tratteggiano le parti più drammatiche. Belle le musiche di Rota, buona l'idea della collana. Ottimo.

Fertile per il cinema, il dopoguerra Italiano ha prodotto film assolutamente degni di nota. Uno dei più particolari e' questo Roma città libera, derivato da un soggetto di Ennio Flaiano che non si concentra su un personaggio in particolare ma su varie figure che attraversano una Roma notturna sospesa tra realtà e immaginazione fantastica, splendidamente fotografata. Ottima la prova del cast, con un grandissimo Vittorio De Sica.

Se da un lato partecipa ampiamente di quell'urgenza di raccontare che permea tutto il cinema italiano del dopoguerra, d'altro canto il film paga il fio ai puristi del neorealismo per la sua natura spuria ed eccentrica, destinata anch'essa peraltro a divenire classica (l'intreccio di episodi e protagonisti, l'alternarsi di toni sentimentali e da commedia). Pagliero (e Flaiano), senza mai ricorrere ad accenti tragici, mettono in scena una Roma notturna, provvisoria, i cui protagonisti (Bruno, De Sica e Cortese su tutti) descrivono un umanità precaria ma vitale.

Un film quasi onirico che nel titolo si propone (visto anche il regista) come un film neorealista ma che in realtà è tutt'altro. Ennio Flaiano propone una vicenda notturna con tanti personaggi, tenuti insieme dall'ottimo Nando Bruno qui protagonista. Molte trovate eccellenti, come l'idea di un personaggio famoso che ha perso la memoria durante la guerra (forse per nascondere chi era prima...). Bello, coinvolgente, all'epoca non capito ma decisamente interessante

Finalmente libera dal cancro nazi-fascista, Roma non è libera dal delinquere e dal prostituirsi e ancor meno dalla fame che attanaglia il dopoguerra. Una storia intensa che si consuma sfiancante nell'arco di un'unica lunga notte, la quale sarà decisiva per alcuni dei personaggi del film. Neorealismo tinto dai toni della commedia e che a volte pare fare il verso ai noir contemporanei americani. Ottimo cast, bravi tanto Checchi che la Cortese.

A Roma, durante l'occupazione alleata, nel corso di una notte si incrociano le dicende di vari personaggi: un giovane tradito dalla donna amata, un ladro bonario, una dattilografa spinta alla prostituzione dalla miseria, un signore distinto che ha perso la memoria... Nel film si avverte più la mano di Flaiano, autore del soggetto e co-autore della sceneggiatura, che quella di Pagliero, già tra i protagonisti di Roma città aperta e qui regista volenteroso ma poco incisivo. Bella la fotografia di Tonti, mentre l'ost di Roda risulta poco consona al tono malinconico della pellicola.