Manderlay - Film (2005)

Manderlay

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/12/10 DAL BENEMERITO PINHEAD80
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Pinhead80 7/12/10 12:37 - 4719 commenti

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Non paga dell'esperienza avuta a Dogville Grace ci riprova, questa volta cercando di portare la democrazia a Manderlay dove vige la legge di Mam. Presto si accorgerà che l'impresa sarà tutt'altro che semplice. Si riprende il discorso lasciato in sospeso da Dogville cambiando gli attori ma lasciando intatto lo stile scenografico. Anche questo secondo capitolo della trilogia può essere tranquillamente letto come un atto di denuncia contro chi vuole esportare la democrazia (e il riferimento pare essere proprio agli Usa) a tutti i costi.

Luchi78 10/10/11 15:03 - 1521 commenti

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Già ritenevo l'esperimento di Dogville eccessivamente sopra le righe e tale è la situazione anche per quest'altro lavoro di Von Trier: l'assenza di una catalizzatrice di attenzione come la Kidman si fa sentire, l'ambientazione teatral-cinematografica non sempre funziona. Meglio la scrittura del film, un po' più lineare e con un messaggio semplice e chiaro come è la descrizione del processo di democratizzazione forzata nella Manderlay degli schiavi liberati, paragonabile all'impresa USA nel martoriato Iraq. Impegnato ma difficile da digerire.

Galbo 12/10/11 15:44 - 12380 commenti

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Secondo capitolo della trilogia aperta da Dogville. L'argomento di questo episodio (strutturato come il primo in una sorta di teatro/cinema) è la schiavitù, con varie implicazioni ideologiche e politiche (si tratta di un film apertamente schierato e molto "politicamente scorretto"). Buona sceneggiatura ed adeguata la prova del cast anche se Bryce Dallas Howard non possiede il carisma della Kidman, splendida interprete del film precedente.

Enzus79 1/12/11 15:44 - 2873 commenti

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Secondo capitolo del bellissimo Dogville. Per fortuna il buon Lars von Trier non delude nemmeno qui. Il razzismo e la democrazia esportata sono i temi trattati nel film con grande intelligenza. Ottima la regia, bravissimi la Howard ed De Bankolè.

Mickes2 3/04/12 15:42 - 1670 commenti

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Superiore a Dogville. Manderlay è l'evoluzione di un'idea, un perfezionare ciò che era stato imbastito in precedenza ripulito da tutte le ridondanze, le prolissità, la retorica; è una progressiva escalation con varie implicazioni psicologiche con critica allo stato americano ponderatamente scorretta ma sobria, ed è questo che la rende più forte e aspra. Grace, non pretenziosa giustiziera, come fulcro portante del racconto: in combutta tra la voglia di riuscire ad apportare cambiamenti radicali e la voglia di apparire forte agli occhi del padre.

Buiomega71 28/01/14 00:18 - 2901 commenti

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Dopo un primo tempo noiosissimo e in odor di boiata d'autore (zeppi dialoghi di democrazia e uguaglianza da narcolessia immediata) che lo fa sembrare un Radici allestito al teatro Ariston, di una pochezza senza pari e da non credere che lo abbia diretto Von Trier. Nel secondo tempo Lars un po' si "risveglia", regalando alcune immagini bellissime (il feretro della bimba morta visto dall'alto, il cavallo infuocato in fuga), ma ahimé non bastano e resta un'opera ben poco riuscita e forse la peggiore firmata da Lars. Dogville era tutto un altro pianeta. Prolisso.
MEMORABILE: Il nudo integrale della Howard nel talamo con il possente "mandingo" Bankolè (prove generali per Nymphomaniac?); Le foto in coda con "Young Americans".

Cotola 4/11/15 18:33 - 9009 commenti

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140 lunghissimi, barbosi e predicatori minuti per scoprire che la democrazia non si esporta con la forza. Grazie Lars! Grazie Von Trier per averci illuminato. Nel seguito di Dogville il danese non si smentisce: lo stile è lo stesso del film precedente, così come i toni supponenti e provocatori e la spocchia che è quella di sempre. Stavolta però mancano anche quelle invenzioni visive che a volte riscattavano dal disastro i suoi film. A mio avviso, quasi pessimo.

Fauno 23/02/16 11:48 - 2208 commenti

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Von Trier non si contraddice mai nello svelare la falsa debolezza e la vera vigliaccheria condita di opportunismo nei personaggi apparentemente più miti e qui, visti gli altri film, non conta il colore della pelle. Viceversa è molto duro coi neri nel dichiarare la loro reazione dubbiosa e perfino negativa alla liberazione della schiavitù per paura di precipitare in un baratro ancora peggiore. Reputo Von Trier coraggioso, visto che ancora molti anziché cercare di progredire in qualche modo preferiscono incolpare i bianchi di tutte le loro disgrazie.
MEMORABILE: La crudele e inutile esecuzione della vecchia.

Bubobubo 6/09/18 20:55 - 1847 commenti

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Buono, ma non eccezionale. Il capitolo precedente aveva una struttura narrativa più semplice e non sentiva particolare bisogno di ricorrere alle metafore e alle sovrastrutture politiche, cosa che qui è invece la norma. Nemmeno troppo sottilmente Von Trier sembra sposare - con una certa, provocatoria liminalità - l'argomentazione cavallo di battaglia dei neocolonialisti: i bianchi hanno creato l'uomo nero, ai bianchi spetta l'onere di guidarne i passi nel mondo libero. Il finale, sfortunatamente, non è granché all'altezza.

Cinecologo 15/01/19 13:54 - 51 commenti

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Lars non conosce mezze misure: passa dal dirigere film imbarazzanti a opere di grande spessore, non solo formale ma anche contenutistico. Manderlay rientra, decisamente, nella seconda categoria. I temi sono quelli della civilizzazione culturale, della possibilità di comprendere l'alterità, della relazione di potere che sottende alla dialettica umanitaria, del fascino "esotico" che muove l'aiuto verso l'altro-da-noi. Un'opera su cui varrebbe la pena riflettere più a lungo di quanto sia stato fatto.

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  • Discussione Buiomega71 • 28/01/14 11:03
    Consigliere - 25933 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    da qualche parte ho letto che c'è qualche ispirazione anche da Africa addio, o magari sbaglio, cmq credo che Lars vi abbia fatto almeno in parte riferimento.

    Mhà, tutto può essere...Effettivamente Lars vede di tutto, e cinefago onnivoro

    A me e parso più un Radici allestito al Teatro Ariston di SanRemo, in verità

    A parte qualche scheggia visiva che lascia il segno, e tipicamente vontreieriana-e che hanno "salvato" il film dalla sola monopalla- (il cavallo infuocato che fugge, il feretro della bimba morta, la scena di sesso tra la Howard e Bankolè), il resto e di una prolissità e inutilità imbarazzante (colpo di grazia il bruttissimo e fiacco finale)

    Pistolotti rigonfi di retorica, personaggi di una convenzionalità imbarazzante, luoghi comuni come se piovesse, discorsi banali e irritanti, sequenze che rasentano la comicità involontaria, non aiutano certo a migliorare il tutto

    Almeno avesse avuto dalla sua la potenza visiva del Lars che amo, ci sarei pure passato sopra. Ma per il 98% del film, Lars non pervenuto (oltretutto), e sembrava più un fiacco Vinterberg.

    Ripeto, per me il Von Trier più debole e malriuscito, che non ha un grammo della potenza viscerale e emozionale di Dogville

    Ma, come ho sempre sostenuto, tutti i grandi autori cadono in trappole "filmiche" e realizzano la loro opera da dimenticare. E anche Lars non ne e esente, da quanto ho visto.
    Ultima modifica: 28/01/14 11:14 da Buiomega71
  • Discussione Raremirko • 29/01/14 12:35
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Ripeto, non sarei così pesante ed esagerato (anche se i tuoi post li leggo cmq sempre volentieri), ma di base sono d'accordo con te, il film non è proprio paragonabile a Dogville.
  • Discussione Buiomega71 • 29/01/14 12:50
    Consigliere - 25933 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    Ripeto, non sarei così pesante ed esagerato (anche se i tuoi post li leggo cmq sempre volentieri), ma di base sono d'accordo con te, il film non è proprio paragonabile a Dogville.

    Ripeto, sono molto più severo essendo un Von Trier

    Non l'avesse diretto Lars, forse, potevo avere dei riguardi. Ma essendo di Lars , nessuna pietà (non del tutto vero, poi, visto che non le ho proprio affibbiato la monopalla secca), come gli autori che amo e mi deludono

    Comunque, il suo film più brutto e inutile che ho visto fin'ora (senza scusanti ne giustificazioni)

    Poi, sinceramente, non capisco dove stà l'esagerazione. Se un film l'ho trovato indigesto e il minimo che posso scriverne...
    Ultima modifica: 29/01/14 12:55 da Buiomega71
  • Discussione Raremirko • 29/01/14 23:16
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Certo, anche a me darebbe fastidio se un regista che amo facesse 1 vaccata
  • Discussione Schramm • 30/01/14 09:54
    Scrivano - 7694 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    da qualche parte ho letto che c'è qualche ispirazione anche da Africa addio, o magari sbaglio, cmq credo che Lars vi abbia fatto almeno in parte riferimento.

    più che africa addio il referente sembrerebbe essere maggiormente addio zio tom
  • Discussione Buiomega71 • 30/01/14 10:58
    Consigliere - 25933 interventi
    Schramm ebbe a dire:
    Raremirko ebbe a dire:
    da qualche parte ho letto che c'è qualche ispirazione anche da Africa addio, o magari sbaglio, cmq credo che Lars vi abbia fatto almeno in parte riferimento.

    più che africa addio il referente sembrerebbe essere maggiormente addio zio tom


    A me pareva più un Radici allestito al teatro Ariston di Sanremo
  • Discussione Raremirko • 30/01/14 23:04
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Schramm ebbe a dire:
    Raremirko ebbe a dire:
    da qualche parte ho letto che c'è qualche ispirazione anche da Africa addio, o magari sbaglio, cmq credo che Lars vi abbia fatto almeno in parte riferimento.

    più che africa addio il referente sembrerebbe essere maggiormente addio zio tom



    si vero
  • Discussione Fauno • 23/02/16 11:51
    Contratto a progetto - 2742 interventi
    Finalmente un regista moderno che mi piace sul serio.
  • Discussione Cinecologo • 15/01/19 14:01
    Galoppino - 30 interventi
    In questa ottima prova del vecchio Lars non c’è solo, semplicisticamente, la "civilizzazione" – non richiesta – del "selvaggio" tipica dei processi di colonizzazione culturale (l’Ameriga viene subito in mente), c’è molto di più. C’è, giocoforza, il ruolo di superiorità e inferiorità che i partecipanti alla relazione dialettica assumono (anche loro malgrado) e che qui viene reso fattivamente, dato che trattasi di schiavi e di una ricca ragazza (figlia di una famiglia non propriamente per bene). C’è il carattere esotico dell’altro-da-noi, verso cui la carità probabilmente poco ha a che fare col cuore: è anzitutto un fatto intellettuale e diviene, pertanto, emozione sincera ma non vera: la differenza è enorme! C’è una riflessione sulla possibilità/impossibilità di comprendere l’alterità, e il grottesco della frustrazione che ne deriva quando se ne prenda consapevolezza (evento che potrebbe essere l’indizio di un’ingenuità di fondo che rimarca quella distanza incolmabile che nell’aiuto si vorrebbe negare?). Infine c’è la costruzione teatrale della scenografia, che può essere letta come metafora di una farsa, di un finzione latente, anche se assolutamente verosimile. Finzione che, anche qualora non abbia nulla a che fare con le intenzione degli uomini, sta nel fatto in sé di una solo formale vicinanza tra realtà disomogenee e, forse, conciliabili a mero livello superficiale.
    Una delle opere filosoficamente più dense tra quelle di Trier e assolutamente attualissima. Peccato sia stata così poco riflettuta dalla critica e dagli spettatori italiani e, per questo, troppo velocemente accantonata.
  • Discussione Raremirko • 15/01/19 21:56
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Dogville era comunque più innovativo; peccato che il capitolo tre non si ancora stato fatto.