Nanni Moretti ha ormai trovato la sua via all'umorismo e, dal momento che è una via del tutto personale, può permettersi di continuare con il suo stile senza rischiare di copiare nessuno. Provocare la risata in modo simile è difficile e a volte il film sembra soffrire di una pesantezza eccessiva, ma le risposte lapidarie, l'aria perennemente sfuggente, l'indolenza colpevole di Don Giulio sono tutte caratteristiche assolutamente figlie del glorioso Michele Apicella (l'alter ego di Moretti), testimonianza di un umorismo e di uno stile unici al mondo. Certo se Moretti sentisse disquisire di una sua opera partendo all'umorismo protesterebbe veemente, anche perché...Leggi tutto in effetti LA MESSA E’ FINITA è ben più di una commedia dai toni stralunati. Ci sono la ricerca di stati d'animo precisi, la consueta critica della normalità superficiale della società in ogni sua parte e molto altro ancora. Si affrontano temi comuni analizzati da una prospettiva distorta e imprevedibile, ma quello che piace maggiormente è come Don Giulio si rapporta con la realtà, il suo far apparire (attraverso la finzione caricaturale della fiction) situazioni tutto sommato quasi normali come vere e proprie mostruosità figlie di un tempo sconsiderato. E’ Don Giulio invece il primo a concentrare in sé le contraddizioni del suo tempo: ostenta un menefreghismo assai poco clericale e lo mescola con visioni e concezioni quasi medievali. Menzione di merito per tutto il cast, perfettamente integrato nel grande quadro surreale, ma soprattutto per Marco Messeri, da sempre caratterista di lusso amato dai migliori comici italiani. Film a volte lento, ma intenso.
Dolorosissima pseudo-commedia di un Moretti ormai maturo (e inconsapevolmente prossimo a una precoce parabola discendente), che ne rivela un lato mai del tutto nascosto, ma allo stesso tempo mai così esplicito: in tema di "valori" Nanni Moretti, al fondo di tutto, è, in realtà, un vero tradizionalista, se non proprio un robusto reazionario! Imperfetto, discontinuo, squilibrato, ma di grande sincerità, un film che colpisce. Superlativo Messeri.
MEMORABILE: La scena della pista; la sequenza finale sulle note di "Ritornerai" di Bruno Lauzi
Il film che mi ha fatto accostare a Moretti; don Giulio, un Apicella ancora più intransigente, vorrebbe che il mondo fosse come vuole lui, ma il mondo se ne frega e allora non resta che fuggire; forse qualcuno da un'altra parte gli darà retta... Stupendo l'uso della canzone di Lauzi, una vera e propria chiamata (di aiuto?) a quanti gli stanno intorno.
Uno dei film più maturi del Moretti regista, è un'opera dolente in cui trovano spazio un profondo senso di impotenza e rassegnazione derivanti dalla consapevolezza di una missione (quella sacerdotale in questo caso) di grandezza estrema rispetto alle capacità dell'individuo, che qui è come schiacciato da problemi più grandi di lui. Questo senso di smarrimento è in più acuito con la necessità di fare i conti con il proprio passato. Belle le interpretazioni di Moretti e di Messeri e le musiche di Piovani.
Buona pellicola nella quale Moretti inserisce un personaggio molto simile al suo Michele Apicella (qui in abito talare) in un contesto decisamente più serio rispetto ai film precedenti. Non mancano vari personaggi riusciti e la regia è analoga a quella degli altri film: semplice ma efficace. Azzeccatissimo il Moretti attore e buono anche il resto del cast. Bella musiche di Piovani. Si cita (verbalmente) la scena finale di Sweet movie.
Uno dei tanti film inculcati da "Markus Sr." durante la mia giovinezza, in quanto lo vidi per la prima volta in un cinema semi-deserto nel dicembre 1985 durante una vacanza. La noia soporifera si impadronì del mio corpo tormentandomi. Rivisto in età adulta, come spesso m'è capitato, l'ho rivalutato. Qui si ha in fin dei conti il solito Moretti arrogante e fastidioso, ma presentato in forma insolita di parroco di periferia. Aspetti umani, solitudini e tormenti umani di vario genere vengono esaminati sullo sfondo di una scenografia piuttosto squallida.
Nel suo film più omogeneo e riuscito Moretti si discosta leggermente dall'alter ego Apicella e tratteggia la figura di un nuovo personaggio. Don Giulio è un prete alla ricerca di equilibrio, che cerca ottimismo e amore nelle persone, come per lui dovrebbe essere, ma ottiene solo ansie, richieste pressanti e dolore da chi gli sta attorno. Come sempre Moretti sa creare personaggi eccentrici ma veri e in questa pellicola i lati grotteschi si attenuano per lasciar spazio all'umana piatta insoddisfazione generale. Bello e toccante.
MEMORABILE: Il ricordo di Don Giulio di fronte alla madre morta e la vista di una madre con i due bambini (ricordo o realtà) in strada.
Un Moretti fino ad allora inedito, sbarbato come un pischello, autore di una prestazione sentita, sofferta e veritiera. Più che una crisi di vocazione il protagonista è costretto a fronteggiare la stanchezza e la frustrazione per una missione, quella del prete, che non riesce a dare risposte alle tante domande della vita. Se poi anche la sua famiglia va a rotoli ed i vecchi amici versano in condizioni tragiche il quadro è completo. Il ballo finale in chiesa però sembra far trapelare un po' di speranza. Emozionanti ed intime le musiche di Piovani.
MEMORABILE: Il monologo di Moretti, in lacrime, di fronte a sua madre morta.
Meno fulminante di Bianca, si appropria di una dimensione più compiutamente esistenziale: l'impotenza dinanzi alla disgregazione di valori ed affetti originari, la fuga per fronteggiare il malessere della propria solitudine. Talvolta si ride ancora e pure di gusto (il litigio per il parcheggio, il nevrotico trattamento dei clienti nella libreria), ma a conquistare sono i momenti più intimi e riflessivi (il pianto nel confessionale, il monologo davanti alla salma della madre, la patina proustiana dell'omelia finale), poi riscoperti dal Moretti intenso protagonista di Caos calmo.
Nuova incarnazione dell'alter-ego di Moretti: stavolta è un prete che affronta con debolezza le tempeste che sconvolgono la sua famiglia e i suoi amici. Encomiabile un film italiano su un tema poco frequentato, anche se qui si parla di un prete poco veritiero, come lo può immaginare un laico. Ma il punto è un altro, e cioè il rapporto tra idealità (vissuta passivamente) e realtà sociale (idem) a prescindere dal ruolo: una passività cosmica di fronte alla vita che sembra denunciare il fallimento di un umanesimo che si credeva duraturo.
Moretti che fa Moretti, ma in questo film ha un ruolo decisamente intenso e coinvolgente. La trama scorre piuttosto bene anche se a tratti tende a ingolfarsi con scene noiose che a conti fatti potevano essere evitate. Bene Marco Messeri e attenzione anche a un giovanissimo Vincenzo Salemme. Buono.
Dramma di un parroco che ritornato nel suo paese combatte contro i mali che colpiscono i suo vecchi conoscenti e familiari. Lo stile morettiano c'è. Momenti di sarcasmo e cinismo si alternano ad altri un po' pesantucci. Comunque una delle migliori performance e film di Moretti.
Una lucida analisi morettiana sull'amore e la religione. Il regista romano sceglie un tema importante per evidenziare alcune sue immagini che hanno identificato la sua carriera. Moretti è un prete validissimo, anche quando viene sbeffeggiato da popolani di quart'ordine durante un parcheggio.
Moretti cambia abito, rispetto al precedente film, ma non ideali e missione. Anzi, questa volta il tutto è tinto in maniera ancora più fosca, Apicella (o Don Giulio) comincia a capire che il mondo probabilmente non gli darà retta. Dagli amici falliti al padre amante di giovini fanciulle a discapito della povera madre anziana, nessuno lo ascolterà. Amaro fino al midollo, è un film lento, pesante ma davvero intenso, da qui Nanni riuscirà solo a scendere e a essere sempre meno lucido. Molto bello.
MEMORABILE: "Eh sì le donne sono belle, ma a me non dicono niente"; le sequenze con l'ex parroco ora diventato, purtroppo, padre.
Bel film (***) di Moretti che disegna il dramma dell'impotenza che attanaglia chiunque, ma che disturba particolarmente chi ha un vivido ricordo dell'infanzia priva di responsabilità e che, pertanto, va ben oltre il fatto che il protagonista sia qui un sacerdote. La figura religiosa ben si presta a rappresentare un disagio che è tipico di chi valica il trentesimo anno di vita e si scopre incapace di cambiare le cose e di doverle invece subire (si pensi alla scena del parcheggio). Ci sono pure un ottimo Messeri e il grande Ferruccio de Ceresa.
MEMORABILE: Monologo, con recupero dei ricordi di infanzia, davanti alla salma della madre suicida.
Crisi spirituale di Don Giulio sopraffatto dall'inadeguatezza di fronte alla polifonia di un mondo che rilancia bisogni, disillusioni, ingenuità. Quale attualità conserva la Chiesa per contrastare l'insorgere del disorientamento esistenziale? Anche se la scrittura di dialoghi e personaggi (molti, strumentalizzati e bidimensionali) sopporta il peso inibitore di una elaborazione eminentemente teorica, il film riesce a liberare dolorose incandescenze e scovare complessità dietro l'ideologia. Pulito e misurato nello stile, è geniale nell'uso epifanico della musica leggera italiana. Illuminato.
Una grande riflessione sulla solitudine e forse più ancora sull'impotenza a comunicare. "La messa è finita" è un'opera in cui tutti hanno qualcosa da dire, ma nessuno riesce a farsi ascoltare né tantomeno trova chi lo comprenda: il padre innamorato, il prete sposato, la sorella Valentina, i vecchi amici. "Per voi mi sono accorto che non posso far nulla" è la desolante frase con cui inizia la sequenza finale. Un film in cui si sorride spesso per le tante verità poste con un garbo davvero notevole.
La prima impressione è quella di un film di critica sociale girato da un Moretti più moralista che mai. In seconda analisi emerge l'impossibilità del mondo clericale (inteso principalmente come uomini) di adeguarsi al passo dei tempi. Moretti crea un personaggio scontroso, istintivo, a tratti divertente e lo interpreta alla perfezione. Il film si appesantisce verso il finale causa le numerose situazioni nefaste, ma proprio quando l'aria si fa più insopportabile arriva l'intelligente finale.
Don Giulio crede in Dio? Certo, compie atti da prete, ma è sempre percepibile uno scarto rispetto ai gesti rituali, che fanno ritenere abbia indossato la tonaca come pretesto per entrare nelle vite degli altri. Come accadeva al maestro di Bianca, anche il suo è un tentativo destinato al fallimento: gli altri sono ostili (l'ex terrorista) oppure appaiono mossi da moventi incomprensibili, anche quando a noi legati da legami familiari. Dopo una dichiarazione di impotenza, resta solo la fuga, in un luogo fuori dal mondo, spazzato da un vento che può portar alla pazzia.
MEMORABILE: La frase pronunciata dopo aver ascoltato il tema della bambina: "Vi amo, voi tutti che siete in questo bar"
Nanni Moretti confeziona un film molto personale e riflessivo, scrivendo una bellissima sceneggiatura (con Petraglia) densa di dialoghi originali e surreali. Ottima l'interpretazione di un distratto Moretti; in tal senso risulta vincente la scelta di sfumare i dialoghi con l'utilizzo di canzoni. Da ricordare la canzone "Ritornerai" di Bruno Lauzi. Il risultato finale è decisamente notevole! Consigliatissimo.
Film spartiacque nella carriera di Moretti: dopo lo zenith raggiunto con Bianca, abbandona il personaggio di Apicella e con esso gran parte dell'umorismo surreale che aveva fatto dei primi film dei piccoli capolavori per dedicarsi ad un approccio più serioso. A prima vista lo stile sembra più o meno lo stesso, ma si avverte una certa pesantezza di fondo dovuta alla ricerca, ancora tentennante, di quello status d'Autore che non tarderà ad arrivare. Un'ibrido tra quello che è stato e quello che sarà.
Nanni Moretti diventa più amaro e abbandona quasi tutti gli spunti umoristici in questo film sofferto, in cui la religione appare quasi un pretesto per mettere a nudo il dolore del protagonista nella società superficiale degli anni Ottanta (e attuale). Don Giulio non è troppo sicuro delle sue scelte, ma senza dubbio è molto rigoroso, a differenza di tutti coloro che lo circondano, che galleggiano nell'irresponsabilità, nelle risposte di comodo, nell'auto-indulgenza. Un convincente atto d'accusa.
Dopo Bianca, Moretti firma il suo film più bello, difficile (è uno strano e complesso impasto di dolcezza ed intransigenza), personale (c'è tanto del suo modo di essere e di pensare) e cosa ancor più importante, il più emozionante. Tratta temi importanti e lo fa in modo sobrio, per nulla banale e mai così maturo.
Tante le scene da ricordare, così come parecchi sono i dialoghi e le frasi ottimamente scritte. Geniale l'uso della musica leggera. Un film quasi perfetto. Da
riscoprire, rivedendolo più e più volte per apprezzarne ogni sfumatura.
MEMORABILE: Lo splendido augurio agli sposi di non essere mai tristi. Il monolgo, struggente e dolcissimo, dinanzi alla salma della madre morta.
Ancor più cupo e più giocato sul filo delle allusioni di Bianca, i cui protagonisti votati a un ruolo educativo istituzionale (lì era un insegnante, qui un prete) sono imparentati dalla delusione per il mondo adulto, delusione destinata a farsi feroce intransigenza con gli altri e infine dolorosa impotenza. La tonaca è l'abito perfetto per incarnare il severo moralismo morettiano che si fa sempre più scoperto, e sebbene il film sia a tratti spassoso nessun personaggio merita un'ombra di simpatia.
MEMORABILE: La scena del parcheggio con Moretti ripetutamente affogato nella vasca.
Un film notevole, trascinato dalle belle musiche di Piovani e dalla prova attoriale di Moretti, che dà forza al suo Don Giulio riuscendo ad alternare perfettamente momenti più leggeri ad altri decisamente amari e dolorosi. Non sempre la trama fila liscia, forse a causa dei tanti personaggi secondari, ma il film rimane impresso grazie a molti momenti tanto semplici quanto poetici (come il finale in chiesa).
Il laico Moretti si mette nei panni di un sacerdote di periferia per raccontare la religione raffrontata al volgare popolo. Il quadro è disarmante: aborti giovanili, ex preti che danno scandalo, l’anziano padre fedifrago, terroristi che additano colpe, coppie ridenti al corso prematrimoniale. Il protagonista non può fare nulla, perché ognuno cerca un’egoistica assoluzione. Intenso e coraggioso, viene alleggerito grazie a musiche italiane e al sorriso malinconico di chi ricorda le Nougatine e i primi mandarini della stagione.
Don Giulio è un sacerdote che cerca di ricomporre conflitti, di rimuovere disagi e di curare malesseri. Protagonista assoluto del film, attraversa i mali della modernità prendendo in carico su di sé le sofferenze e le spossatezze di una società sfiancata e come se vivesse taciturna in un acquario. Moretti conquista l’istanza narrativa, abbandona l’assoluta supremazia dell’immagine onirica ma guadagna l’incedere disteso del raccontare senza nessun carcere narcisistico. Un buon film ma privo della grazia vivificante dell'autentica religiosità.
Il film preferito di Kierkegaard (fosse stato in vita). Crisi di vocazione che si fa crisi esistenziale tout court, paradigmatica di un'intera umanità. Quel "pungolo nella carne" che afflisse il filosofo danese nel suo "assoluto rapporto con l'Assoluto" tormenta, qui, don Giulio (Moretti). La solitudine di fronte alla vertigine delle possibilità che si escludono a vicenda. Liricissimo e triste, ma dotato dell'amara ironia (morettiana) che tanto sarebbe stata apprezzata da Soren, è anche uno dei più dechirichianamente metafisici del nostro.
MEMORABILE: Don Giulio che copre, con una radiofonica Bertè, le parole della sorella.
Come già faceva il protagonista di Bianca, don Giulio, il giovane prete protagonista, cerca la tranquillità nella stabilità dei rapporti con la famiglia e gli amici, ma il suo idealismo si scontra con la realtà fino al finale poco consolatorio. Rimane il dubbio sull'autenticità della vocazione del protagonista. Moretti continua a mostrare con maestria il disagio esistenziale dei giovani e non solo, ma in modo meno evidente dei film precedenti, calandolo in un contesto più lineare.
MEMORABILE: Il litigio per il parcheggio; "Vi amo, voi tutti che siete in questo bar".
Interessante incursione di Nanni Moretti in tema ecclesiastico, in cui esplora le difficoltà di un personaggio sacerdote nel mantenere viva la sua fede nonostante venga costantemente deluso da amici, parenti e conoscenti, i quali vivono con quasi totale tranquillità le loro decisioni che per la chiesa sono considerate gravi peccati. Malinconico e spesso molto duro con il destino del protagonista, anche se a tratti le situazioni sono tragicomiche e strappano risate.
I temi del conservatore Moretti (il rimpianto dell'innocenza, la fedeltà impossibile, la voglia di purezza) vengono inquadrati storicamente nel decennio del riflusso: comunismo e cattolicesimo, le colonne dell'Italia novecentesca, rivali e specchio l'uno dell'altra, sono organismi morenti che lasciano sul terreno macerie (la famiglia, gli ex compagni), solitudini (Messeri) e un'umanità allo sbando: senza aspirazioni, sciocca, irresponsabile e spietata. Una resa dei conti epocale, il miglior film del Nanni nazionale.
Moretti si taglia i capelli, la barba e indossa la toga. Cosa si può volere di più? Abbandonata momentaneamente la maschera di Apicella permane quel moralismo che investe una persona che per vocazione non dovrebbe giudicare ma comprendere tutti. Qui invece il prete non dà alcuna assoluzione ma, rinchiuso nella propria fantasia grottescamente idealizzata, condanna e minaccia ogni persona che avrebbe bisogno di conforto cristiano. Film che segna la maturazione artistica di Moretti e prosegue la galleria di personaggi numinosi e incomunicabili.
MEMORABILE: Le sequenze idealizzate dal protagonista; L'incipit; L'amico che si vuol far prete; Il monologo finale.
Moretti giunge alla piena maturità registica con questo "La messa è finita" e la cura del regista anche nelle più piccole inquadrature è da cinema d'autore. Elimina quasi del tutto ogni accenno umoristico, creando un vero e proprio dramma esistenziale che riesce tuttavia a non prendersi del tutto sul serio. Ancora una volta, dopo Bianca, riflessioni sulla fragilità della coppia e sulla stupidità dell'essere umano che punta sempre alla propria libertà, non accorgendosi di andare incontro anche alla solitudine. Commovente e "vero" il finale.
MEMORABILE: Il sermone finale di Moretti: "Io credo nella felicità!". Una frase rivoluzionaria.
Un giovane sacerdote si ritrova in luoghi, rapporti e situazioni che gli fomentano un forte disagio sia relazionale che vocazionale. Storia di taciti dolori, di sguardi sospesi tra rimorsi e rimpianti. Limpida e ariosa la fotografia che compensa il crescente senso claustrofobico interno. Purtroppo il protagonista diventa presto eccessivamente scorbutico e manesco, autodeprecando la sua figura senza giungere a una sostanziale "redenzione" almeno narrativa. I personaggi attorno sembrano pecorelle fin troppo smarrite. Potenziale alquanto sprecato.
Uno dei film meno immediati e meno celebrati, ma al tempo stesso più profondi e introspettivi di Nanni Moretti, che qui, con l’intransigenza e la tenerezza già viste in Bianca, oltre a rinunciare alla barba, rinuncia quasi completamente a intenti umoristici per una riflessione pessimistica sull’impegno, ridotto a testimonianza indebolita dal disordine esistenziale, o a grido nel deserto di una società atomizzata. Le prove degli attori rendono ancora più intenso e dolente il lavoro di Moretti.
MEMORABILE: Gli incontri con gli amici; La rissa nel parcheggio; L’augurio agli sposi; La morte della madre.
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Mi sbagliavo. Questo è molto probabilmente il film che mette d'accordo Davinotti & Davinottiani! Ben 18 consensi che approvano all'unanimità il giudizio del Maestro!
DiscussioneZender • 10/07/11 19:39 Capo scrivano - 47726 interventi
Molto strano. Quella testa matta del junior non credevo potesse arrivare a tanto. Più da lui quando si ritrova a navigare a vista nel mare delle su/giufrecce...
Comunque questo film secondo me è uno dei più belli che Moretti abbia girato, forse quello dove mette più a nudo le proprie emozioni negative e positive, dove si presenta e dice : Io sono così, e basta"...Naturalmente la mia è un'interpretazione...credo che la maggior caratteristica che mi ha colpito di quel film sia stata la dolcezza che lo attraversa un po' tutto, intervallata alle crude ragioni dei familiari del prete.
Rivisto da poco e devo dire che condivido ogni
tua parola. Un film bellissimo, il miglior Moretti assieme a Bianca e Caro Diario, che mi ha emozionato spessissimo. Tante le scene da ricordare così come parecchi sono i dialoghi e le frasi ottimamente scritte. Geniale l'uso della musica leggera. Un film quasi perfetto. Il Maestro mi perdonerà ma sono "costretto" a sufrecciare, spezzando così l'equilibrio che si era venuto a creare.
DiscussioneZender • 8/04/12 07:47 Capo scrivano - 47726 interventi
Il Marcel ovviamente non vede sufrecce e giufrecce come un affronto. Anzi, diciamo che non vede proprio. Per cui occhio non vede... Peraltro sufrecciare un tre e mezzo non è cosa da tutti i giorni. Contento ti sia piaciuto Cotola, anch'io è tanto che devo rivedermelo.
Ciao a Buona Pasqua a tutti...che dire, non si poteva discutere di un film più consono alla giornata, peraltro lontanissimo dai soliti clichès sui preti tanto in voga soprattutto nelle fiction nostrane.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Viaggio intorno all'uomo", con dibattito condotto da Sergio Zavoli, venerdì 20 novembre 1987) di La messa è finita:
DiscussioneAlex75 • 29/04/19 19:18 Call center Davinotti - 709 interventi
Galbo ebbe a dire: probabilmente il capolavoro di Moretti
Personalmente, gli preferisco Bianca, ma è sicuramente uno di quei film che a ogni visione ha qualcosa da dire.
Visto a suo tempo, al cinema, non mi piacque molto. Rivisto anni dopo, ma comunque tanto tempo fa, l' ho trovato migliore di quanto ricordassi. Sicuramente un buon film, anche se personalmente preferisco altri Moretti movies (ad esempio Caro diario)
HomevideoZender • 10/08/20 12:12 Capo scrivano - 47726 interventi
Il film è uscito in bluray in un cofanetto francese della Carlotta films chiamato "Viva Nanni!" insieme aBianca. Il bluray di La messa è finita ha una discreta grana ed è superiore al nostro vecchio dvd per definizione anche se i colori sembrano un po' troppo andare verso il giallo rispetto al dvd, in cui sembrano più naturali. C'è l'audio italiano e i sottotitoli sono removibili, per fortuna!