Il filo del titolo è quello che lega il protagonista soffocandone la libertà: titolo programmatico come il film, dove si mostra come la società borghese tunisina faccia buon viso a cattivo gioco accettando tranquillamente coppie gay e lesbiche e inseminazione artificiale. Si capisce il coraggio e l'importanza che un film come questo possa avere per un paese arabo, ma ciò non toglie l'estrema banalizzazione dei vari passaggi della storia. Claudia Cardinale è carismatica, ma non basta a sollevare il film da una sorta di moralismo libertario.
La Cardinale ottiene all'estero un ruolo che mai le sarebbe stato offerto in patria, date le produzioni italiote. L'interpretazione, nonostante l'innegabile carisma della grande signora del cinema italiano, non è delle migliori, ma la sceneggiatura, per quanto non originalissima, riesce, grazie alla messa in scena, a risultare potente nella sua essenza, supportata dal pathos delle interpretazioni maschili. Un atto di amore verso la comunità gay per un valido film d'esordio.
MEMORABILE: Il momento in cui il protagonista sale sul palco e afferra il microfono, rubando la scena alla ragazza; Gli amplessi violenti e sentiti.
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La produzione ha avuto seri problemi, dovuti all'argomento trattato nel film.
Brevissimo stralcio di un'intervista alla Cardinale, rilasciata al GLBT Film Festival di Torino:
“Purtroppo in certi paesi musulmani si sostiene ancora che l’omosessualità non esiste e, soprattutto, che non esiste da loro”.
Salim Kechiouche, ovvero Bilal scoperto a soli 15 anni è esploso come rivelazione del cinema francese, collezionando una serie di ruoli interessanti (À Toute Vitesse, Premières Neiges, Le Clan). È stato anche al fianco di Amanda Lear nel cortometraggio drammatico "Gigolò".