All'inizio doveva essere un documentario sul mondo della prostituzione transessuale nelle notti milanesi (Goldman nasce, appunto come documentarista) dove il regista di origini brasiliane si fece una full immersion di due anni nei quartieri a luci rosse della metropoli meneghina, per cercare di capire come mai i (o le) suoi connazionali venivano in italia per prostituirsi, coadiuvato dalla transessuale Fernanda Farias Albuquerque autrice del libro di cui il film è tratto.
Pian piano viene accantonata l'idea del documentario per farne un film di fiction e Goldman , girando mezza europa per cercare i fondi (chiedendo sostegno pure a Ken Loach e a Wim Wenders), con non pochi sacrifici riuscì nel suo intento.
Ne esce un film ora vitale, ora sincero, ora grottesco, che si barcamena tra il Fellini delle
Notti di Cabiria, il Neil Jordan de
La moglie del soldato, il Gary Marshall di
Pretty woman, il Ken Russell di
Whore e il classico "mignotta movie".
Dopo un inizio di raro e greve squallore ( l incipit sul treno con la ragazzina curiosa, il controllo dei documenti, il prelevamento, l'arrivo alla stazione di Milano, Princesa costretta a fare un servizio di bocca e a mostrare le tette a un sudaticcio, ansimante, schifosetto e libidinoso commissarro della Polfer), il film prende le pieghe del più convenzionale batton movie, dove Goldman si sbizzarisce grottescamente nelle notti milanesi e nella fauna umana che gravita attorno alle "belle di notte", sottolineando la situazione quasi surreale con le musichette stranianti di Giovanni Venosta e andando a filmare, con tocchi spesso allucinati, le espressioni goduriose dei clienti di Princesa immortalati nell'atto orgasmatico (uomini di tutti i tipi, di varia estrazione sociale e età differente, dal giovane al vecchiaccio) che c'ha un effetto quasi tragicomico, alle sodomie in corpo 11 dei clienti che se lo fanno mettere dietro dal travione di turno, di chi si mette indumenti femminili, a chi va lì solo per sfottere le trans in un pandemonio di auto, schiamazzi, palpeggiamenti e mercanzia in bella mostra.
Poi c'è la svolta della storia d'amore con Gianni (da antologia il primo, disastrosissimo incontro quando l'uomo scopre la "sopresa" di Princesa che stà tra
La moglie del soldato e la canzone di Franco Califano, e la proposta della sodomia di Princesa a letto) che si ammanta di note realistiche e dolenti (l'umiliazione della moglie di Gianni, incinta, che chiede aiuto a Princesa per far sì che il marito torni da lei, il vuoto esistenziale che attanaglia Princesa quando si scopre casalinga e compagna "perfetta" che non le dà più stimoli ma solo apatia) e che sono le parti migliori del film.
Grandissimo il personaggio della straordinaria Lulu Pecorari, maitresse transessuale sola , disillusa, amareggiata, fredda e cinica (ma capace di insospettabili slanci filantropi), dove si porta a casa le parti più intense (la minaccia a Gianni con la pistola puntata, gli insulti che le vomita addosso Princesa, lo slancio materno verso Princesa, tradito dalla sua gelosia) risultando una maschera carismatica segnata dalla vita che è il pezzo forte del film.
Altri tasselli fondamentali come le foto della vaginoplastica, gli incontri con la psicologa per cambiare sesso, il girovagare per piazza del Duomo in un onirica sfilata che stà per sfociare come la chiusa finale di
Io la conoscevo bene (ferma tutto una guardia, che a me pareva l'Angelo Truffi dei
Cantamilano), l'amico travestito che si becca l'aids, le liti, le incomprensioni , l'invidia, i clienti logorroici con i loro problemi sentimentali, le mogli degli amici che guardano con sospetto, diffidenza e insensibilità.
Manca però quell'affondo nella cattiveria e nella crudeltà come ci si aspetterebbe in questo tipo di film, scegliendo una via più "morbida" con una chiusa positiva da commedia di costume alla
Sesso matto (sulle notte di
Odio l'estate), che và un pò a cozzare con la ruvidezza che prometteva l'incipit (la vera Fernanda si suicidò).
La violenza e le brutalità della vita da strada sono gentilmente omesse (niente vicissitudini brutali alla
Whore) e la riuscita complessiva ne risente un pò.
Rimane comunque un certo realismo quasi documentaristico (Princesa parla con i suoi connazionali in portoghese, dove vengono in aiuto i sottotitoli italiani), un pò di convenzionalità (ma è la storia che lo richiede) e parecchi luoghi comuni (ma anche quì piuttosto prevedibili, d'altronde narrando dell'odissea nel sesso mercenario di una transessuale brasiliana a Milano non si poteva far di meglio o diversamente).
Se solo Goldman avesse osato un pò di più.
Rimosso, dimenticato, all'epoca mal accettato e non del tutto compreso, resta un film, al di là dei suoi difetti, coinvolgente con picchi di notevole intensità, pervaso da una vitalità vibrante come le notti (da mondo movie) del sesso a buon mercato e dalla figura di Princesa, che pare che tutto le scivoli addosso (anche l'indifferenza quando il suo amico travestito vomita e stà male) se non la sua indefessa cristianità (Madonnine, Gesù Cristo in croce, il segno della croce davanti al Duomo) e l'amore per la mamma, e che torna all'ovile con un lapidario "Sono una brava puttana".
Princesa F. noi le ragazze/i dello zoo di Milano, un pò più ammorbidito, ma schietto nel radiografare una parte di mondo borderline e minando le certezze borghesi, dove il confine tra eterosessualità e omosessualità viene sempre meno e , quello che conta, alla fine, è l'amore e le sue amare conseguenze.
Sotto certi aspetti coraggiosamente antispettacolare.