L'amore non ha confini - Corto (1998)

Al suo secondo corto, Sorrentino mette in mostra lampi di quello stile che mescola efficacemente il grottesco e il compassionevole e che caratterizzerà i suoi lavori della maturità. La trama è costruita come quella di un giallo (così come un mistero, sino al folgorante finale, resta il titolo del corto), con un improbabile killer della camorra chiamato a scoprire chi abbia tradito un boss; ma la messinscena è deliziosamente stramba, sospesa e colpisce al cuore durante la carrellata iniziale sui luoghi e nel già citato finale. Sprazzi di talento.

Curioso corto della prima produzione di Sorrentino. Tutto girato sul grottesco (si vede persino Ettore Majorana...), è sicuramente ben recitato, con rimandi su rimandi, ma di non facile immediatezza (solo rivedendolo ho capito la citazione del Marocco e che il titolo, di conseguenza, non è solo metaforico). Perfetto Ferreri.

C’è già tutto il Sorrentino visionario in questo suo primo corto firmato da solo, che riattraversa con estro la realtà deformandola in un paesaggio umano bizzarro. Il killer napoletano, il boss lussurioso e il vecchio amore adolescenziale ritrovato trasformato sono solo alcuni dei tasselli di una favola eccentrica e fumettistica dove la camorra si sposa con il surrealismo e dove un montaggio da giovane cinema arrabbiato ricuce il deturpato e realistico litorale di Licata con la teatralità grottesca di un sogno post-felliniano.

Visionario esordio di stampo post-felliniano per un ventisettenne Sorrentino, capace di dare alla luce un decadentista sposalizio tra camorra e surrealismo, in un'atmosfera oscillante tra gli scenari più nudi e disastrati di una Licola in stato apocalittico e gli interni barocchi e organizzati come in un quadro grottescamente strabordante, densi di figure care al boss Mahatma, ricche citazioni e perfino un Ettore Majorana zittito dal suo capo. Cortometraggio colmo di sprazzi di genio e alcune formule fisse che ritroveremo in un Sorrentino qui a tratti tarantiniano. Ottimo Ferreri.

Sicario viene convocato dal capo Mahatma per giustiziare un traditore. Cortometraggio fatto più di singole idee nel quale Sorrentino inizia a esplorare il proprio mondo grottesco. Movimenti di inquadratura felliniani e ottimo uso degli stacchi; i dialoghi non sono ancora elaborati, anche se si avverte la voglia di mostrare originalità. A tratti ricade più nello sberleffo, anche se dall’introduzione sembra di entrare in un film di Ciprì.