Mi duole il cuore a cassare un autore che amo, ma
Ondine è davvero poca cosa, quasi un filmettino povero povero, di una banalità e di una piattezza quasi sconcertanti.
Non è che non abbia tocchi jordaniani, anzi, alcune location sono incantevoli: il bosco con le cascate dove si rifugia Ondine, la casetta sul mare e il suo interno, il canto di Ondine che attira salmoni e crostacei. Alcuni tocchi "fiabeschi" tipici dell'autore di Sligo: Ondine che calza gli stivaletti coi lacci, Ondine che esce dalla porta della casetta mentre fuori piove, il grande albero dove Farrell si rifugia a dormire, Ondine che emerge dalle acque davanti ad una stupefatta Annie. L'acqua, elemento primario come in
In Dreams
Poi c'è qualche barlume del Jordan crudo e realistico di
Mona Lisa (i pub, le stradine notturne irlandesi illuminate ai neon) e gli amori "impossibili" come nella
Moglie Del Soldato e in
Un amore forse due
Ma finisce lì, perchè per il resto è una storiella loffia loffia, noiosa, che gira a vuoto, che non ha nulla da dire (un po' come ha fatto Abel Ferrara con
Il Nostro Natale), sospesa tra la fiaba e la leggenda e la realtà quotidiana, con un twist finale (sulla reale provenienza di Ondine) di una pochezza e banalità sconcertante, che manco in un tv movie tedesco (anche se nel pre-finale "violento" Jordan sceglie toni cupi, con fotografia sporca e sgranata) e chiusa con happy end fastidiosissimo e pacchiano, che nemmeno nei film tv romantici alla Rosemunde Pilcher che trasmette Canale 5 nei pomeriggi d'estate
Pure la fotografia del grande Chris Doyle mi pareva spenta e anonima...
Vedendo tutto ciò mi chiedevo che fine avesse fatto il Neil Jordan che adoro (anche se la sua mano si sente comunque, nel bene e nel male), che se ne esce con un filmetto dalle cadenze e dai ritmi a dir poco televisivi (nonostante affronti temi a lui cari: l'Irlanda, il fantastico nel quotidiano, gli amori tormentati), che manca del suo estro visionario in un racconto piatto piatto, compitino scolastico tra commedia, dramma e un pizzico di fiaba (a questo punto meglio rivedersi il bellissimo
Il Segreto dell'isola di Roan), che scivola addosso anonimamente talmente e incolore e senza alcun nerbo narrativo, scritto male e diretto quasi stancamente
Le vere sorprese del film rimangono la "selkie" di Alicja Bachleda, statuaria e bellissima silfide dei mari (almeno così Jordan fà credere, se non fosse per una spiegazione finale tra le più imbarazzanti viste in un film) e qualche scorcio irlandese.
Spiace sempre quando un regista che si adora toppa un film (e con
Non Siamo Angeli,
High Spirits e
Triplo Gioco siamo a quota quattro), ma come leggevo in giro anni fa: un regista non può definirsi grande se non sbaglia almeno due o tre film.
Ultima modifica: 21/10/13 12:39 da
Zender