All'inizio il fascino e l'intrigo non mancherebbero. Che gioco giocano Caine e Quinn? Come evolveranno le cose? Poi i troppi rimescolamenti di carte rovinano tutto ed alla fine non si capisce bene né cosa sia successo né perché. Il classico film la cui soluzione, peraltro nebulosa, viene dimenticata cinque minuti dopo la fine. Si salvano le prove
degli attori e le splendide ambientazioni.
All'inizio la trama è talmente misteriosa da essere intrigante; il problema però sta nel ritmo, troppo lento per tenere desta l'attenzione. Anche i continui colpi di scena, proposti nella seconda parte, sono giocati male e finiscono per stancare, fino ad arrivare ad un finale al limite del comprensibile. Caine e Quinn sono comunque bravissimi e la fotografia è molto curata, ma resta un prodotto evitabile.
Il vero gioco perverso è mescolare continuamente le carte, facendo slittare fra loro più piani narrativi verso un risultato complessivo francamente ermetico. Giova l'ambientazione estiva di paesaggi mediterranei che alimenta le tematiche "simboliche" e senza tempo. Giovano anche le magnetiche presenze di Michael Caine, Anthony Quinn e Candice Bergen. Il resto è opinabile...
Poeta ed insegnante, un giovane inglese si trasferisce in un'isoletta dell'Egeo, dove fa la conoscenza di uno strano tipo... Più che "gioco perverso", il titolo adatto sarebbe stato "gioco fumoso", tanti sono i contorcimenti della trama: storia di fantasmi alla luce del sole? sperimentazione di una nuova tecnica di cura? complotto dagli incerti contorni? Non fascinoso enigma, per quanto criptico, ma confuso garbuglio di scarso interesse che spreca gli scenari naturali e mal sfrutta il cast a disposizione. Film fasullo, trascurabile, anche irritante quando tira in ballo nazisti e partigiani.
La parte migliore del film è quella relativa all'occupazione nazista dell'isola, la meno riuscita quella che, almeno nelle intenzioni, si prefiggeva di essere mitologica (unitamente al reparto trucchi che risulta del tutto scadente: gli uomini iper truccati che in alcune scene risultano perfino femminilizzati, Quinn col parrucchino con calvizie vistosamente finto). Beh, queste défaillance inficiano l'intera produzione. Si salvano location e titoli, per il resto è una produzione dimenticabile.
Tortuoso percorso psicanalitico ad affrontare i propri fantasmi e le proprie debolezze. Il vero e il falso radicati nella nostra natura si materializzano in un conflitto furioso che provoca continui cambi direzionali. Un labirinto volutamente irrisolvibile che deve riaccompagnarci - come scriveva il citato T. S. Eliot - "laddove noi siamo partiti e conoscere quel posto per la prima volta”. Probabilmente esposto in modo eccessivamente criptico e prolisso, rimane un’opera concettualmente interessante. Ottima la fotografia; senza aggettivi adeguati il fulgore di Candice Bergen.
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