Altro noto melodramma della celeberrima coppia Nazzari-Sanson, sempre a firma di Raffaello Matarazzo. Qui i due sono separati (tranne che in un breve flashback e chiaramente nel finalone), lui in Canada a farsi il mazzo e lei al paesello ad aspettarlo innamorata: ma come sempre qualcuno trama nell'ombra contro il loro amore. La storia è di quelle folli, e torna nuovamente il tema -centrale nella filmografia del regista- della donna salvifica per il protagonista; i vari meccanismi narrativi girano ancora discretamente, comunque. Particina per un giovanissimo e quasi irriconoscibile Gianni Musy.
Ennesimo melodrammone di Matarazzo con i suoi interpreti feticcio. Solite incomprensioni ed individui malvagi pronti a contrastare il loro amore nato, in questo caso, per procura. Buoni sentimenti e commozione sempre evidente d'altronde è il loro marchio di fabbrica. Finalmente un finale.
Grandissima, delirante matarazzata che, senza rinunciare naturalmente a un milligrammo delle consuete (anzi, peggiori del consueto!) efferatezze e sciagure, radicalizza a tratti la sua critica sociale (e dire che non era certo un rivoluzionario) sebbene com'è ovvio senza sfumature... Svolgimento al solito sfrenato. Fantastico.
Allucinazioni melodrammatiche dall'officina del maestro Matarazzo; che armeggiando con perfidia, miele e i suoi attori feticcio (Nazzari e Sanson) ci consegna uno degli oggetti definitivi sulla sua, personale, visione dei sentimenti nella bufera, nel naufragio e infine nell'approdo in qualche placida isoletta. Il dispiegamento di topoi del genere è quasi al completo, il cast si prodiga, la macchina da presa è guidata in funzione del pathos, l'esaltazione delle lacrime e dello zucchero a velo finale sono a portata di mano.
Paesano immigrato in Canada sposa per procura connazionale ma la malasorte, aiutata da un'infida contessa, trama per spezzare il loro legame: mentre lui viene insidiato come il casto Giuseppe, lei deve affrontare l'onta del disonore, il carcere, il ripudio... A fronte ad un tale diluvio di disgrazie d'appendice, sorge spontaneo il sorriso ma anche il rispetto nei confronti del Sirk nostrano, certo meno stiloso nel gestire il racconto e più conformista riguardo i contenuti, ma ugualmente impudico nell'affrontare i temi sentimentali, mettendo a nudo il cuore dei suoi rustici protagonisti.
Dopo il successo de I figli di nessuno Matarazzo torna a dirigere un' altra allucinante sequela di disgrazie, nella quale la storia dei protagonisti (ancora una volta la coppia Sanson/Nazzari) è marginale rispetto a quella di Lisetta (ricalcata per altro sulla vicenda della Luisa del film precedente). Tolta la bravura del cast, non resta altro da salvare; il finale sbrigativo è da sceneggiata napoletana.
MEMORABILE: L'arresto di Maria (momento di comicità involontaria).
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