Il giardino delle delizie - Film (1967)

Ambizioso esordio di Agosti che guarda a Fellini, Antonioni ed anche Bergman ma che risulta soprattutto carico della rabbia di Bellocchio (con cui il regista aveva lavorato in passato e lavorerà in futuro). Ne viene fuori un duro attacco alla morale cattolica ed alle sue principali istituzioni (famiglia e matrimonio) in cui non tutto funziona alla perfezione ma in cui la forma scintillante e controllata non è affatto priva di sostanza o pregna di simbolismi (alcuni molto forti e riusciti) fini a se stessi. Circola ultra censurato.

Gli intenti di Agosti sono chiari: rabbioso atto d'accusa contro i valori imperanti (ed imposti) del mostro a due teste famiglia-chiesa. Lo sfaldamento e la dissacrazione del matrimonio, non più fonte di solidità bensì carico di ansie che rendono la coppia schiava (in)conscia del proprio legame. Emerge nel passato tutto il retaggio cattolico che inevitabilmente scava e plasma la coscienza; quella che impedisce la fuga dai propri doveri e responsabilità. Il matrimonio visto come requiem. Forse in quei 25' tagliati è celato quell'osare che manca.

Una narrazione febbrile accompagna i tormenti del protagonista e la sua epidermica reazione alla Chiesa e alla Famiglia, in un continuo andirivieni tra il “giardino delle delizie” del presente (la prima e aborrita notte di nozze), il cupo passato bigotto di bambino e le proiezioni immaginarie del suo inconscio. Al suo notevole debutto Agosti utilizza una sintassi espressiva da inquieto stream of consciousness, che si nutre di primissimi piani e dettagli, in una bella fotografia tra luce abbacinante e forte contrasto. Labirintico.

Eh la peppa, c'è persino il montaggio analogico nel celebre esordio di Agosti, grondante autorialità da ogni inquadratura ma di indubbio pregio formale. Non che l'assunto non sia chiarissimo, ma certo in tutti questi teoremi sulla repressione manca un laico e salvifico dubbio sulle responsabilità personali: non sarà che, preti o non preti, il personaggio di Ronet è proprio uno stronzo? Paurosamente invecchiato ma merita la visione.

Ossessionato dai ricordi di un'educazione cattolica e sessuofobica, un giovane medico in viaggio di nozze tradisce - o sogna di farlo - la moglie incinta e bisognosa di cure con una misteriosa sconosciuta. Controverso e censuratissimo esordio di Agosti, non sempre all'altezza delle sue ambizioni ma ricco di suggestioni e di citazioni (da Bellocchio a Resnais). Singolare l'accoppiata Ronet/Stewart: un'icona della nouvelle vague e una prezzomolina del b-movie. Inquietante la Massari. Splendide la musica di Morricone e la fotografia di Scavarda.

L'esordio di Agosti è senza dubbio fascinoso, racchiude in sé l'estetica e lo stile dei capolavori di Antonioni, con un risultato criptico e che all'epoca poteva benissimo essere accostato al plagio ma che oggi, visto anche l'abbassamento del livello qualitativo delle produzioni nostrane (con le dovute eccezioni) acquista ovviamente di valore. Molto interessante il soggetto trattato: una relazione-gabbia per un matrimonio imposto dalle convenienze. Il bianco e nero è forse la cosa più riuscita del film, cornice di un'irrisolta narrazione.