Buon horror messicano che inizia lentamente salvo poi riprendere quota a partire della metà, offrendo un ottimo finale macabro. Protagonista una strega ultracentenaria votata a satana e a un mago lebbroso, che trovata la reincarnazione dell'amato, si rivela disposta a tutto pur di riaverlo. La bravura della Oliva è cosa nota. Per chi ama il cinema messicano un must. Cito la disgregazione finale, la sorpresa dietro il muro e il tram.
Quando una pellicola come questa funziona, le si perdonano anche le ingenuità (la spiegazione che dà il medico sul perchè il professore ha avuto un infarto mentre si lamentava per atroci dolori agli occhi, è da radiazione). Gli attori funzionano, specialmente, il professore, la maga e il suo aiutante, con faccia che è tutto un programma. In più, l'ambientazione è azzeccata, le musiche enfatizzano al punto giusto e i sortilegi si sprecano, con tanto di storia che parte dal lontano 1400 (c'erano già i cornuti e mazziati). Nel suo genere, riuscito.
MEMORABILE: L'iniziale discorso del professore sull'occultismo, sui simboli e sugli astri; Il professore spillonato a distanza; Le esibizioni della maga.
Pregevole tortilla-horror con elementi melò, tutto imperniato sull'occultismo, senza fronzoli e con un uso sapiente degli spartani mezzi a disposizione. Certo gli anni si sentono e c'è qualche ingenuità, ma il risultato complessivo è tutt'altro che disprezzabile. Molto efficace la negromante Nadia Haro Oliva.
Un horror interessante, specie nella prima parte, quando si costruisce il disagio con plumbei chiaroscuri e misteriose allusioni a negromanti rinascimentali (belle le scene teatrali). Quindi la storia prende una piega assai meno allettante: fra la strega che si perde inspiegabilmente dietro un amorazzo (vecchio di cinque secoli) e una prosaica scazzottata la tensione si allenta visibilmente sino al veloce epilogo. Brava la protagonista.
Entusiasmano molto di più gli spettacoli teatrali di magia nera che le correlazioni con gli stregoni scampati all'Inquisizione, le relative imprecazioni segretissime, i simbolismi vari o le tresche amorose punite con la morte. Si salvano gli omicidi (ben camuffati) e la resa dei conti finale; la discreta panzana del medico sulla causa di un decesso si può tollerare (l'infarto può venire anche a uno che non trova gli occhiali), ma non altrettanto lo strafalcione del lebbroso con le mani e le unghie. Qualche sprazzo positivo lo si può comunque godere.
MEMORABILE: La telepatia; Lo spirito in acqua; La prova di laboratorio sul foglietto col simbolo.
Gli anni si sentono e le ingenuità sono tante, eppure questo poveristico horror messicano d'annata, dalla struttura elementare e firmato dal prolifico Miguel M. Delgado, emana un suo fascino oscuro, accentuato dal cupo bianco e nero. Nel tripudio di amuleti, spilloni, riti satanici e polverosi trattati di magia nera, ovviamente nulla va preso sul serio e le spiegazioni, così come l'affrettato finale, sono decisamente abbastanza risibili, ma probabilmente sufficientemente impressionanti per il pubblico del tempo e non solo per quello messicano.
MEMORABILE: Il mago lebbroso che esce dalla sua tomba secolare.
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