Note: Liberamente rifatto da R.W. Fassbinder con il titolo "La paura mangia l'anima" (1973) e da T. Haynes con il titolo “Lontano dal paradiso” (2002).
Storia d'amore tra una ricca vedova e il figlio del suo giardiniere, più giovane di lei. Melodramma ad alto tasso sentimentale con il sottofondo della scabrosità legata all'argomento (donna e uomo più giovane) in epoca insospettabile per le pruderie morali (siamo negli anni '50!). Il regista affronta l'argomento con un film dalla grande eleganza dovuta principalmente alla bella e suggestiva fotografia. Buona la prova del cast.
Una ricca vedova si innamora del figlio del proprio giardiniere, molto più giovane di lei, e deve affrontare la disapprovazione dei figli e del proprio ambiente. Meno famoso di Magnifica ossessione, da cui eredita la stessa coppia di protagonisti, con la stessa bellezza formale esaltata dalla meravigliosa fotografia di Russel Metty, ma una maggiore credibilità dal punto di vista psicologico. In particolare, colpisce la rappresentazione della "gelosia" dei figli nei confronti della madre, frutto non di amore filiale ma di conformismo egoista.
MEMORABILE: Le parole con cui i figli accompagnano il regalo di un televisore alla madre
Uno dei melò di Doug Sirk più citati e amati dagli addetti ai lavori (Fassbinder e Haynes ci han regalato due splendide variazioni sul tema, Ozon ne omaggia il finale). Vi son presenti tutti gli elementi tipici dell'esule tedesco: la connotazione fortemente sentimentale ed estrema (per i tempi) della vicenda, grande attenzione al contesto, una fotografia satura (qui di Russell Metty) e una barocca composizione scenica che paradossalmente raggelano la narrazione, fornendo allo spettatore la giusta distanza dal narrato. Bravi e credibili Hudson e Jane Wyman.
Cary Scott, ricca vedova infuocata dalla porpora di un nuovo autunno, sfida l'intera comunità per vivere il suo secondo indecoroso amore, perché la paura mangia l'anima. Folgorante melodramma di Sirk che trova nel conflitto di classe (e ideologico: Thoureau contro l'ipocrisia borghese) e negli scontri generazionali (madre e figli edipici) concisione ancorché turgore e fiamme. Vivo di una simbolizzazione di luci, colori e musiche talmente radicale da trascendere in un amalgama indistinguibile la funzionalità dei mezzi e la sovraesposizione dello stile. Happy end espugnato con sudore e lacrime.
Due mondi diversi in rotta di collisione e amore: lei vedova e ricca, lui giovane giardiniere. Storia sentimentale che si addentra nella psicologia dilaniata della protagonista (notevole Wyman), ma anche tagliente analisi di convenzioni e ipocrisie di una società rigida, esosa, che indica nella novità della tv (geniale l’arrivo del nuovo elettrodomestico in casa!) la patetica alternativa a una vita che merita di essere vissuta. Un film che nasconde una riflessione profonda nelle pieghe del mélo kitsch (peraltro stilisticamente formidabile).
Una vedova non più giovanissima si innamora del suo attraente e romantico giardiniere, ma la convenzioni sociali incombono, così come l'egoismo dei suoi due figli. Commedia dolce-amara che descrive alcune verità sui secondi matrimoni e su quanto possano pesare chiacchiere e invidie, contrastate solo da una intelligenza illuminata. Grandi interpreti sia Jane Wyman che Rock Hudson, attori di classe innegabile e di cui sembra essersi perso lo stampo.
Il melodramma avvolgente - pittorico e caldo, concettualmente cristallino nella geometria della figurazione - secondo il mago Douglas Sirk, con la complicità di un altro mago, ovvero il direttore della fotografia Russel Metty e dei due magnetici protagonisti (vere star e non burattini). La temperatura emozionale si dipana similmente a un incendio che avvampa, si quieta e poi ancora avvampa con l'impressione dell'imprevedibilità: notevole, dunque, il finale, risolto con sottigliezza di codice tenendo salda la sospensione dubitativa.
Celebre, amatissimo e pluriomaggiato (da Fassbinder ed Haines in modo palese ma da svariati altri registi in modo più soft)
melodramma firmato da Sirk. Oggi la componente "scandalosa" è (quasi) superata, ma non lo sono certi atteggiamenti, certi comportamenti intrisi di moralismo, egoismo, piccineria e meschinità (si vedano i figli) che il regista descrive e mostra mirabilmente.
E ci si può ancora godere una bella regia che, con maestria, sa sfruttare a suo vantaggio ogni elemento che forma una pellicola: attori, scenografie e soprattutto la smagliante e strepitosa fotografia.
Purtroppo il tema è attuale, dal momento che vedere una donna accompagnarsi a un uomo più giovane continua ad essere fonte di chiacchiere (figuriamoci lo scandalo nell'America puritana degli anni Cinquanta!). Egoistico il comportamento dei figli della protagonista; come al solito si ricorre al dramma per dare una svolta allo stallo in cui cade la situazione. Wyman e Hudson, dopo il successo di Magnifica ossessione, si confermano una valida coppia in un film che fa riflettere.
Ma questa è avanguardia pura! In barba ai suoi sessantacinque anni, il film è di estrema attualità per i temi trattati (le differenze di età e di classi sociali, il timore per la discriminazione, il rapporto con i figli a cui ci si immola, senza poi considerare che presto prenderanno il volo). Una sceneggiatura davvero coraggiosa per i tempi, ben resa da due icone quali Wyman e Hudson, dalla classe innata. Suggestive le ambientazioni, ottima fotografia. Epopea amorosa da rispolverare, soprattutto nel periodo natalizio.
Un anno dopo Magnifica ossessione, Sirk ci ripropone la coppia composta dalla !stagionata! Wyman e dal "fusto! Hudson. Lei ricca vedova e lui modesto giardiniere, rigido come i suoi pini, che mai suda e si spettina mentre lavora. Passato l'effetto stordente provocato dell'impeccabile confezione ipercromatica pettinata da un esercito di archi, non ci rimangono che i soliti stilemi del melodramma sentimentale. Plot standard simile a centinaia di altre produzioni sfornate incessantemente ad ogni latitudine dall'industria cinematografica da quando è nata fino ai giorni nostri.
MEMORABILE: Gli occhi di Virginia Grey; Lei che rincontra l’ex: "Salve"; Lei riflessa nella tv come un film; Il dottore che le dice in faccia cosa le manca.
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Zender, visto che nelle note della scheda c’è un riferimento a un film successivo, o lo togliamo oppure tanto vale aggiungere a quel che è scritto: “e da T. Haynes con il titolo “Lontano dal paradiso” (2002)” (che oltretutto è molto più aderente – praticamente un remake – rispetto a quello di Fassbinder che è solo un lontano omaggio).