Primo adattamento sonoro della celebre fiaba. Probabilmente il migliore di sempre. Cocteau, con la sua collaudatissima compagnia di attori, fa sognare, ci porta al di qua e al di là dello specchio, facendoci commuovere con il sorriso sulle labbra. Più colorato del technicolor e dalle scenografie irresistibili (è stato il modello principale per la versione Disney), "La Belle et la Bête" è una parabola sull'amore, sulla bellezza e sulla vanità da far impallidire miseramente i "crepuscoli" odierni...
La riduzione fiabesca è impeccabile e Jean Cocteau maneggia con poetica delicatezza un film dai toni talvolta pomposi, talaltra retorici. Gli attori si muovono perfettamente e seguono il ritmo di una regia d'altri tempi, e proprio perciò immortale. Probabilmente, alla base della pellicola, sospinge però un tema morboso, allusivo, nascosto, quasi indicibile per l'epoca, ma già alla base del predecente King Kong.
È una fiaba ed è adattata benissimo per lo schermo, senza soluzioni infantili e di comodo come ci si aspetterebbe. Il film è surreale e inquietante, con ottime ricostruzioni sceniche e fotografia che hanno fatto scuola (in particolar modo le scenografie del castello che si animano e confondono la realtà con la fantasia). Il finale forse è tirato via troppo velocemente, ma nei vecchi film non si usavano tante spiegazioni. Bravi gli attori in ruoli loro congeniali.
Cocteau traduce il classico di Leprince de Beaumont in una fiaba rarefatta e visionaria destinata a quegli adulti che hanno preservato il senso del meraviglioso. Dominato dai prodigiosi incanti del castello - ottenuti con effetti puramente cinematografici (emulati da Coppola per gli anacronistici miraggi del suo Dracula) - il film evolve con afflato gotico in volute di nebbia, sonnambolico e suadente, per dischiudersi in un finale prismatico che libera insolubili ambiguità sui personaggi e l'identità stessa del racconto. Straordinario - per gli standard d'epoca - il trucco di Marais.
La migliore versione cinematografica della nota favola, firmata da un Cocteau in stato di grazia che firma un poema visivo di grande impatto estetico ed emozionale. Le invenzioni si sprecano (i candelabri, le cariatidi ecc) e tutto è curato in ogni minimo particolare. I costumi (ricchissimi e di grande bellezza), il trucco (quello della bestia), le scenografie e la sontuosa e splendida fotografia che dà vita a magnifici e stupefacenti giochi chiaroscurali, contribuiscono ad un risultato finale assolutamente ragguardevole. Un perla.
MEMORABILE: Il castello con i suoi arredi, ma più in generale ogni particolare della confezione che è curatissimo e studiato al millimetro.
Piacevole tutto sommato, ma decisamente datato, con attori impostatissimi (compresa la protagonista Josette Day, a tratti non meno antipatica delle sorelle), musiche preistoriche e pomposissime, dialoghi aulici a rischio ridicolo e barocchismi (ottimi quando si tratta di quadri o statue viventi) che nel finale scadono nel delirante. Eppure l'inizio coi titoli scritti alla lavagna, il ciak battuto e la prefazione di Cocteau, lasciava sperare in qualcosa di "avanti". Ciononostante, ben realizato il make up della bestia. Discreto, nulla più.
Crepuscolare e di impianto classico questa prima versione cinematografica dove risalta l'elemento fiabesco in tutto e per tutto. Cocteau aggiunge alcuni elementi e amplifica il pathos su una storia che è umana nella sua soprannaturalità. Il risultato, a un occhio sensibile, è di grande presa emotiva.
Ingenuo come tutte le fiabe ma, allo stesso modo, dotato di un fascino senza tempo che ci invoglia a sbrigliare il senso di meraviglia tipico dell'infanzia e a immergerci in un fastoso spettacolo al quale anche la Disney deve molto. Cocteau cura le scene alla perfezione, sbizzarrendosi con i dettagli nella resa del castello e trasformando Marais in un mostro dal cuore d'oro celato sotto il formidabile trucco bestiale. Datato, eccessivo, barocco? Sì, ma delizioso.
MEMORABILE: Il trucco della Bestia; Gli arredi animati del castello, in particolare le braccia che sorreggono i candelabri.
Magica trasposizione in chiave quasi surrealista (i volti delle statue che osservano, le mani senza corpo che servono gli ospiti, le porte che parlano...) della celebre fiaba. Molto elegante la messinscena, ottimi i dialoghi e il soffuso erotismo che traspare da certe scene, il che lo rende un film godibile sia dai più giovani (basta non abbiano pregiudizi sul bianco e nero) sia dai più grandi. Certo, qualche inevitabile ingenuità dovuta all'età della pellicola c'è e si nota, ma nel complesso è una validissima alternativa all'edulcorata Disney.
MEMORABILE: Il castello incantato e i suoi elementi vivi.
Delle varie trasposizioni della fiaba settecentesca, questa non solo è la nota insieme a quella animata di Disney ma anche la migliore per la bellezza delle invenzioni visive che rinviano all'ingenuità poetica dei trucchi mélièsiani. Cocteau nella sua migliore regia triplica i ruoli per l'amato Jean Marais: bello in modo convenzionale come pretendente respinto e principe rigerenato dall'amore, molto più fascinoso nelle splendide vesti della tormentata bestia. Un gioiello surrealista impreziosito dal bianco e nero onirico di Henri Alekan e dalle suadenti musiche di Georges Auric.
MEMORABILE: Le mani senza corpo che reggono i candelabri e servono la cena.
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* Durante la sofferta e dura lavorazione del film, con malattie e incidenti che colpirono la troupe, Jean Cocteau accusò severe forme di infezioni e malattie della pelle, costretto persino a lavorare con una maschera di cartone sulla faccia. Le riprese si protraggono dal 26 agosto 1945 al'11 novembre 1946. A fine ottobre vengono interrotte per permettere il ricovero ad un ormai spossato Jean Cocteau. Sul set, però, il regista/poeta trova l'energia per scrivere un diario sulla lavorazione del film: La bella e la bestia: diario di un film, cronaca non solo del processo creativo ma anche delle difficoltà tecniche riscontrate durante la lavorazione e della sua agonia fisica: "Il mio viso è diventato un carapace di screpolature, rovine e pruriti. La mia sofferenza è un contributo al film e sono sicuro che non è stato un martirio inutile, come Marais costretto a recitare nel mio film con fattezze mostruose. Tutto ciò corrisponde a uno stile spirituale che mi è proprio, il trucco di Marais assomiglia all'agonia della mia medicazione".
* Greta Garbo, alla prima del film, delusa dalla trasformazione in principe azzurro della bestia, lamentò a gran voce: "Ridatemi la mia bestia!"
Fonte: La bella e la bestia. Cult movie, Ciak, marzo 1995.