L'impiccagione - Film (1968)

L'impiccagione

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 22/11/09 DAL BENEMERITO COTOLA
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Cotola 22/11/09 22:29 - 9009 commenti

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Piccola, splendida perla cinematografica che sembra un lavoro teatrale dell'assurdo attraverso il quale Oshima affronta con grande drammaticità ed ironia il tema della pena di morte, quello dell'opposizione tra individuo e potere e quello del duro trattamento che subirono i coreani emigrati in Giappone. La prima parte è straordinaria, molto intensa e incalzante mentre nella seconda c'è un calo dovuto anche ad una ridondanza simbolica (peraltro troppo esplicita) che lo appesantisce lievemente. In ogni caso un film splendido. Brechtiano.

Daniela 6/09/10 10:55 - 12625 commenti

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R, condannato a morte, sopravvive ma perde la memoria. Per poterlo legalmente re-impiccare, i carcerieri e le altre persone che erano presenti al momento dell'esecuzione (il prete, il medico) mettono in scena la sua vita ed i suoi delitti, affinchè riacquisti coscienza di sé e di che cosa ha fatto. Bellissimo apologo di impianto teatrale sull'assurdità della pena di morte e sull'assurdità della pena di vivere, con una prima parte straordinaria e qualche indugio didascalico di troppo nella seconda, che però non ne inficia il grande valore.
MEMORABILE: La simulazione degli stupri e degli strangolamenti

Pigro 19/03/12 10:48 - 9635 commenti

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Si presenta come un film contro la pena di morte, ma in realtà è teatro politico lanciato beffardemente contro il potere e il sistema. L’impiccato coreano sopravvissuto a cui i boia cercano di far tornare la memoria per poterlo ri-giustiziare è simbolo di un Giappone rovente di contraddizioni e scontri. Con impeccabile raffinatezza visiva nell’asettica camera della morte, Oshima mette in scena la messa in scena della realtà, in una mîse en abyme vorticosa e in un tripudio di simbolismi, dove frulla sogno e realtà, politica e società, fino all’astrattezza. Potente.

Giùan 29/06/13 07:13 - 4539 commenti

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Lo scarto creato dall’attrito tra l’incipit documentaristico (la presentazione di luoghi e procedure della pena capitale) e l’episodio perturbante (la mancata esecuzione) è tra i più memorabili della storia del cinema. Oshima precipita il film in una vertigine kafkiana, nutrendola di richiami psicanalitici, allegorie socio-politiche (la militante coreana), grottesche catarsi e pirandelliani interrogativi etico esistenziali. Un film filosofico sul Giappone e sull’universale “Giudizio”, la cui potenza d’apologo è mitigata da certa tonitruante ripetitività.

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