Nonostante Fassbinder sia un regista che apprezzo, devo dire che considero questo suo film non riuscito; non tanto per la messa in scena, quanto per la regia ingarbugliata che rende poco scorrevole il film. Lola, attrazione di un bordello di provincia, seduce un ricco uomo d'affari, lo sposa e rileva il bordello. Un'opera pretenziosa che si discosta non poco dagli altri film del regista e con troppi riferimenti a L'angelo azzurro. Impersonale e da rivedere.
È un Fassbinder ormai acido e irrimediabilmente nichilista quello di questa rivisitazione sui generis de L'angelo azzurro. Tutto, come sempre, continua a ruotar attorno al sesso (Lola-Sukowa) e al denaro (Schuckert-Adorf), strumenti di potere incoercibili di fronte ai quali ogni abnegazione decade, qualsiasi tentativo di ristabilire un senso morale (Mueller Stahl) è destinato a fallire. Il triangolo attoriale ha due lati maschili decisamente potenti, mentre la Sukowa è un vertice debole (mancan le vibrazioni della Schygulla). Chiude la trilogia sul dopoguerra.
Colori acidi per descrivere la Germania del dopoguerra e la prima impressione è che quando si tratta di affari, denaro, appalti, sesso (che passa non inconsapevolmente attraverso il corpo della "cantante" del bordello Lola) davvero tutto il mondo, anche la Germania, è paese. La spirale di degrado che avvolge il funzionario von Bohm appena arrivato in città procede verso l'epilogo inevitabile e prevedibile ma mantenendo un buon ritmo.
MEMORABILE: la canzone "Capri Fischer", cavallo di battaglia di Lola.
Secondo capitolo della trilogia dedicata alla Germania del dopoguerra, ai rivoli di una società predatrice. Commedia nichilista e amorale, con registro tra il cinico e il romantico. Economia e politica, potere materiale e legislativo; un Fassbinder al solito straniante, nella fotografia pop in contrapposizione ai toni del racconto, quasi a rimarcare sempre il netto confine che separa la correttezza dalla corruzione. “L’amore è più freddo della morte”, diceva e ci vuole freddezza, unita al sesso, per raggiungere obiettivi altrimenti impossibili.
Dietro una facciata inizialmente più leggera e scanzonata si fa strada pian piano il Fassbinder di sempre lucido e spietato: si veda a tal proposito il finale. I temi ed i bersagli sono quelli tipici del regista: i rapporti tra le classi
sociali, dominati dal possesso, dalla violenza e dalla sopraffazione. Ad essi stavolta si aggiunge anche quello della collusione tra politica e grande capitale che portano al disfacimento ed alla profonda corruzione della società.
Assessore all'urbanistica onesto si innamora di una cantante senza sapere che lavora come prostituta in un bordello di proprietà del più importante imprenditore della città... Versione aggiornata dell'Angelo azzurro, dalla forma brillante e dal contenuto acido. I colori squillanti, i tanti tocchi ironici, l'esuberanza di Adorf magnaccia, l'ingenuità degli occhi celestini di Mueller-Stahl non devono infatti ingannare: la commedia è di quelle nerissime e dall'epilogo nessuno ne esce pulito; neppure la figlioletta della protagonista, destinataria di un dono gravido di conseguenze.
MEMORABILE: I commenti acidi sulle pietanze servite a cena; Di fronte alle lacrime dell'uomo: "Ma allora tu mi ami..."; "Nuda?" "Si, ma non toglierti il velo".
Fassbinder riesce a nascondere dietro una storia apparentemente drammatica e sentimentale una critica forte alla società tedesca post-guerra, dedita alla corruzione e all'ipocrisia di una certa morale borghese. Grazie a un cast ottimo, una regia impeccabile e una fotografia al neon post-espressionista, il regista riesce a far passare il messaggio politico, oltre che a toccare tematiche romantiche. Fa parte di un certo tipo di cinema che ha lasciato il segno e che rappresentava un passo avanti verso la modernità in quegli anni e che si rispecchia in certa autorialità moderna.
Nella Germania post bellica della metà degli anni Cinquanta in piena ricostruzione sociale ed edilizia, un assessore onesto entra in contatto con una società opportunista e corrotta pronta ad abbandonarsi a qualsiasi tipo di degrado pur di affermarsi. Solito ferocissimo atto d'accusa di Fassbinder alla società e in particolar modo alla borghesia, capace solo di primeggiare quando si tratta di perdersi negli abissi della depravazione, Secondo il regista non esiste l'incorruttibilità e le basi su cui viene costruita la nuova Germania sono marce e destinate a creare nuovo dolore.
MEMORABILE: La fotografia; L'interpretazione di Mario Adorf.
Assessore all’urbanistica si innamora di una prostituta a sua insaputa. Fassbinder denuncia il sistema di corruzione postbellico usando toni anche da commedia. Adorf va spesso sopra le righe e Mueller-Stahl serve per gli aspetti seriosi ma è un po’ grandicello per la storia d’amore. Senza raggiungere le vette della Dietrich, la Sukowa tiene la scena con decadente autorità. Discrete le scene al bordello e felice la scelta di una fotografia che evita l’effetto retrò. Qualche caduta retorica nel finale.
MEMORABILE: La tv con un solo canale; Lo strip durante l’esibizione; “Oddio tu mi ami”.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Cinemania", lunedì 24 marzo 1986) di Lola: