Mah, c'è un difetto che inizia ad essere una costante dei film di pseudo-ribellismo generazionale: si descrivono masse di ragazzotti sempre sul radical chic, che si "danno" allegramente alla rivoluzione, un po' così, perché è (o era?) di moda. Insomma, tutto un po' banalizzato, con l'aggravante che anche gli intrecci amoroso-adolescenziali sono piatti, banali, triti. Tanti bravi attori messi a mollo, decisamente sottosfruttati. Giusto due dialoghi un po' più brillanti, dal collettivo Wu Ming mi sarei aspettato di meglio e di più. 2 pallini-ini-ini.
MEMORABILE: La cosa migliore è forse il titolo del film.
Le vicende di Radio Alice a Bologna nel '77 viste da due ragazzi di periferia ribelli e rapinatori in erba. Il film oscilla tra il documento (nel finale degli scontri in piazza) e la commedia generazionale, dispensando molta ironia quasi goliardica e buonumore emiliano, qualche pillola di saggezza e alcune bella annotazioni sui caratteri, ma pochi appunti per una ricostruzione capace di far capire veramente. La storia fatica a ingranare ma va in crescendo. Bassino il livello attorale: rimangono impressi solo Luisi e il carabiniere Mazzotta.
In bilico tra leggerezza creativa e tensione drammatica il film si snoda all’interno di una molteplicità di tematiche: dalla contestazione giovanile agli scontri con la polizia, dalla presa di coscienza individuale alla microcriminalità delle periferie. Lo spirito lieve e allegramente anarchico permette solo in parte di andare veramente a fondo per cogliere le sfumature più significative dell’epoca. Tra una canna e un siparietto che ammicca al cinema muto delle origini, l’operazione finisce con l’apparire divertente ma confusa e poco incisiva.
Sospeso tra indagine sociologica, fiction e documentario, il film di Guido Chiesa si snoda attraverso le vicende del movimento studentesco che opera a Bologna nella metà degli anni '70. Discreto nella caratterizzazione ambientale, il film è limitato in quella psicologica dei personaggi che spesso rimangono fermi ad un livello bozzettistico. Discreta ma non memorabile la prova del cast.
Il pregio e il limite di questa pellicola finiscono per baciarsi. Un'atmosfera malinconicamente seventies, lotte studentesche e ideali; nella "magia" del momento si annida la macchiettistica visione degli stessi. Amore libero, nullafacenza e libertinaggio ai massimi livelli finanche sconfinante in filosofiche teorie. Le musiche piacciono, i personaggi intrigano ma solo per pochi attimi. Bello il finale, con la massima sui tetti di Bologna e il grande Rino a chiudere. Per nostalgici.
Il Sessantotto e le sue conseguenze nel corso degli anni '70 sono stati senza dubbio importanti nella storia italiana. Qui Chiesa raffigura le agitazioni e gli ideali dell'epoca, la questione lavorativa e di conseguenza la situazione sociale del sottoproletariato, il cieco futuro di giovani rancorosi nei confronti di un Sistema che li vuole vittime. Lodevole l'assenza di banalità nei personaggi e nelle vicende sebbene si noti una generale mediocrità dell'opera. Pessime le scene mute (e soprattutto la figura del cuoco).
MEMORABILE: I ritratti vicini di Karl Marx e Groucho Marx.
Guido Chiesa HA DIRETTO ANCHE...
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CuriositàCif • 2/02/10 21:49 Pulizia ai piani - 17 interventi
Nel film, all'annunciato concerto degli Area di Demetrio Stratos, sul palco spuntano (e sono ben riconoscibili) gli Afterhours, con la loro versione di Gioia e Rivoluzione, che ha a lungo perseverato anche in radio nell'anno di uscita del film.