Un professore universitario sta pianificando il suicidio. La vita, resa incolore dalla morte dell'amato Jim s'accende cromaticamente (trovata registica orrenda oltre che riciclata da Spielberg) solo quando incrocia nello sguardo altrui un barlume di vita. Uno studente curioso cerca di essergli amico, forse di sedurlo, ma in sostanza lo porta a riconsiderare il suo gesto, a rendersi conto del valore delle piccole cose quotidiane. Sai che novità! Film insopportabile, retorico, formale, stereotipato, freddo. Salvi solo gli attori e qualche massima Huxleyana. A single man, a boring movie.
Tom Ford "confeziona" un film ineccepibile, con qualche pecca registica qua e là (e ci può stare, essendo all'esordio); delicata ma banalotta la storia, bravissimi gli interpreti principali ed azzecata la scelta del cast di contorno, la sceneggiatura ed i dialoghi lasciano riflettere, ma non decollano. Il film di per sè è sufficiente, merita un voto un po' più alto perché parla senza veli di un argomento, l'amore tra due uomini, sicuramente già trattato in altre pellicole, ma lo fa con naturalezza, tatto e garbo. Un buon film.
Premessa necessaria: il doppiaggio italiano è penoso. Superato l'inconveniente, ci imbattiamo in un cinema a cui non siamo più abituati: Ford investe di lirismo gesti, pensieri e parole di un uomo infestato dalla bellezza, traduce in decadentismo esistenziale il glamour di una classe sociale che il pubblico faticherà a compiacere. Un esordio ardito, elegante e demodè, la cui vocazione fassbinderiana spinge a ridondanze formali e squilibri in un'assidua elaborazione di colori e inquadrature volte a catturare l'emozione in atto. Meravigliose le note di Korzeniowski e Umebayashi. Ottimo Firth.
Delicato nei toni e nel montaggio, prodigo nel mostrare emozioni, sontuoso e al tempo stesso misurato nella scelta di inquadrature e dettagli. Il linguaggio cinematografico di Tom Ford è forse d'altri tempi, poiché non cede alla moda dei forsennati ritmi moderni ma si occupa solo di raccontare calore e riesce a fare di una storia tutto sommato banale un quadro che tocca corde profonde. Una parte di questo merito va indubbiamente alle stupende musiche originali.
Komm, susser Tod: è un corale di Bach, questo film! George, per stasera, ha invitato la (sua) morte: si prepara con cura, come per un incontro d'amore. In qualche modo, proprio questo è. Nella bellezza che lo circonda, George vede,controluce, annidarsi la paura, la disgregazione, il vuoto. Solo dietro un certo sorriso potrebbe esserci ancora altra vita, tanto da far scordare a George quell'ospite che attendeva. E che arriva, ormai inattesa. Ma sempre dolce, come un incontro d'amore. Film che estetizza il dolore, lo rende lirico, ma ne conserva e ne comunica la verità.
MEMORABILE: La cena con Charlie, agghindata a festa, eccitata e disperata. La pistola nel cassetto.
Se un facoltoso decide di produrre un film non c'è che esserne felici e se riesce pure a girarlo in modo personale e delicato, beh allora bravo a Tom Ford. Il suo Single man, forse troppo rileccato nel complesso (ma certi dettagli anni 60 es. l'interno della macchina sono da elogiare) e titubante nella parte centrale, lascia comunque il segno andando aldilà dell'esercizio di stile e sfrutta bene le qualità di Colin Firth e del compositore Umebayashi (quello di In the mood for love).
George perde il suo ragazzo a causa di un incidente. Il film è incentrato sul periodo di lutto che egli vive, spinto da forti istinti di morte. Tra il ricordo del suo amato (flashback), le amicizie e le conoscenze (il presente) e la pianificazione del suo suicidio (il futuro) sviluppa una serie di considerazioni sulla vita e sull'esistenza. La trama si rivela piuttosto debole, il film è lento e il messaggio patetico. Esteticamente e tecnicamente ineccepibile, ma vuoto e inutile.
Lo stilista Tom Ford realizza un film che, non a sopresa, punta molto sull'aspetto estetico, offrendo una raffinata ricostruzione ambientale che riguarda abiti, oggetti e design generale (il film è ambientato negli anni '60 durante la crisi tra gli USA e Cuba). Ma nell'opera c'è anche un'indubbia cura per la caratterizzazione dei personaggi, specie specie quello del protagonista, ottimamente interpretato da Firth. Peccato per lo scadente doppiaggio italiano.
Una vera sorpresa. Da uno stilista che passa alla regia ci si potrebbe aspettare un film trascurabile, invece Tom Ford dimostra di avere gli attributi e realizza una pellicola deliziosa in cui ovviamente la cura per i costumi è eccessiva (e qui pecca di zelo), ma anche in cui la storia regge, sorprende e commuove. I due protagonisti eccellono nella loro interpretazione. Il soggetto: l'amore tra due uomini e la perdita dell'amato è trattato con estrema veridicità.
Dallo stilista Tom Ford non ci si poteva aspettare altro che un un film elegantissimo, curatissimo nella forma e iconograficamente corretto (è ambientato negli anni '60). Il romanzo di Christopher Isherwood è straordinario ma Tom Ford riesce a infondere nella sua opera almeno un po' di quella profondità presente nel libro che è, come il film, una straordinaria metafora della vita e della solitudine attraverso le tappe di un unico giorno: il giorno della morte del protagonista. Per apprezzarlo nella sua interezza va visto in lingua originale.
La pellicola di Ford è stata per me una bella sorpresa: per un preconcetto, che per primo so essere stupido, tendo a diffidare di chi si butta nel cinema dopo aver fatto carriera altrove. Il trattare con garbo e delicatezza (fantastico l'utilizzo dei colori) il tema della perdita dell'amore è l'aspetto migliore del film, insieme all'ottima prestazione di Firth e a una regia attenta, non invadente ma personale; un po' più deboli i dialoghi e qualche scena che tende allo stereotipo e al retorico. Toccante.
Il film esteticamente è davvero fenomenale: ho apprezzato tantissimo la ricostruzione dell'atmosfera anni '60, i costumi sublimi, l'arredamento eccelso, la fotografia. Purtroppo dal punto di visto della storia il film non regala molto, l'ho trovato asettico e molto freddo. L'ho visto in lingua originale e gli attori sono davvero bravissimi. Consigliato soprattutto per coloro che hanno il gusto del bello. Esordio alla regia promettente. Da vedere.
Tom Ford realizza un film splendido, tenuto "stretto" e senza concessioni ad altro che non sia il mondo destrutturato del suo protagonista (un meraviglioso Colin Firth). Perfino il dolore più grande del protagonista è tenuto nascosto, a urlare è solo il suo viso, orecchie e bocca tacciono. A nessuno è permesso di andare oltre; neppure un personaggio come quello di Julianne Moore, sguaiato e frustrato, può concedersi stonature. In fondo il destino di tutti sembra segnato fin dall'inizio.
Come esordio alla regia di uno stilista non c'è male; Ford dimostra di sapere il fatto suo e regala qualche soluzione piuttosto elegante, anche grazie a una fotografia e una scenografia particolarmente curate. Il film parte molto bene, la prima parte in cui viene introdotto il personaggio di Firth è in un perfetto equilibrio dolceamaro; purtroppo in seguito il film si avvia verso binari più canonici e invero abbastanza noiosi, mantenendo però il pregio di non scadere nel patetismo e regalando un finale tutto sommato azzeccato. Quasi buono.
Un single, afflitto da numerosi problemi esistenziali in una crisi amorosa che lo porta a voler tentare il suicidio. Tom Ford, con il suo occhio da stilista, conferisce alla pellicola una grande qualità tecnica e di design: grande cura negli abiti e nelle ambientazioni dell'epoca, che vanno oltre al semplice esercizio di stile. Molto bravo Firth, pienamente immerso nel suo personaggio. Ottima anche la fotografia, accesa o spenta a seconda delle emozioni.
MEMORABILE: Qual è il metodo più comodo per morire?
Un buon film; perlomeno Ford dà l'impressione di aver messo in scena qualcosa che gli "urgeva" dentro. Tutte le caratteristiche formali di questa tipologia di film sono osservate ed è un limite perché troppa correttezza impedisce un vero volo. Però Colin Firth è davvero straordinario, interpretando un gay senza "effetti" recitativi. Buona e composta la cornice d'epoca, anche troppo. Un buon risultato, fondamentalmente onesto per un piccolo film da non disprezzare.
Proprio nel suo essere impeccabile stanno i limiti di un film che, con una storia così bella e intensa come la sconfinata solitudine di un uomo rimasto solo dopo la morte del compagno, non riesce a trasmettere vera emozione e partecipazione, preferendo porgere allo spettatore un’opera tecnicamente e stilisticamente raffinata, direi quasi leccata e laccata, ma senza vera anima. Rimane comunque a un buon livello, sia per l’eccellente Firth che per la potenza della situazione in sé, ripresa dal romanzo di Isherwood. Stiloso.
Troppo palesemente viscontiano. Fluttua durante la visione e si sedimenta dopo averlo "digerito", un senso di fastidioso disagio, la cui valutazione è di sfuggente ambivalenza. Ford piomba sullo schermo con l'abilità manierata che è il suo riconosciuto trademark, confezionando un film che pare elitariamente prescindere dal cinema, ma che più o meno coscientemente da questo succhia sangue (da Fassbinder come da Lontano dal paradiso), senza restituirne la verità. Certo è un gran bel tromp l'oeil e Firth, come l'etereo biondino Hoult, son da passerella.
MEMORABILE: La telefonata col fratello del compagno morto; Il bagno.
Oggi l'omosessualità va di moda, ma più che occuparsi della storia di un amore diverso, all'esordiente regista Tom Ford importa più che altro l'impossibile elaborazione del lutto e l'attesa della morte, trasmettendo attimi di genuina desolazione e angoscia, grazie in particolare al volto sofferente e rassegnato di Colin Firth. Il flusso emotivo tuttavia si arresta per la maggior parte del tempo a livello epidermico e tende a farsi artificioso e manierato a causa dell'ossessiva ricercatezza delle immagini e delle musiche ridondanti: è la trappola in cui cadono molti nuovi autori contemporanei.
MEMORABILE: Lo scrosciare della pioggia che soffoca il pianto disperato di Firth.
La solitudine, l’amore perduto e l’elaborazione del lutto secondo l’esordiente Tom Ford si sviluppano in un profluvio di sequenze sospese e liriche, dove i moti dell’anima si traducono (qui un po’ banalmente) nei toni di una fotografia comunque elegante e funzionale. Un certo schematismo è compensato dall’ottima e soffertissima prova di Colin Firth. Nel complesso un sottile, funereo e a tratti emozionante excursus sul dolore e lo svuotamento esistenziale.
Professore inglese trapiantato negli Usa medita il suicidio dopo la morte a seguito di un incidente d'auto del suo amatissimo compagno... Da uno stilista alla moda, ci si aspetta un'opera elegante e da questo punto di vista il film rispetta le attese: ambientazione anni '60 scrupolosa, locali ed arredi raffinati, interpretazioni impeccabili (in originale, il doppiaggio è mediocre). Però qui l'attenzione alla forma finisce per sminuire la portata drammatica del soggetto, anestetizzando un dolore che intuiamo dal bel volto segnato di Firth ma che non riesce a coinvolgerci diventando anche nostro
Mi ero accostato con qualche pregiudizio a questa prima di Tom Ford. Ebbene, sono stato smentito: il film è eccelso, raffinato, cinico ma sentimentale al tempo stesso. Uno spaccato di ciò che può essere un lutto, degenerato in depressione. Poi, la riscoperta di valori che avevamo dimenticato. Molto curata (e non poteva essere altrimenti) l'estetica (dagli abiti, agli oggetti, ai dettagli scenografici). Un ottimo inizio.
Con questo esordio alla regia, Tom Ford dimostra di essere un ottimo artista a tutto tondo. Dal punto di vista stilistico, come prevedibile, c'è tutto, in questo film: cura, stile, raffinatezza, ricercatezza mai leziosa. Quello che sorprende maggiormente, invece, è che Ford sia riuscito nell'impresa, tutt'altro che semplice, di raccontare una storia di amore, morte, depressione e rinascita (già cinematograficamente abusata) in modo così originale, sorprendente, commovente. Una perla per due ottimi attori (Moore e Firth). Bravissimo!
Tom Ford è senz'altro ispirato e gira un film esteticamente ineccepibile (...ci mancherebbe), con le ottime interpretazioni di Firth e della Moore attorniati da valide spalle. Dialoghi e silenzi calibrati al millimetro e sguardi ripresi fino al dettaglio dell'occhio, come a cercare di sondare l'animo dei personaggi. Anche se la storia è fin troppo chiara, rimane costantemente un senso di incompiutezza, una volontà di offrire allusioni su allusioni che non portano a nulla; in alcuni casi solo inutili immagini decorative che appesantiscono.
Professore universitario sconfortato dall’aver perso il compagno medita il suicidio. Confezione stilosissima curata nei minimi dettagli per ambienti, arredi, oggetti e abiti, in cui Ford sfoggia la sua meticolosità abbinata al senso estetico. La storia è resa con pudico affetto, la perdita è sempre in primo piano. Firth è un filo freddino (penalizzato anche dal doppiaggio) e ci fa provare distacco dalle sue reazioni; discreto invece nella parentesi con la Moore.
MEMORABILE: La Moore che balla; La pistola lucidata.
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DiscussioneZender • 13/09/09 17:35 Capo scrivano - 47726 interventi
Infatti, è una farloccandina in attesa che esca quela vera, Galbo. A meno che tu non ne trovi una anche americana in giro.
DiscussioneMatalo! • 14/09/09 18:49 Call center Davinotti - 614 interventi
Credo che il film sia tratto da un racconto di Cristopher Isherwood
DiscussioneMatalo! • 14/09/09 18:51 Call center Davinotti - 614 interventi
A Single Man è un film del 2009, esordio alla regia dello stilista Tom Ford. Il film è basato sul romanzo di Christopher Isherwood Un uomo solo e ha per protagonista Colin Firth.