Presentato nella sezione Altro Cinema della 3a edizione della Festa del Cinema di Roma e dopo non distribuito in sala, JCVD merita visione per più di un motivo. L'ironia (il gioco sul logo della Gaumont, il dialogo del protagonista con l'ennesimo regista orientale) e l'autoironia del protagonista. La perizia registica che usa ai suoi fini stilemi kubrickiani (Rapina a mano armata) e kurosawiani (Rashomon). E, last but not least,lui, il protagonista: Van Damme nei panni di se stesso regala momenti di grande pathos. Delle due l'una: o è sincero o ci siamo sempre sbagliati ed è un grande attore
MEMORABILE: "Pensa forse che siccome ha portato John Woo a Hollywood, deve scartavetrarmi i coglioni?"; il monologo/confessione brechtiano: commovente come pochi.
JCVD torna a casa, a Schaarbeek, sobborgo popolare di Brussel. E, mentre torna carico di gloria, ci regala il suo miglior film, una confessione sulla sua vita professionale e privata. I suoi ultimi film sono stati il più delle volte mediocri, girati con pochi mezzi e in assurde location. Lui ci gioca sopra, riuscendo in un esercizio di autoironia non facile per uno che, nel bene o nel male, è stato veramente una star mondiale. Buona la regia, essenziale e rapida, senza scivolare nell'abusato videoclip.
MEMORABILE: Il dialogo con la tassista e il monologo-confessione.
JCVD è una pellicola davvero riuscita. Fin dai titoli di testa il montaggio è serrato, asciutto ed efficacissimo. Jean Claude Van Damme gioca le carte dell'ironia e regala una grande performance che trova il suo apice nel fantastico monologo rivelatore. Il finale non delude come la prova degli attori di contorno. Dialoghi mai banali e fotografia documentaristica sigillano un pacchetto di grande impatto che resta una delle pellicole piu interessanti del decennio. Un applauso.
Van Damme sceglia la carta del film autobiografico per il suo ritorno al cinema. E il film funziona. Sicuramente non è un capolavoro, ma la recitazione sentita e commovente del protagonista lo eleva di molto e anche la storia (di pura finzione) con venature action aiuta. La regia è buona così come il ritmo e c'è anche molta ironia; spero davvero che serva a Van Damme per tornare quello di un tempo.
MEMORABILE: Il monologo finale; i riferimenti a Steven Seagal.
Il Dog day afternoon del Van Damme uomo (non l'attore). Stanco, stressato, senza soldi, proposte di lavoro ridicole ed ostaggio/oggetto di una situazione grottesca. Sempre in bilico tra mito e realtà, esposto al giudizio dei mortali che lo credevano un Dio ed esposto a se stesso, che aveva creduto di esserlo. Accettarlo è dura; e lo fa in un monologo criptico ed intenso come pochi se ne sono visti. Sono Van Damme, oltre ai muscoli c'è di più. Non mancano azione, tensione ed ironia.
Ora, non dico sia il capolavoro dell’anno e JCVD sia di colpo diventato Al Pacino, ma è innegabile che questa pellicola un suo fascino l’abbia. Non ci sono mirabolanti fx, né spaccate o calci volanti. C’è Van Damme. Bolso, stanco, umiliato, che si fa voler bene. La storia non è nemmeno poi tanto male, sembra non prendersi mai troppo sul serio pur senza eludere la drammaticità. Bravo Van Damme nel suo monologo confessione sul finale della pellicola. Ripeto, non è un capolavoro, ma un buon film che un po’ più di pubblicità la meritava.
MEMORABILE: Il monologo confessione di Van Damme. La tassista.
Film fuori dagli schemi e sui generis. Van Damme manda in soffitta il suo personaggio e si mette a nudo agli occhi di tutti in un excursus autobiografico senza veli ma camuffato da versione provinciale di Quel pomeriggio di un giorno da cani. Notevole l'autoironia in certi frangenti, graffianti gli strali contro l'industria di Hollywood anche se il buon Jean-Claude, ora con le pezze al culo, sputa palesemente sul piatto dove ha mangiato. Gustose le citazioni cinefile per amanti del cinema d'azione. Inopportuno il monologo con faccione davanti alla mdp.
Stupendo film autobiografico per Sua Maestà Van Damme. Il belga interpreta magistralmente se stesso in questa opera di El Mechri e sorprende tutti, critica e aficionados, smettendo i panni dell'eroe in favore di una recitazione e di una cura dei dettagli magistrale. Scene memorabili e frecciatine a colleghi e registi a gò gò. Van Damme questa volta era da Oscar e non è una battuta...
Veramente divertente questo Van Damme in chiave fortemente autoironica. Sconta un deciso calo di ritmo a due terzi della pellicola (dentro l'ufficio postale alla lunga ci si stanca e i malfattori diventano stucchevoli), ma la costruzione della situazione, come l'attore si cala in essa e diversi dialoghi (in tribunale, con la tassista, fisso in camera) sono tutte cose assai meritevoli.
Interessante ed inaspettato excursus para-autoriale per il buon Van Damme, che stanco della sottovalutazione e di girare i soliti film action a basso costo prende parte a questo progetto interpretando semplicemente se stesso e mettendo a nudo molti suoi problemi personali, facendo critiche, riflessioni, smontando il mito del "duro". Intelligente e fortemente autoironico, ma anche carico d'amarezza, il film è sicuramente un esperimento riuscito, seppur il ritmo a volte cali un po' troppo. Van Damme è bravo; dimostra intelligenza e coraggio.
Lodevole l'intento di smitizzare se stesso da parte di Van Damme, e anche l'impegno che l'attore belga riversa nel tentativo. Però, la rotazione a 360 gradi da eroe invincibile a sfigato professionale non convince molto e sembra un po' ardita e artificiosa. Inoltre, la trama della vicenda in cui il nostro Jean Claude interpreta se stesso è troppo statica, oltre ad essere del tutto implausibile nel finale, e quindi alla lunga un po' noiosetta.
L'interessante ed ironica interpretazione di Van Damme è senza dubbio la qualità migliore del film: infatti, pur partendo con dicreto brio, la sceneggiatura implode malamente lasciando ampio spazio al tedio. El Mechri mostra una certa propensione per le scene d'azione (magnifici i primi 5 minuti), ma la carenza nei confronti del tessuto narrativo è evidente. Sinceramente mi aspettavo di meglio.
Quando la realtà supera la fantasia il comune mortale idolatra la star del cinema anche in mezzo a una vera rapina. Quel pomeriggio di un giorno da cani (con richiamo fisico a Cazale) viene rivisitato con lo humor belga infilandoci la superstar Van Damme. Ruolo della vita per l’attore, che si toglie la maschera e denuncia la suggestione che la fama provoca al pubblico. Non sempre la tensione regge ma apprezzabile il miscuglio di grottesco e poliziottesco in un noir basato sui buoni sentimenti. Meglio in lingua originale.
MEMORABILE: Il calcio in faccia del rapinatore; La conversazione con la tassista delusa; L’agente che finge che la linea sia disturbata.
Operazione coraggiosa in teoria, quella di decostruire e riportare a livello umano l'invincibile kickboxer belga, ma le carte si scoprono subito e ciò che ne segue si appiattisce in una trama dilettantesca che non recupera minimamente il mito del personaggio hollywoodiano. L'umorismo (o quel che ci si aspetterebbe) latita per l'eccessiva inversione da eterno vincitore a sfigato mammone con le relative e classiche problematiche familiari. La asfittica scenografia e il color seppia a oltranza non favoriscono motivo di interesse. Non apporta nulla.
Un tempo star di fama internazionale ma ora in declino e bisognoso di soldi per sostenere le spese del processo che può portare all'affidamento della figlia all'ex moglie, un attore viene preso in ostaggio dai rapinatori asserragliati dentro un ufficio postale... Il Jean-Claude più estensibile dello schermo nel ruolo di se stesso in questo film sorprendente che alterna momenti comici ad altri riflessivi di inatteso sapore biografico, il tutto condito da innumerevoli citazioni in grado di solleticare i sensi dei fan dell'action. Imperfetto ma originale, autoironico, godibilissimo.
MEMORABILE: Il regista della prima sequenza; Il codino di Segal; Il calcio con cui fa volare la sigaretta; La taxista rancorosa.
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Avendo visto, con estremo piacere, questo film non posso che pensare a Jandileida e segnalargli la location principale del film. Cosi quando passa dalla capitale..
Un Jean Claude fantastico.Lo scambio di battute con la tassista é veramente un gran pezzo di cinema.
Appena ho tempo cerco su google earth perché adesso sto un po' fuori mano per almeno altre tre settimane.
Comunque se non ricordo male la macchina della polizia che arriva all'inizio porta scritto Schaarbeek sulla fiancata quindi a rigor di logica l'ufficio postale dovrebbe essere lí nei dintorni.Vediamo il quartiere non é enorme.
Jandileida ebbe a dire: Comunque se non ricordo male la macchina della polizia che arriva all'inizio porta scritto Schaarbeek sulla fiancata quindi a rigor di logica l'ufficio postale dovrebbe essere lí nei dintorni.Vediamo il quartiere non é enorme.
Schaarbeek esatto, la location l'ho già mappata (guarda nel thread verificate): te lo volevo solo far sapere!
Comunque la foto di Schaarbeek con il sole pallido che sbatte sul palazzo devi averla ritoccata tu con photoshop...hihi no anzi per un paio di settimane a Marzo c'é stato unsole fantastico.
Sono completamente d'accordo con il commento di Grey. Alla lunga la sceneggiatura gira sempre su stessa e la noia invade lo schermo. Van Damme eccezionale!
Approfittando dell'intervento di Didda, mi abbandono fisiologicamente ad una triste confessione: è l'unico film della mia vita che ho interrotto a metà visione (anzi, ad 1/3 della durata...)
Questa mia debolezza blefarica non me la perdonerò mai e poi mai in tutti i secula a venire.
Se provate un briciolo di compassione, rincuoratemi con un piccolo appoggio morale :(
DiscussioneZender • 29/06/12 08:30 Capo scrivano - 47786 interventi
Fatti coraggio Gest, se è uno può ancora essere l'eccezione che conferma la regola. Al secondo ti si caccia dal davinotti con vergogna e pomodori :)