NOTTI E NEBBIE DEL GIAPPONE
Che gran regista che e Nagisa Oshima, sembra non aver perso un grammo della poetica e del rigore formale de
L'impero dei sensi e di
FuryoPassano gli anni, mutano gli stilemi, ma Oshima rimane narratore di razza (e già dalle prime sequenze, si viene immediatamente proiettati nel suo cinema, quello sanguigno, intenso, ammaliante, seducente, ipnotico, feroce e assolutamente visionario)
Nella scuola di samurai della milizia di Shinsegumi, impegnata a difendere l'onore dello shogun e a vigilare su Kyoto, arriva un bellissimo ragazzo dai lineamenti femminili (forse anche troppo), che porta scompiglio tra gli altri uomini. Tutti (o quasi) si innamorano di lui (chi platonicamente, chi carnalmente), ma il giovane efebo è un angelo della morte, uccidendo gli uomini che si porta a letto e protando alla rovina la Shinsegumi...
Cinema potente quello di Oshima, che risveglia ricordi mai sopiti dell'
Impero dei sensi (questa volta, il finto strangolamento dopo l'atto sessuale e puramente omoerotico) e di
Furyo (la guerra, i riti, le esecuzioni, l'amore sofferto e crudele tra uomini, qui meno allusivo e più carnale)
Dai bellissimi combattimenti kendo coi bastoni di un realismo pregnante, alla visionaria e surreale sequenza del bordello, con la prostituta che avanza a passo di danza, accompagnata da due bambini, la furia omoerotica di infilarsi nel letto del bellissimo Kano (che par davvero una ragazza, con quei lineamenti delicati come la porcellana e le movenze-a volte letali-di una gheisa), a improvvise esplosioni splatter (la decapitazione), eppoi quel meraviglioso, surreale e sospeso finale tra le nebbie e la notte di Kyoto, che ha il magico sapore di una storia di fantasmi (come quella che il giovane Okita racconta al capitano di Takeshi Kitano), chiudendo con un mandorlo in fiore divelto in due da un colpo di katana, che suggella uno dei finali più intensi e pregnanti mai girati
Non sempre la narrazione fila via liscia (parecchi dialoghi non sempre interessanti, qualche concessione all'ironia), ma si viene subito rapiti dall'atmosfera, dagli umori omoerotici che scatena Kano (da antologia quando seduce il sergente che vuole "convertirlo" alle donne), dalla furia elegante dgli allenamenti, dalla straordinaria fotografia di Toyomochi Kurita, dallo score penetrante di Ryuichi Sakamoto (anche se un gradino sotto alle musiche composte per
Furyo, che rimangono uniche), alla bellezza davvero seducente di Kano (anch'io, che non sono omosessuale, ne sono rimasto turbato) e alla grandezza attoriale di Takeshi Kitano
Il cinema di Oshima è subito riconoscibile, tra storia, passione omosessuale, dramma e un pizzico di thriller e non si può che non rimanere estasiati di fronte all'ultima opera di una grande maestro di cinema.