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TITOLO INSERITO IL GIORNO 13/07/09 DAL BENEMERITO MARKUS
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Markus 13/07/09 12:16 - 3682 commenti

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Una famiglia medio borghese di Milano composta da cinque persone che non hanno nulla in comune se non il fatto di essere una famiglia. Cinque storie raccontate sulla sfondo di diverse location: la casa al mare, la casa di Milano, la casa di campagna, oltre il resto. Olmi gioca con immagini spaziali e temporali che simulano il pensiero del personaggio. Un film toccante, ben fatto e ben recitato da illustri sconosciti (scelta abituale di Olmi). Passato forse inosservato, riscopritelo in dvd!

Stefania 8/08/11 02:24 - 1599 commenti

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La borghesia lombarda "possidente" è sclerotizzata nella tradizione, della modernizzazione (del sistema produttivo, dei costumi) non è artefice, e può soltanto subirla, mentre il divario generazionale tra genitori e figli, tra passato e futuro, è un baratro in cui non si precipita: vi si scivola piano, ogni giorno, complice il silenzio. Olmi coglie l'umore di un'epoca di passaggio, di ogni personaggio fotografa l'anima, in ogni posa, sotto ogni luce, in lucide istantanee: cinque storie che non sono una storia, due genitori e tre figli che non sono una famiglia.
MEMORABILE: Il finale, tra i più belli mai visti al cinema.

Saintgifts 15/08/11 16:55 - 4098 commenti

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La realtà cinematografica di Olmi è ancor più dura della vera realtà (se ciò è possibile). Potenza del cinema (di un certo tipo), cosicché la mattanza (terribile) dei vitelli ha una tremenda analogia con le vite dei protagonisti, mattanze fisiche e, soprattutto, morali. Il ragazzino cieco esce da questo contesto, la vita per lui è solo interiore, non può vedere ciò che di bello e di brutto sta intorno a lui, forse lo può intuire, ma ha i suoi rifugi e una sua propria realtà. Triste e pessimista, ma forse è meglio dire realista e senza veli.

Rufus68 20/10/18 22:38 - 3825 commenti

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Uno dei migliori film di Olmi. Il messaggio sotteso viene alla luce grazie alla forma: la frammentarietà della soluzione narrativa, tale da rendere la sensazione dell'incompiutezza, diviene metafora delle esistenze irrisolte dei protagonisti così come le più evidenti scene del mattatoio sono la plastica rappresentazione dell'uomo immerso nel flusso alienante del capitalismo avanzato (il "gioco" aziendale). Solo la tragedia improvvisa, una circostanza, può incrinare l'indifferenza del vivere risvegliando l'umanità interiore. Da vedere.

Pigro 27/09/20 21:23 - 9635 commenti

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Ritratto di agiata famiglia borghese nella quotidianità di piccole circostanze: la madre salva un ferito, il padre rischia il licenziamento, i tre figli vivono i primi baci o il primo bebè. Non è un Teorema, semmai un postulato sulla società italiana nei primi anni 70: una mediocrità che lascia filtrare vitalità, slanci (montaggio talvolta salterino), ma tutto in minore e pericolosamente affacciati sul vuoto, come una massa bovina verso il macello (scena potente). Finale improvviso, per lasciare che la narrazione slitti nella realtà.

Il Dandi 25/11/20 10:49 - 1917 commenti

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Una famiglia che non è una famiglia si divide fra tante residenze che non sono una casa. La borghesia industriale degli anni '70 (soggetto centrale nel cinema italiano di ogni genere) viene da Olmi spiata da una diversa angolazione (più prosaica) e ritratta con diversi colori (per lo più sbiaditi e mortiferi). Interessante, grazie anche a un montaggio ellittico ma vivace; tuttavia il realismo sgradevole di metafore crude (il bestiame al macello) appare eccessivamente didascalico e pare che la frammentarietà venga agitata come tema per nascondere un'aridità anche narrativa.
MEMORABILE: La macelleria nell'azienda agricola.

Zampanò 26/07/21 19:43 - 381 commenti

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Un "Teorema" meno plastico ma più stratificato di quello pasoliniano. Olmi è spietato nello spurgare le emozioni al ralenti di altolocati depressi. Ogni gesto è autoritario e anaffettivo, carico di risentimento, con attori che sembrano non esserlo immersi in colori da Super8. La lezione del cineasta bergamasco, che alterna gli squassi di un macello al sisma introspettivo borghese, supera Pasolini: l'arrivo dell'angelo - in questo caso un ragazzetto sinistrato - non causa alcuna resa suicida, al massimo qualche ora lieta prima del ritorno ai doveri di classe.
MEMORABILE: Il rampollo costruisce robottini: "Non muove braccia o gambe, deve solo pensare".

Magi94 30/08/22 23:22 - 944 commenti

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Non un film minore nella carriera del regista, ma una grande composizione sugli anni 70 e una brillante sfida di Olmi a se stesso, che qui ha il coraggio di mutare completamente il proprio stile per inoltrasi in un esperimento cinematografico adatto a quegli anni. Un film progressive rock sospinto dalle belle musiche di Vince Tempera, che catturano con fascino la crisi generale (ma in sordina) di una famiglia altoborghese dopo il '68. Si respira la presenza di una profonda insoddisfazione, di un rovello interiore nelle le vite apparentemente normali dei protagonisti. Potente e viscerale.
MEMORABILE: Il montaggio dagli echi eisensteiniani sui movimenti della madre; Il mattatoio; Gli occhi e lo sguardo della sconosciuta Raffaella Bianchi.

Paulaster 19/04/23 20:03 - 4391 commenti

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Donna facoltosa soccorre un ragazzo che ha avuto un incidente. Ritratto della borghesia degli anni Settanta in cui ognuno cura i propri interessi e, per ricevere amore, sembra necessario fare un frontale con un camion. Schematico nelle descrizioni singole e generico come argomenti (il seminario dei dirigenti, l’approfittatore del figlio). Olmi calca la mano con le metafore (il macello, i neonati come impiccio) e resta timido solo a livello sessuale. La confezione ha il limite di essere televisiva; buone le musiche progressive.
MEMORABILE: La pelle che si stacca dal viso; Il robot che pensa; L’assegno lasciato alle suore.

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