Il titolo significa "gay come la gente comune", e in effetti ciò che rende esemplare questa serie è la scelta di raccontare normalmente le vicende quotidiane, strane o spassose, drammatiche o buffe, di tre giovani omosessuali inglesi alle prese con i loro problemi, che poi sono sì specifici della loro condizione ma anche simili a quelli di tutti. Gli episodi sono intelligenti e divertenti e aiutano a comprendere senza censure la quotidianità di un mondo che la tv mostra spesso attraverso falsi stereotipi. Autori efficaci, attori bravissimi.
Serie televisiva britannica che parla del mondo gay affrontandone i problemi e il vivere quotidiano in maniera assolutamente realistica e "calata" in un contesto di assoluta normalità. Gli episodi sono ben scritti e spiccano per sceneggiature mai banali e ottimi dialoghi. Valido e ben assortito il cast.
Non si può certo paragonare alla serie americana, pur essendo questa la serie originale. Le storie raccontate sono credibili, il cast omogeneo per un prodotto che vuole essere di rottura. Arrivato in Italia circa dieci anni dopo (e questa la dice lunga), il serial può contare su attori bravissimi e disinvolti e su dialoghi moderni. Le scene esplicite sono efficaci. Troppo breve, ma a colmare questa lacuna ci penserà la serie americana, eccome se ci penserà.
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Il titolo della serie proviene da un vecchio proverbio dello Yorkshire, che recita grossomodo "There's nothing so queer as folk", ovvero "Non c'è niente di tanto strano quanto la gente".