Uno di quei film talmente brutti e mal fatti da risultare alla fine quasi divertenti. La storia è già discretamente assurda: lo Yeti viene trovato in Canada, un po' lontano dall'Himalaya suo luogo di origine e dove tornerà (non si sa bene come) a fine pellicola, ma a rendere il tutto veramente "trash" sono la regia, a dir poco piatta, la recitazione degli attori e, ovviamente, gli effetti speciali veramente "artigianali". Difficile reperirlo ma una visione la meriterebbe. Qualcosa da salvare c'è.
Per eccellenza è l'unico "B" movie di fantascienza degno di nota, considerando il budget-zero con cui è stato realizzato e l'anno di realizzazione, il film risulta un piccolo capolavoro del genere fantascienza. Mimmo Crao nella parte del gigante risvegliato dai ghiacci è assolutamente magistrale. Ovviamente molte imperfezioni rendono talvolta alcune scene leggermente ridicole, ma il tutto rimane saldamente in piedi con una sceneggiatura del tutto notevole. Imperdibile.
Semplicemente micidiale, è uno dei peggiori film che abbia mai visto, con uno yeti (il Mimmo Crao di 40 gradi all'ombra del lenzuolo) che sembra un gorilla, effetti speciali da baraccone di periferia, trasparenti trasparentissimi, attori cani... Peccato per Parolini, regista di mestiere, ma non è riuscito ad azzeccare una "parolinata" che sia una. Da vedere per capire come il cinema possa diventare una profonda esperienza del vuoto.
Tentativo di ricreare tematiche di cinema fantastico/fantascientifico, in realtà un imbarazzante film di Parolini che confeziona un "trashone" memorabile. Lo Yeti è qualcosa di esilarante e gli effetti visivi non sono altro che raffazzonate sovrapposizioni. Sicuramente un cult per gli amanti delle pellicole di serie z a cui consiglio sicuramente la visione.
Desolante opera di Parolini che non risparmia allo spettatore nemmeno un luogo comune tipico di questi film. Sulla regia e la sceneggiatura meglio tacere, mentre gli effetti speciali sono quanto di più artigianale ed esilarante possa esistere (basti vedere il "trucco" dello Yeti). Per amanti del trash che avranno di che divertirsi.
Dire che ha una sua dignità forse è un po' eccessivo, ma bisogna ammettere che questo, poco yeti e più moderno King Kong evoluto denoantri, fa persino tenerezza, con le sue urla quasi da donna e la sua sensibilità che fa a botte con l'aspetto piuttosto inquietante (nonostante gli occhioni da cagnone buono). Certo, la pellicola in sè non è niente di che e gli effetti non sono certo eccelsi (i piedoni che escono dal blocco di ghiaccio sono da piegarsi), ma lo si vede senza particolari problemi di sbuffi, tranne qualche inevitabile rallentamento. Il finale con bimbo e cane in corsa è mostruoso.
MEMORABILE: La manona e i piedoni (le uniche parti a dimensione di gigante, che vengono utilizzate il più possibile, visto che si son sbattuti a costruirle).
Oh mio dio. Sulla scia del King Kong di De Laurentiis il buon Parolini imbastisce un'operazione-mostro intrisa di inadeguatezza. Si parte con una storia che parla di uno Yeti alto come Kong e che per il resto ricicla il solito svolgimento (cattura e trasporto in città, con ribellione e fuga) e si prosegue realizzandolo con Mimmo Crao coperto di peli e trucchi ottici risalenti al Kong degli Anni Trenta, per giunta mal realizzati (lo Yeti è spesso trasparente...). Comicità involontaria come se piovesse, colonna sonora pazzesca e lancio pubblicitario da "vorrei-essere-un-blockbuster" a completare.
MEMORABILE: La bambina che insegna al mostro a pettinarsi con una lisca di pesce...
Se in America c'erano King Kong e una miriade di B-movies su yeti e sasquatch, la risposta italiana ai mostri fanta-catastrofici è questo curiosissimo reperto che è un fulgido esempio di artigianato fai-da-te del cinemabis; nonostante gli SPFX non siano sempre riusciti, con un po' di sospensione dell'incredulità ci si può divertire, anche a fronte di una produzione girata in Usa, con attori in parte (tra cui Antonellina sedicenne all'esordio, bellissima) e che cerca di essere quanto più professionale possibile. Fa una certa simpatia.
Pur con pochi mezzi ed effetti speciali "discutibili", il regista Gianfranco Parolini realizza un film tutto sommato valido. Nel cast buona la prova di una giovanissima Antonella Interlenghi qui al suo esordio, gli altri sono ben scelti e offrono una discreta prova. La prima parte annoia un po', ma dopo che lo yeti arriva suo malgrado in città il film prende un ritmo diverso. Merita un'occhiata.
Gianfranco Parolini raduna alcuni dei suoi fidi (Luciano Stella, Aldo Canti) e propone una versione poveristica di King Kong, la cui fama era appena stata rinverdita in America da De Laurentiis. E' un film che andrebbe studiato proprio per il suo fallimento: è infatti la prova piu evidente del fatto che gli effetti speciali dei kolossal americani degli anni Settanta e della nuova Hollywood non sono piu imitabili a basso costo dal geniaccio italico. Un fallimento sotto ogni punto di vista.
Frank Kramer (Gianfranco Parolini) ovviamente si rifà al ben più celebre remake 1976 di King Kong e al filone che ne è scaturito. Dettagli e analogie a parte, il film è indubbiamente un'esperienza... trash di raro valore. Tra "barriti" estrapolati da un video sugli elefanti e attribuiti allo yeti, le esilaranti espressioni dell’energumeno che vanno dall'arrabbiato all'affettuoso (nei confronti della giovanissima Antonella Interlenghi, qui al suo debutto), lo spettatore sarà coinvolto in una vicenda congegnata secondo alcuni stilemi del cinema catastrofico Anni '70.
Qualcuno dovrebbe spiegarci come mai lo yeti in questione è un gigante completamente ricoperto di peli fuorché in viso, perché le varie leggende ce lo hanno sempre presentato in maniera un po' diversa; tuttavia questo è paradossalmente il male minore all'interno di un film con effetti speciali ridicoli, una trama riciclata in maniera sfacciata da King Kong (ma senza la stessa perversione di fondo e con un finale delirante ma da un punto di vista etico persino più corretto) e prestazioni attoriali poco convincenti. Si ride involontariamente: sorprendente, ma in senso negativo.
Al di là del bene e del male, "capolavoro" dell'ultraweirdo da parte del "Maestro" del western pittoresco, Parolini. (Im)possibile tentativo del nostro cinema artigianale di stare dietro ai già quasi troppo improbi (per via del costo degli effetti speciali) modelli dichiarati. Eppure il fascino e l'attrattiva che emana da sempre è innegabile. Nonostante trasparenti realizzati pedestramente e mascherini quasi tutti clamorosamente sbagliati, la scena dello yeti che scala i palazzi in modellino, rompendo le finestre con i piedic, dimostra tutta l'inventiva di allora.
MEMORABILE: La stupenda Antonellina Interlenghi; Il tronitruante "score" Romitelli-Orff; L'Abruzzo fatto passare per l'Ontario, in Canada, e zone limitrofe.
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L'utente Giorgio Brass, del forum di Gentedirispetto, ha postato in quel sito il link ad un bellissimo backstage del film, che voglio condividere anche qui:
Però è importante sapere se è la versione lunga o quella corta.
Se la durata riportata su Amazon.fr è corretta, sarebbe quella da 1h41' (quindi International, più corta rispetto alla nostrana). Non ricordavo che ne esistessero più versioni.