Il gioco è fatto - Film (1997)

Giallo rosa quasi autobiografico nella descrizione del rapporto fra i due personaggi principali, che sembra ricalcare quello del regista con la moglie Stéphane Audran. Il ritmo è serrato e si nota la solita cattiveria di fondo nei confronti della borghesia. Ottima la prova dei due protagonisti, caricaturali i personaggi di contorno. Finale un po' forzato, ma va bene così.

La prima parte è di stampo chiaramente chabroliano. In seguito le cose cambiano: non tanto poiché il regista francese rinuncia in parte a stilettare la borghesia francese e la provincia gallica, ma soprattutto per un registro grottesco e più violento del solito che, forse, non si addice a questo grande cineasta e che qualcuno non gradirà. Serrault e la Huppert sono molto bravi, ma quest’ultima ci perde nel doppiaggio.

Uno dei migliori film di Chabrol. Victor e Betty sono una coppia di truffatori "galantuomini" ma, allorché fanno il passo più lungo della gamba... Il film comincia nel clima disteso e divertito di una furba commedia giallorosa per poi cadere, verso la fine, in un incubo dal sarcasmo cianotico e tumefatto (padroneggiato a stento dai suoi scaltri protagonisti) nel quale si bruciano zuccheri acidissimi e assassini. La destrezza truffaldina vince contro la crudeltà spietata, ci sembra dire il regista in questo film cinico e incattivito. Da vedere.

Sta nell'indeterminatezza dei rapporti fra Victor e Betty il fascino maggiore di questa commedia in cui, per una volta tanto, Chabrol cambia registro rispetto all'usuale critica della borghesia: padre e figlia, amanti o semplici complici di truffe di basso profilo? Commedia bidonista che verso il finale assume sinistri toni criminali, ma sempre all'insegna di una ironia beffarda ma affettuosa, che coinvolge anche la sua coppia di antieroi, impersonati con grande aderenza psico/fisica da campioni di ambiguità quali Huppart e Serrault.

Coppia di piccoli truffatori punta a un bottino milionario. Prima parte più misteriosa, in pieno stile del regista, con le ambiguità all'interno del duo e nell'eseguire i colpi. Dall'entrata di Cluzet sembra che la Huppert faccia il doppiogioco e invece è solo creatrice di un imbroglio più grande. Il fatidico scambio della valigetta piena di soldi è alquanto farraginoso e la punta pulp finale non sembra nelle corde di Chabrol (oltre alla ferita da coltello che guarisce in pochi minuti). Al termine tutto si chiarisce e si poteva insistere su una nota più leggera.