Non è facile giudicare film così, in cui sta soprattutto al gusto di chi guarda la valutazione ultima. Tecnicamente ha elementi di indubbio pregio, non ultima l'interpretazione di un David Hammings all'altezza, e comincia dimostrando di poter essere un giallo dalla trama oscura decisamente intrigante: la vittima è la zia filantropa del protagonista, uccisa durante un soggiorno a Pompei e che scopriamo essere fondatrice di un gruppo nato per reinserire gli ex carcerati in società. Alla sua morte Tim (Hammings), deluso dallo stanco procedere delle indagini, ne avvia di proprie. In treno incontra una donna che gli consegna una lettera, scritta - si saprà poco dopo - con la macchina da scrivere di...Leggi tutto Tim su carta e busta identica a quelle da lui normalmente utilizzate. Com'è possibile? E' solo uno dei tanti spunti stupefacenti disseminati all'interno di una sceneggiatura che sa rendersi avvincente incuriosendo non poco a proseguire negli inquietanti sviluppi della storia. La stessa idea di aver a che fare con un protagonista ex tossicodipendente testimonia della notevole quantità di riferimenti a mondi diversi che si incrociano dando vita a un intreccio che, lo si intuisce minuto dopo minuto, devia dai binari del giallo classico per seguire percorsi alternativi; ed è per questo che si avrà la spaccatura più netta in chi guarda: non ci si aspettino soluzioni definitive, perché il regista tende a confondere sempre più le acque agganciandosi a qualche indizio lasciato in sospeso per lasciare che tutto turbini e si involi verso lidi più autoriali destinati a deludere immancabilmente chi cerca uno svolgimento più canonico in cui a ogni quesito corrisponda una risposta univoca, avviandosi a un finale quasi "aperto" che lascia grande spazio all'interpretazione dello spettatore. Non una sceneggiatura di ferro quindi, tutt'altro; piuttosto un groviera narrativo solo in parte volontario che finisce col mascherare la scarsa attenzione alla trama in favore di un film che procede soprattutto a sensazioni, sostenuto da una valida colonna sonora e in cui è divertente leggervi qualche anticipazione di PROFONDO ROSSO (il primo piano sugli occhi di Hammings mentre suda, le riprese dall'interno dell'ascensore a gabbia di ferro, il registratore a nastro...). Dispiace veder affogare tante buone intuizioni in un simile oceano d'ambiguità.
Discreto thriller inglese con echi hitchcockiani e argentiani. Registicamente siamo su livelli soddisfacenti e la sceneggiatura è molto interessante: intrattiene per tutta la durata con idee intriganti e vari colpi di scena per poi chiudere tutto con un finale discutibile ma decisamente spiazzante. Ottima l'interpretazione di David Hemmings (in un ruolo che anticipa sotto vari aspetti il Marcus Daly di Profondo rosso) e bravi gli altri attori (tra cui Adolfo Celi in una piccola parte). Piacevole la colonna sonora. Merita di essere riscoperto.
Buon thriller che parte come un canonico giallo all'italiana per finire su sentieri più vicini allo stile di Antonioni. Nel complesso bello, molto allucinato e onirico verso il finale. Sul cast: ottima prova di tutti gli attori (su tutti Hemmings). Un cameo per il nostro Celi.
Bravo Hemmings in un ruolo che ricalca un po' Blow up. La trama parte come un giallo abbastanza classico e cerca di sfondare nel thriller cospirativo. Risultato raggiunto a metà per via di una storia che si ingarbuglia un po' troppo e rende poco chiaro il finale. Vaghi echi del polanskiano Inquilino del terzo piano, in un crescendo di realtà mixata alla follia. Interessante comunque.
Si apre nella meravigliosa Pompei, dove viene ritrovato il corpo di una donna senza vita che solo successivamente si scoprirà aver condotto una doppia esistenza ed è solo l'inizio di un complicato intreccio fatto di suspence, colpi di scena e mistero. Ottima prova di Hemmings per un film dalle cadenze antonioniane, che si concretizza in un puzzle con rimandi anche a L'uccello dalle piume di cristallo. Ottima la fotografia.
Avevo altre aspettative per questo thriller con Hemmings del 1970, invece è stata una mezza delusione per certe soluzioni di sceneggiatura troppo autoriale per un canonico thriller. Buono per tante caratteristiche (Hemmings), meno buono per altre (alcuni collegamenti forzati). A mio parere una mezza delusione (ma forse ripeto, avevo aspettative troppo alte).
Anch'io, come credo molti, ho visto questo film sia per il titolo accattivante che per la presenza di David Hemmings, che ha marcato indelebilmente il cinema italiano d'autore, ma devo dire che questo film è ottimo a prescindere da lui. Il piano perpetrato da una vedova "lungimirante" ha a dir poco dell'incredibile, tanto da venir continuato e sfruttato abilmente da quei pochi che contano veramente. Direi quasi un precursore dei nostri migliori sceneggiati televisivi e il regista di lì a poco si ripeterà con l'indimenticabile Punto zero.
MEMORABILE: Quando alla fine capisce chi è l'autore della risata sarcastica...
L’inizio è da giallo classico (quasi all’italiana) tipico di quei tempi. Col passare dei minuti però l’indagine si trasforma in un incubo paranoico dalle atmosfere polanskiane che ricorda molto alcuni film del maestro polacco. Si procede così senza che il film perda mordente ed interesse per arrivare ad una chiusa che non scioglie proprio tutti i nodi e che, non solo per questo, potrebbe lasciare più di qualcuno insoddisfatto ma che ci può tranquillamente stare. Un buon film in ogni sua componente. Chi ama il genere lo recuperi.
Respingente thriller che non consente mai di farti appassionare alla storia. Ciò a causa di una trama fortemente intricata nella quale è difficile raccapezzarcisi, con l’ovvia conseguenza di tediare a più riprese. Peccato, perché l’inizio faceva subodorare un giallo di stampo argentiano, ma il regista ha preferito spostarsi su lidi maggiormente autoriali rendendo il tutto abbastanza criptico e, in definitiva, poco digeribile. Si salva da un giudizio totalmente negativo grazie a un Hemmings sempre in palla (ben doppiato dal compianto Barbetti).
Thriller britannico non perfetto ma per certi versi sorprendente, che sembra rispettare tutti i canoni del giallo tradizionale (omicidio iniziale, personaggi misteriosi, tensione, colpi di scena) salvo poi culminare in uno spiazzante finale onirico che non offre una spiegazione esauriente e lascia molto (forse troppo) all'interpretazione dello spettatore. Ottima prova di Hemmings, splendida fotografia, discreta colonna sonora. Merita di essere recuperato, fermo restando che ai puristi del genere potrebbe far storcere il naso.
MEMORABILE: L'inizio a Pompei; La risata incisa sul nastro; L'interrogatorio della polizia.
Un film imperdibile per gli appassionati di Profondo rosso perché ci sono elementi che lo anticipano. Non è tanto la presenza di Hemmings, quanto l'atmosfera psicotica generale e qualche elemento decorativo (l'ascensore, il registratore). Per il resto il film di Sarafian, di vaga ispirazione hitchockiana, è girato con cura e poggia su una storia interessante che parte benissimo per poi improvvisamente scemare con scelte narrative non sempre brillanti e con un finale che non lascia del tutto soddisfatti. Bravissimo Hemmings, molto meno gli altri.
MEMORABILE: Hemmings con la faccia nel mare che riflette; La lettera minatoria; L'incontro con la donna sul treno.
Uomini... sull’orlo di una crisi di nervi, più che altro. Con una trama quantomai aperta e un finale spalancato, ci sta tutto e il contrario di tutto in questo film, diventando troppo. La confezione è buona, Hemmings è Hemmings (un’icona del thriller quando i thriller avevano atmosfere inarrivabili), il film scorre e non annoia grazie ai molteplici colpi di scena. Ma. Non saranno un po’ forzati? Più poliziesco che thriller, essenzialmente psicologico, gioca su equivoci e misteri. Che tali rimangono, lasciando una sensazione di incompiutezza.
Richard C. Sarafian scarnifica le fondamenta del giallo classico e ci immerge in un labirinto fangoso, psicotico e, a tratti, decisamente onirico. Ne esce fuori un piccolo gioiello d’atmosfera, con location suggestive, attori straordinari e una soundtrack che entra letteralmente nella testa. L’alienazione si tramuta in un filamento thriller e viceversa e a fine visione ci restano attaccate addosso le stesse lugubri paranoie del protagonista (Hemmings superlativo). Tra i film più originali e sottovalutati di sempre. Da recuperare.
Alla morte misteriosa della zia in vacanza a Pompei Tim si improvvisa detective, ma invece che sciogliere l'enigma si troverà ad annodarlo sempre di più fino a non poter distinguere il reale dallo psicotico. Una trama che non si sviluppa ma procede a frammenti di una ambiguità che rende impossibile qualsiasi partecipazione emotiva a ciò che accade; anzi, a parte qualche trovata scenica non male, subentra ben presto un senso di fastidio per l'inafferrabilità delle intenzioni del regista. Uno stillicidio di indizi che non coagulano mai e di personaggi "volatili", a parte Hemmings.
Dopo il misterioso omicidio della vecchia zia durante una visita a Pompei, uno scrittotre ex tossicodipendente comincia a ricevere avvertimenti minacciosi che lo invitano a non indagare sulla vicenda... Se lo si affronta come fosse un giallo, il film zoppica vistosamente: ritmo sonnolento, personaggi evanescenti, passaggi a vuoto e troppe lacune. Per poterlo apprezzare, bisogna lasciar perdere logica e congruenza per seguire il protagonista in un labirinto paranoico senza uscita in cui il confine tra realtà e immaginazione si fa sempre più sfumato. Bravo Hemmings, notevole la ost.
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