Latteo, sia per il notevole petto della Senatore (della quale si vedono due inquadrature ginecologiche, passate pure in televisione!), sia per quanto si produce alle ginocchia dello spettatore. Il livello è quello di Malombra e, ovviamente, di Penombra. Costretti a scegliere, questo è forse il meno peggio, ma su tutto gravano una povertà generale, un certo dilettantismo attoriale e dialoghi banalissimi ("Ho una terribile emicrania") o follemente inverosimili (vedi sotto). C'è una anacronistica penna biro e c'è Fulvio Mingozzi con indicibili baffi finti.
MEMORABILE: Poli è a letto e guarda la Corazzi che si spoglia, mostrando un retro mozzafiato, e lo raggiunge. Lui manco le si accosta: parla e parla della moglie.
Piccante, almeno quanto deludente. La protagonista non lesina nudità, offerte ora in solitario abbandono, ora in compagnia omosex, cadendo sovente tra le braccia della prosperosa cameriera (la Cavalcanti). La donna, di facili costumi, è indotta a tale esecrabile atteggiamento per ripicca nei confronti del consorte malandrino e sciupafemmine. Non vi sono elementi ulteriori di approfondimento, oltre al sesso trasandato, tranne il costante e morboso senso di tradimento (multiplo, per la bella Senatore) fuoriuscito dalla (mala) penna di Regnoli, qua in vena di (mal) riciclo. Mala(nda)to.
Film gemello di Malombra, ripropone il ménage alla deriva della coppia Senatore-Poli, paludato nel turgore fotografico di Pasqualino Fanetti. Rispetto al primo capitolo del trittico si nota maggior consistenza narrativa – in ogni caso, nulla più di un feuilleton ordinario e noioso - e spregiudicatezza erotica: ad una Senatore particolarmente disinibita che si prodiga in sensuali abluzioni, provocanti vestitizioni, amplessi in solitudine e incontri lesbo, danno man forte gli artistici nudi della fresca Cavalcanti e della diafana Corazzi. Musiche soft-core di Cipriani.
Gravemente insufficiente. Grande spreco di risorse (fotografia, costumi ecc.) per un fotoromanzo in 35mm debolmente erotico e molto noioso, girato con una tecnica che anticipa quella delle odierne fiction da pomeriggio o prima serata, senza però deporre a suo favore. Insulso è l'aggettivo che meglio lo definisce e nemmeno la musica di Cipriani e i nudi delle belle attrici riescono a salvarlo dal monopallino, purtroppo.
La Senatore è indiscutibilmente bella e si offre generosamente, tuttavia oltre alle sue forme non ci sono molti altri motivi d'interesse. La recitazione è terribile e la storia è risaputa, anche le musiche sono invecchiate male. Si salvano invece i costumi, la buona fotografia e anche gli ambienti sono ricostruiti con una certa cura. Insomma, confezione dignitosa ma pellicola men che mediocre con un finale tanto consolatorio quanto deludente.
Secondo tassello del trittico soft allestito da Gaburro con una nudissima Paola Senatore. In effetti sono le morbide rotondità di quest'ultima, con quelle della Cavalcanti e della Corazzi, a reggere questo pesante melodramma erotico ideato da Regnoli senza eccessivi sforzi di fantasia, dato che la trama è solo un pretesto per sciorinare una lunga serie di nudi e amplessi di varia tipologia. Discretamente fotografato da Fanetti ma appesantito da una musica ridondante, non lesina varie scivolate nel ridicolo involontario per la banalità dei dialoghi e la recitazione approssimativa.
MEMORABILE: La lunga scena di autoerotismo della Senatore e la messa all'asta della servetta da parte dei due ricchi ospiti ubriachi.
Bruno Gaburro HA DIRETTO ANCHE...
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B. Legnani ebbe a dire nella SEZIONE IN TV/SATELLITE: Undying ebbe a dire: ... dulcis in fundo, assieme a Malombra un pezzo di Penombra... Attenzione, non è così. Un sunto di questo film, connesso con una raccordo a un sunto di Malombra, fa Penombra.
Ma non è quello che ho scritto?
Ovvero che Maladonna e Malombra son stati parzialmente riciclati in Penombra ...
Ok mi faccio dei voli pindarici che neanche Socrate...
Ma questo mi pare di avere scritto ... o perlomeno volevo far intendere.
Undying ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire nella SEZIONE IN TV/SATELLITE: Undying ebbe a dire: ... dulcis in fundo, assieme a Malombra un pezzo di Penombra... Attenzione, non è così. Un sunto di questo film, connesso con una raccordo a un sunto di Malombra, fa Penombra.
Ma non è quello che ho scritto?
Ovvero che Maladonna e Malombra son stati parzialmente riciclati in Penombra ...
Ok mi faccio dei voli pindarici che neanche Socrate...
Ma questo mi pare di avere scritto ... o perlomeno volevo far intendere.
Avevo capito che tu dicessi che Maladonna e Malombra, insieme, fanno un pezzo di Penombra, mentre, in realtà, ne fanno oltre il 75%.
Chiedo scusa.
La villa non è facilmente identificabile. Pare vicina ad un lago, di modeste dimensioni. Ho pensato a quello di Monterosi e a quello di Martignano, ma solo come "piccolo bacino", senza nessuna base.
Potrebbe anche trattarsi di un lago più grande (Albano o Bracciano), inquadrato in modo particolare.
Gaburro dichiara di non aver finito il film. Ipotizza che l'abbia concluso Pasqualino Fanetti, direttore della fotografia, "che nel frattempo aveva maturato (...) ambizioni di regia". (Nocturno Dossier, ottobre 2006, pagina 41 - notare a pagina 3 una bella immagine della Cavalcanti, presa nel momento in cui si offre a Pino Marrocco).
Detto che nel girare un film si può cominciare anche dalla fine della vicenda, resta il fatto che nel prefinale (consegna dei gioielli) i due attori sono inquadrati in campo lunghissimo, con lungo dialogo fra di loro. Nasce il sospetto che si tratti di controfigure.
Fra l'altro, dopo lo sparo, quando finalmente si vedono Poli e la Senatore, ho avuto una sensazione di già visto. Probabilmente essa mi viene da Penombra, per cui non c'è nulla da dire; ma se venisse (meno probabile, ma non impossibile, nel mio ricordo) da Malombra siamo nel campo dell'ulteriore riciclo....