Vigorosa vicenda, in questo primo film ad alto costo per Wim Wenders, recitato da due grandissimi attori, con l'impietrito Hopper, il cui sguardo è indimenticabile, che dà vita a un favoloso Mister Ripley. Città anonime e livide, la magica presenza di Nicholas Ray (che interpreta un personaggio da racconto di Buzzati), un'ipnotizzante serie di scene in metropolitana (pure con risvolto umoristico), la tragedia finale. Un film molto tedesco e molto buono. Inutile il rifacimento della Cavani.
Grande film di Wim Wenders, uno dei suoi migliori sicuramente. Tratto da un romanzo di Patricia Highsmith, ha uno dei suoi punti di forza nella grande interpretazione dei due protagonisti principali (ma anche il piccolo ruolo di Nicholas Ray è da ammirare). La storia in se stessa non ha poi molta importanza, quello che rende grande questa pellicola è come è stata girata e l'atmosfera che si respira in essa. Sicuramente non per tutti (il ritmo è lentissimo), ma da vedere assolutamente.
Patricia Highsmith si è dichiarata insoddisfatta dell'adattamento, delusa probabilmente dal trattamento riservato a Ripley, che da dandy amorale e cinico è stato trasformato in un alcolizzato depresso. Ma il film di Wim Wenders è, fuori da ogni dubbio, un capolavoro, un thriller esistenziale diretto in stato di grazia e capace di alternare momenti di suspance ad altri silenziosi ed introspettivi: cinema Americano riletto con sensibilità Europea. Rifatto da Liliana Cavani col titolo Il gioco di Ripley.
Da un libro della Highsmith, che verrà ripreso dalla Cavani con risultati
pietosi, uno splendido film del regista tedesco che si mostra molto ispirato e la cui
regia è corroborata da un duetto di protagonisti in forma eccezionale. In parte diverso, ma non troppo, da altri film di Wenders: per questo motivo potrebbe piacere anche a chi solitamente non ama il suo cinema. Intrigante, intelligente, intenso. In poche parole: bellissimo. In due piccole particine compaiono Nicholas Ray e Samuel Fuller.
Sintesi mirabile e vetta altissima del cinema (migliore) di Wenders e della sua tendenza a coniugare classicità di una certa off-Hollywood (qui meritoriamente materializzata nei cameo di Nick Ray e Sam Fuller come nell'interpretazione di Hopper) e new wave autoriale europea. Paradossalmente proprio il suo ritmo catatonico lo fa esser fedele alle atmosfere della Highsmith e fa sì che il film vada incontro ad un ineluttabile finale come il suo protagonista (Ganz attonito è superbo) al suo fatale destino di morte.
MEMORABILE: L'inseguimento senza fine in metro e il finale sul mare.
Solitamente, quando un regista importante e "autoriale" si cimenta con una trama di genere - in questo caso un thriller - il risultato non delude. In questo caso, ad esempio, una storia scarsamente credibile (soprattutto per quanto riguarda il protagonista) passa in secondo piano rispetto all'attenta scelta di location e inquadrature e, cosa che vale per molti film di Wim Wenders, colori. Imperfetto, ma di grande fascino.
Una eccellente fotografia e attori in grande forma (perfino Dennis Hopper offre un'interpretazione "pulita", dove si riconosce comunque il suo stile, ma che rimane equilibrata, senza gli eccessi che gli sono congeniali), sono un ottimo punto di partenza per un buon lavoro. Bisogna poi aggiungere atmosfere che lasciano il freddo nelle ossa, ma anche scene calde, di una suspense ben calibrata, per completare un quadro dal contenuto che intriga ed emoziona e ben "incorniciato". Bel cameo dell'"amico americano" di Wenders, il regista Nicholas Ray.
Di una bellezza disarmante, con una fotografia che come poche dà anima alle solitudini dei personaggi che si muovono all'interno di una vicenda narrata con ritmi che non potrebbero essere che quelli. Per non parlare del doppiaggio italiano, di Hopper in particolare. Peccato che il palazzo di Amburgo non esista più, come il TEE dal cui finestrino della motrice Ganz si mette a gridare: lo avrei inserito come meta di pellegrinaggio.
Da smantellare dalle fondamenta, a prescindere dalla celebrità di attori quali Hopper e Ganz e ancor più da quella di Wenders. Intanto il torto che vien fatto al protagonista è una bastardata lunga come la Via Lattea: così sì che si fa peggiorare la stato fisico di un poveraccio! Inoltre, quando gli viene detto il motivo alla fine, io dallo sdegno per la bassezza mi son squagliato come neve al sole. Quanto agli scenari magistrali o presunti tali, a proposito di Amburgo, basta solo Coralba, che non è neanche un film, a frantumarlo come un vaso di terracotta.
Più che un intrigo mafioso, la storia del corniciaio-killer (grande Ganz) assume, in questa lettura del romanzo di Highsmith, toni da mito greco, con l’uomo al centro di complotti tra litigiosi dèi. Wenders interpreta il thriller su toni esistenziali, arrivando quasi a toccare la domanda sulla vita (su questa vita e sui suoi trabocchetti) e componendo un film di luoghi urbani, spazi e spostamenti. Senza rinunciare a una perfetta composizione narrativa che riserva, soprattutto nei due delitti, momenti incalzanti di grande presa.
Delle tre punte di diamante del vecchio "nuovo cinema tedesco", Wenders è quello che amo di meno: troppo celebrale, oscillante fra l'autismo autoriale e la logorrea didattica. Questo film costituisce un'eccezione, come se la costrizione in un genere ben definito, invece di mortificarne l'estro, lo avesse incanalato verso un maggior rigore: il risultato è un thriller esistenziale cristallino e straziante, con Ganz eccezionale nella sua umana fragilità e Hopper che, nel disegnare un Tom Ripley assai distante dal personaggio letterario, consegna al cinema un'icona indimenticabile.
MEMORABILE: La sequenza nell'omicidio sul treno; Il finale sulla strada, con la macchina rossa che inizia a sbandare
Wenders gira con profonda grazia, offrendo delle immagini di una bellezza disarmante senza ricorrere a superficiali orpelli formali. Il ritmo dilatato e la meravigliosa prestazione attoriale di un sommesso Ganz permettono alla spettatore di entrare in punta di piedi nel cuore della vicenda che regala momenti di pura poesia accompagnati a momenti di profonda riflessione. Ganz è bravissimo a interpretare un personaggio non facile, impotente di fronte a situazioni molto più grandi di lui; Hopper è perfetto in un ruolo a lui congeniale. Bellissimo.
Sorprendente nel senso che davvero ti sorprende e dopo i titoli di coda bisogna lasciar passare qualche tempo prima di riflettere su quel che si è visto. Una storia da thriller americano con un protagonista molto tedesco, come molto nordiche sono le atmosfere delle livide città in cui si snoda. D'altra parte invece si sente molta nouvelle vague nella sospensione dell'assurdo che la sceneggiatura ci richiede per lanciarsi verso una libertà pura e gioiosa, con triste epilogo. Forse non perfetto, ma dominato da personaggi veri e sinceri.
Da sempre affascinato dal cinema americano Wenders firma il suo personale omaggio al noir adattando il terzo romanzo che Patricia Highsmith ha dedicato al personaggio di Ripley. Ne esce una sorta di giallo esistenziale dove si confrontano due diverse concezioni di cinema, quella hollywoodiana di genere e quella europea d’autore. Il risultato ricorda a tratti i polar di Melville. Ottimo Ganz, sopra le righe Hopper che nella versione italiana è doppiato da una vocina stridula alquanto ridicola. Bellissima la fotografia calda e pastosa di Robby Muller.
MEMORABILE: L'inseguimento nella stazione della metropolitana parigina; L'omicidio sul treno; La fuga finale di Ganz sul maggiolino rosso lungo il bagnasciuga.
Wenders entra a piedi uniti nel giallo (targato Highsmith) e come sempre nel suo cinema riesce a piegare la trama a proprio piacimento trasformando una storia thriller in un dramma umano nel quale sono i personaggi a farla da padrone. Dal piccolo insignificante uomo che prende vita grazie al crimine, al criminale da quattro soldi che ne diventa amico e complice, tutti sono attori di una tragedia grottesca chiamata vita e il regista tedesco li fa volare alti con una regia attenta e immagini evocative. Finale struggente, nella sua scarsa epicità.
Corniciaio gravemente malato viene assoldato per due omicidi. Gli ingredienti del noir o del thriller ci sarebbero tutti, ma Wenders si concentra sul lato angoscioso della vicenda a livello umano. Ganz viene schiacciato pian piano in un vortice di scelte difficili da gestire e Hopper sa essere ambiguo (peccato lo scarso doppiaggio). Girato con senso del ritmo e inquadrature ricercate che si mescolano benissimo nelle diverse location, quasi a farne una tragedia universale. L’ultima parte più avventurosa perde qualcosa.
MEMORABILE: Le telecamere in metropolitana coi spostamenti di Ganz; Il blu cambiato nel quadro; Le analisi finte; L’ambulanza fatta esplodere.
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DiscussioneFauno • 24/01/13 15:56 Contratto a progetto - 2742 interventi
Il bello è che Hopper quando all'inizio vede l'attinenza del fiume Elba con un fiume americano, fa finta di intonare una poesia...In realtà intona i primi versi di THE BALLAD OF EASY RIDER dei Byrds. Lui è sempre un grande...FAUNO
HomevideoRocchiola • 14/11/18 10:41 Call center Davinotti - 1236 interventi
Il bluray della RHV presenta la versione del film restaurata e recentemente riproposta anche nelle sale cinematografiche. Si tratta di un prodotto davvero eccezionale con video presentato nel corretto formato panoramico anamorfico, pulito, molto dettagliato e dai colori vivi e caldi che esaltano al meglio la fotografia dello storico operatore di Wenders, Robby Muller. L'audio italiano DTS-HD 5.1 opportunamente remixato è ottimo. Insomma finalmente una distribuzione italiana in HD davvero di alto livello. La didascalia inziale del BD ci informa che il restauro è stato realizzato partendo dal negativo originale 35mm il quale è stato scansionato, restaurato e corretto fotograficamente alla risoluzione di 4k. La colonna sonora originariamente mixata in mono, è stata remixata in dolby stereo utilizzando i nastri magnetici originali. L'edizione originale non è stata in alcun modo alterata, il restauro è stato eseguito nei laboratori della ARRI Flm & Tv di Berlino.
DiscussioneRocchiola • 14/11/18 11:29 Call center Davinotti - 1236 interventi
Segnalo che nel film oltre alle apparizioni di famosi registi come Nicholas Ray e Samuel Fuller, troviamo anche il cantautore americano David Blue prematuramente scomparso nel 1981 a soli 41 anni per un attacco cardiaco. Sono almeno tre gli album di questo artista degni di menzione:
DAVID BLUE del 1966, un disco registrato nel boom della Greenwich Village folk music, sulla scia del Dylan elettrico di Blonde on blonde e Highway 61 revisited.
STORIES del 1972 disco capace di predatare il suono alternative country degli anni 90.
NICE BABY AND THE ANGEL del 1973 che sulla scia del precedente contiene la versione originale di Outlaw man portata al successo dagli Eagles la cui versione è presente sull'album Desperado.