Note: Tratto da "Tito Andronico", la prima tragedia di Shakespeare, che narra le vendette incrociate del generale romano Titus e di Tamaora, regina dei Goti portata a Roma come prigioniera e poi divenuta sposa dell'imperatore Saturnino.
Tragedia poco rappresentata in teatro e forse mai portata sugli schermi, una vicenda di omicidi, stupri e amputazioni, grondante sangue e ferocia. Come spesso accade nei recenti adattamenti, viene mantenuto il verbo shakespeariano e stravolta l'ambientazione, con un mix barbarico/moderno di indubbia efficacia anche se non inedito. Oltre alle belle scenografie di Dante Ferretti e ai costumi fantasiosi, spiccano le interpretazioni del cast bene assortito. Nello stesso genere, non bello come Riccardo III (1995) ma comunque molto interessante.
MEMORABILE: All'inizio, la scena ambientata nell'arena, con i soldati coperti di fango che portano i corpi dei figli di Tito caduti in battaglia.
Trasposizione ciematografica di un'opera di Shakespeare poco conosciuta dal grande pubblico, Tito Andronico. La regista ambienta il film nel ventesimo secolo in una Roma segnata da intrallazzi politici e guerre per il potere. Il film si segnala per la buona prova di un cast bene assortito ma nel complesso l'operazione appare abbastanza deludente perchè (nonostante premesse ed apparenze) poco originale e volta più all'estetica che alla sostanza.
Bella trasposizione cinematografica dell'opera di Shakespeare. Anthony Hopkins, che io vedo molto bene anche come attore teatrale, offre una bella interpretazione. La vicenda è molto cruda e il cast di attori nobilita il risultato. Ottimo dal punto di vista tecnico e di sceneggiatura. Consigliato.
Da Shakespeare un film che divide la critica tra coloro che lo definiscono bieco esempio kitsch e quanti invece lo dipingono alla stregua di un capolavoro. Propendo per la seconda posizione, supportato dalla grandezza altisonante del cast alle prese con una riduzione quasi integrale del testo originale. La violenza fa il paio con le frasi culto che, seppur contestualizzate rendono omaggio al grande poeta. Superbo Aronne che in punto di morte afferma: "Se mai feci una sola buona azione in tutta la mia vita, me ne pento dal profondo dell'anima".
Film a molti sconosciuto e sottovalutato. Ottima interpretazione teatrale di due grandi del cinema, Hopkins e Lange. Un film che deve essere visto almeno una volta, crudo, brutale e straziante, tanto che ti entra nelle viscere, quasi arrivi a sentire il dolore patito dalla povera figlia brutalizzata spietatamente. Trasposizione di un peplum nel XX secolo. Una grande prova di sperimentazione da parte della sottovalutata Taymor.
Esperimento coraggioso da parte della Taymor e, direi, riuscito. Sì, perché riportare sullo schermo il Titus Andronicus senza perderne la valenza poetica e, allo stesso tempo, appesantirlo, non era impresa facile. La pellicola invece, grazie anche a un cast azzeccato (con qualche mela marcia) si dimostra coinvolgente a livelli incredibili, emozionando in ogni momento. Scenografie molto curate che contribuiscono all'aria di surreale che ben si presta a una pellicola in bilico tra moderno e antico; scelta rischiosa ma intelligente.
MEMORABILE: Lennix, nei panni di Aronne, non si pente neanche nel momento più disperato.
Non è un’attualizzazione dell’omonima tragedia, semmai l’assolutizzazione di un tema travolgente e terribile, senza tempo: la vendetta. Se Shakespeare innesta il barocco sull’antica Roma, Taymor cala quest’innesto in una Roma di volta in volta archeologica o felliniana, dall’Eur al centro storico, ottenendo una stupefacente folgorazione visiva che accompagna l’orrore del racconto. Più immaginifico che insidioso alla Jarman, visionario alla Greenaway o fantasioso alla Luhrmann, il film fa sgranare gli occhi per il fascino e spalancare la bocca per la crudeltà.
Coraggiosa e riuscitissima impresa di trasposizione cinematografica di quella che viene considerata la prima opera di Shakespeare. Lavoro riuscito anche grazie ad un cast di notevolissimo spessore (primo fra tutti da segnalare un Hopkins magistrale) abbinato a scelte scenografiche altrettanto sorprendenti. Un film tutt'altro che "leggero", considerata la tragicità degli eventi raccontati, ma che dimostra la bravura tecnica del cast e della regista.
Tratto dal Tito Andronico (una tragedia quasi pulp), è una vorticosa commistione di antico e moderno fra omicidi, sangue e guerre per il potere. La Roma dove si svolgono le vicende è ripresa in diversi periodi storici giustapposti, così come i costumi sono un interessante amalgama fra il perido classico e gli anni '40. L'esperimento è azzardato ma può dirsi riuscito, soprattutto perché si accompagna bene alla crudezza, a volte iperbolica, delle vicende narrate. Alla sua prima opera sul grande schermo la Taymor si destreggia con abilità.
MEMORABILE: L'arrivo dei soldati coperti di fango; Aronne che non si pente neanche di fronte alla condanna.
Una delle tragedie meno conosciute e più violente ed anche, a tratti, avvicenti di Shakespeare. L'attualizzazione del testo è meno fastidiosa che in altri casi, perché si limita, in gran parte, all'uso dei
costumi e delle scenografie che fanno davvero una bella figura. I temi della violenza e della vendetta si adattano perfettamente anche al presente. La Lange è scatenata, Hopkins un po' ingessato ma
se la cava bene; gli altri un po' meno. Ritmo discreto nonostante la lunga durata, ma alla fine sembra mancare qualcosa per elevarsi.
Il "Tito Andronico" di Shakespeare, poco nota tra le sue opere, era stato già adattato dalla regista Julie Taynor (qui al suo esordio cinematografico) a teatro. Trattasi di opera particolarmente "nera" come il "moro" Aronne, deus ex machina di tutta la vicenda. Con una messinscena particolarmente ambiziosa (complice la splendida fotografia di Luciano Tovoli) e una sceneggiatura che mescola diverse epoche, ne vien fuori un'operazione coraggiosa, che non ha avuto il riscontro sperato. Da recuperare.
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DiscussioneRaremirko • 28/07/18 23:40 Call center Davinotti - 3862 interventi
Notevole trasposizione Shakespiriana (che, per i tempi moderni impiegati, richiama il Romeo and Juliet di Luhrman e Hamlet 2000) con i soliti temi cari al drammaturgo: potere, avidità, cattiveria, ecc..
Cast notevole (Hopkins in forma, la Lange a tratti conciata come il Voldo di Soul calibur e Cumming è un despota uterino) - e si, c'è pure Raz Degan, in una partecipazione poco pubblicizzata a dirla tutta - tanta visionarietà e la Taymor, regista di origine teatrale, dimostra di saperne tanto di cinema, aiutata da 3 talenti italiani: Canonero, Tovoli, Ferretti.
I 150 minuti di durata non pesano affatto ed il film è vario ed invitante.