Tra le varie sciocchezze che ho fatto in vita mia, c'è stata anche quella, in un pomeriggio di qualche anno fa, di forzarmi a vedere a tutti i costi questo film greco di quasi 4 ore coi sottotitoli. Ovunque è recensito come un capolavoro assoluto, addirittura c'è chi lo definisce il miglior film degli anni '70; beh accomodatevi, e poi mi farete sapere. Gli assegno comunque due pallini, questo per dire a che livello di condizionamento sia arrivata la critica: non riesco infatti a dargli di meno.... che vergogna.
La recita (cioè la compagnia teatrale) è un vero e proprio film-manifesto, nel quale è espressa forse al più alto grado la poetica di Angelopoulos. Film corale ed a un tempo intimo, solenne ed antiretorico, lirico e storico, emoziona e assorbe lo spettatore nel fluire delle immagini-vicende. Una compagnia teatrale attraversa la Grecia e la sua storia, ma diviene metafora della condizione umana tutta. I piani sequenza ribaltano le prospettive storiche e legano momenti nel tempo distanti ma politicamente conseguenti. Capolavoro!
MEMORABILE: Un resistente davanti al plotone di esecuzione nazista: "Io vengo dalla Ionia. Da dove venite voi?". Il comandante: "Feuer!" (Fuoco!).
Le epoche del passato convivono nello spazio-tempo di una Grecia paesana, radicata nella sua infelice storia recente di guerre (mondiale e civile). Viaggio ipnotico e poetico di 4 ore, di profondo impegno civile e politico, in compagnia di un gruppo di attori girovaghi sulle strade desolate (folgoranti le loro apparizioni), che recitano una commedia d’amore e intanto vivono archetipiche tragedie familiari. Il movimento sinuoso della cinepresa accompagna la saga in lunghi piani sequenza, di silenzio interrotto da poche parole e tante canzoni.
Mastodontico e fluviale viaggio (umano, storico e politico) che rappresenta, come radiografia collettiva e della memoria filtrato attraverso lo sguardo di un gruppo d’attori itineranti, la storia greca dal ’39 al ’52 tramite il flusso della narrazione e dei pianosequenza che intersecano e poi dividono l’ordine cronologico degli avvenimenti, ciò per impreziosire la documentazione del vissuto nella dimensione intima e storica della propria terra d’origine. Contemplativo e ascetico, è il percorso solenne e sofferto di un’umanità indifesa.
MEMORABILE: Elettra che torna dal fratello; La battaglia verbale a suon di canzoni all'interno del locale; L'applauso di fronte alla tomba.
Tra storia (della Grecia) e teatro, il vero, definitivo kolossal del tedio, un sovrumano susseguirsi di infinite marcette con canti popolari e metateatro antidiluviano sparati verso il nulla cosmico e ulteriormente annullati (fisicamente) da attori, costumi e confezione di trasandato e snervante grigiore. Lo stupro e la scena di nudo (ma quei pixel?) affondano nel torpore generale. In definitiva una tortura senza sosta, in grado di instillare seri dubbi nella fede cinefila del più cinefilo degli spettatori. Lasciate ogni speranza...
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Rebis ebbe a dire: A me sono bastati Lo sguardo di Ulisse e Paesaggio nella nebbia per capire che posso risparmiarmi le quattro ore di La recita senza troppi rimpianti :)
Beh, anche in Paesaggio ci sono cose stupende, ma è nel complesso che il film non si regge... troppa consapevolezza, troppa sovraesposizione registica, troppa pesantezza senza scampo. A volte rischia il ridicolo...
Rebis ebbe a dire: Beh, anche in Paesaggio ci sono cose stupende, ma è nel complesso che il film non si regge... troppa consapevolezza, troppa sovraesposizione registica, troppa pesantezza senza scampo. A volte rischia il ridicolo...
L'insostenibile pesantezza dell'essere e prerogativa del regista greco
Io di Angelopoulos vidi soltanto Lo sguardo di Ulisse parecchio tempo fa, sicuramente non nelle condizioni migliori (in classe in prima o seconda superiore). Me lo ricordo una discreta noia ma mai quanto La recita. Anche solo per la presenza di Keitel e lo spunto cinefilo alla base del soggetto.
La critica ufficiale ha sempre osannato Angelopulos (almeno negli anni '70, poi è un po' finito nel dimenticatoio critico), ma leggendo le recensioni dei suoi film mi sono sempre fatto l'idea di prodotti pesantissimi e quindi non ho mai visto nulla diretto da lui.
Credo che non troverò mai la forza di avvicinarmi a qualche suo film.
Se Zender sei d'accordo aggiungerei come aka "Il viaggio dei commedianti". All'epoca quando fu presentato a Cannes ed in altre rassegne internazionali non aveva una distribuzione italiana e fra gli addetti ai lavori veniva chiamato così.
Credo che Angelopoulos vada visto con la consapevolezza di entrare in un mondo a sé: lento, maestoso, carico di simboli e ammiccamenti, ipnotico, soporifero a tratti e folgorante in altri momenti. Difficilmente vedo un film di Angelopoulos scegliendolo tra altri: lo tengo lì per giorni, settimane, mesi, finché scatta la "serata da Angelopoulos", quando hai voglia di sprofondare in un ritmo rarefatto per lasciarti trasportare in un mondo onirico (magari con pennichella a metà proiezione...). Allora diventa proprio magico!