Rassegna estiva
EsoticaErotica
Un'estate al tropico dei sensi Al tropico dei sensi negli anni '90, più che un ritorno ad un sottogenere che non avrebbe più ragione di esistere, un tributo nostalgico (Bonifacio farà la stessa operazione omaggiando il thriller nostrano settantiano con
La strana storia di Olga O) ai vari Scattini (la crisi di coppia sotto le palme dei tropici) e a sant'Aristide (esplicitamente citato nella scena in cui la Hampton passeggia in una spiaggia spettrale contorniata dalle palme e sfiora per un pelo uno stupro di gruppo che fa parecchio
Sesso nero), rafforzato dalla OST di Gianni Ferrio che replica gli umori settantiani (ma leggo in giro che la colonna sonora è riciclata) e da un dialogo sulla libertà sessuale degli anni 70 messo in bocca a Cinzia Monreale.
La regia di Bonifacio non è nemmeno malaccio, la fotografia risalta lo splendore delle location domenicane, ma a mancare è una vera sceneggiatura (anche se porta la firma del fulciano Daniele Stroppa) e pare che domini l'improvvisazione con un finale terrificante di rara sciatteria.
Un vero peccato, perchè c'erano tutti i presupposti per una deriva tragica (i due "cornuti" che meditano vendetta su Leon che si è preso le loro donne), lasciata cadere per una svolta imbarazzante e buttata lì superficialmente, giusto per chiudere in fretta e furia la pellicola.
L'intrigo amoroso, le gelosie, l'atmosfera tropicale che scatena i sensi e la libertà sessuale funziona a intermittenza, gli amplessi sono plastici e stucchevoli, tipici dell'erotismo patinatissimo alla
Playboy degli anni '90 (nell'incipit la Hampton e Losito ci danno dentro, ma con poco coinvolgimento se non nella scena della doccia, di cui la Hampton regala l'unico nudo integrale del film) e resta arduo credere che un baccalà inespressivo come John Armstead possa stregare tutte le belle ragazze occidentali che incrociano il suo sguardo da pesce lesso.
Se il cast maschile è approssimativo (buono comunque il ruolo di Marco Carbonaro, italiano a Santo Domingo in cerca della sua ragazza scomparsa affetto dalla sindrome dello zerbino) nel reparto gineceo il film dà il suo meglio con una Hampton carica di sensualità, una bellissima Cristina Rinaldi (cultissima la scena delle due che si guardano in cagnesco per lo stesso uomo da dividire) che si prodiga in "focose" congiunzioni carnali con quello stoccafisso di Armstead (nulla di chè, ma lei è uno spettacolo) e un'affascinante e milfesca Cinzia Monreale, scrittrice di romanzi d'amore (ai tropici, guarda caso) in crisi, che filosofeggia ma, ahimè, non si spoglia mai.
Tolto il notevole reparto gnocca, rimane un pò poco, se non l'esotismo delle ambientazioni e qualche situazione un pò perversa (ma sempre all'acqua di rose), come la passione cuckold di Losito, che si eccita vedendo la sua donna desiderata dagli altri uomini.
Ne è passata di acqua (marina) sotto i ponti dalle ragazze dalla pelle di luna, dalle Emanuelle nere e dei dii serpenti, e Bonifacio tenta di restituire quelle atmosfere tropicali ormai perdute. A stento pare ci riesca, ma il filmetto naufraga inesorabilmente in una via di mezzo tra una telenovela e i patinatismi d'accatto zalmankinghiani, con un erotismo innocuo che non lascia nessun segno.
Ovviamente merenghe a profusione e di sculto il momento in cui la Hampton (bellissima quando mette il broncio) vuole trombare con Armstead (cosa ci troveranno le donne in lui quà ma anche bho), ma lui, inflessibile, le dice che c'è un tempo per l'amore e uno per il cibo e che adesso si mangia! (sic!).
E questa volta gli "indigeni" (a parte uno che soddisfa le voglie della Garavaglia) restano a guardare.
Kreola sarebbe il nome di battesimo della Hampton con nessuna correlazione all'esotico colore della pelle come farebbe credere il titolo un pò truffaldino.