I racconti del cuscino - Film (1996)

Sesso e aspirazioni filosofiche. La particolare "dattilografa" Nagiko disegna su 13 corpi maschili altrettanti libri per vendicarsi di un editore. Sesso a buon mercato, con nudi integrali mostrati senza grossi problemi. La contaminazione tra eros e arte non funziona molto. Discreto il cast: sufficiente McGregor, passabile la Wu.

Tavanata galattica di un Greenaway ormai spinto oltre ogni convenzione filmica. La prima ora è un collage pesante e sconclusionato di immagini multiple e didascalie (come nel precedente L'ultima tempesta), poi qualcosa si concretizza (l'incontro col traduttore, la vendetta di Nagiko) ma lo spettatore è già agonizzante e non gli vengono risparmiati ulteriori colpi bassi. Qualche bella immagine, musiche da dimenticare, attori insipidi.

Una delle opere più belle ed eroticamente intense di Greenaway, che costituisce un esempio di grande abilità registica e sfruttamento ai massimi livelli delle capacità del linguaggio cinematografico. il film rappresenta un raffinato e criptico gioco di sensi e di linguaggio. La divisione in capitoli rende il film più scorrevole ed assimilibile, soprattutto a chi è abituato ad altro cinema. Accattivante.

Questa pellicola conferma che Greenaway è uno di quei registi che o si ama o si “odia”. E dinanzi a tale supponenza che il regista mostra pienamente in questa sua “opera” (ma anche in tanti altri film) non si può che scegliere la seconda via. Cerca di toccare temi alti, si concede (al solito) inutili tecnicismi e formalismi fini a se stessi quando non fastidiosi ed alla fine riesce ad essere superficiale come accade a pochi. Emozioni? Neanche a parlarne. Erotismo? Roba da ridere. Solo per gli “adepti” del regista.