La vendetta del mostro - Film (1955)

Buon sequel per un film mitico. Stanato dalla sua palude con la dinamite (sic!) e portato in un acquario della Florida per essere esposto come attrazione turistica, il mostro giustamente si incazza, fugge e tenta nuovamente di accoppiarsi, questa volta con la bionda Nelson, meno stuzzicante della mora Adams. Rispetto al primo, l'ambientazione cittadina fa perdere un po' di poesia (mancano le belle evoluzioni acquatiche), però il mostro fuori del suo ambiente naturale fa ancora più tenerezza.

Scherzando, lo chiamavamo "il mostro della laguna nera va in città"! Ottimo sequel dell'originale del 1954 (ma non ci dimentichiamo che, mentre il primo giunse in Italia subito, questo vi arrivò soltanto nel 1959 e il terzo, Terrore sul mondo, addirittura nel 1960, sempre per via del già ricordato "effetto Sputnik"). Peccato manchi la bellissima Julia Adams, ma la bionda Lori Nelson, un simpatico John Agar e un look "very Fifties drive-in-movie", non ce la fanno rimpiangere troppo (solo un pochino, magari). Comunque, un piccolo classico.

Una goffa introduzione vede la creatura catturata e portata in un acquario, poi il film decolla e supera per azione e idee il classico predecessore. Arnold non brilla per una regia particolarmente ispirata, ma il film in certe sequenze è moderno e pure violento. La fuga del mostro, l'irruzione nella sala da ballo... Scene memorabili che serviranno da manuale per molte pellicole a venire. Si ripete anche la famosa sequenza del bagno, questa volta tipo ménage à trois, in maniera meno convincente. Affrettatissimo il finale che riutilizza addirittura le stesse inquadrature del primo capitolo.

Il modello è King Kong (il mostro sradicato dal suo ambiente e gettato in pasto alla gente e agli scienziati). Ma il tutto è stato confezionato bene, con spiegazioni scientifiche che partono da basi reali (la respirazione branchiale, l’ossigenazione), per poi scivolare in maniera quasi naturale nella fantascienza (l’uomo pesce con una predilezione per le nostre femmine). Il ritmo è quasi costante, a parte qualche siparietto tra i due scienziati (lei è un bel pezzo di ittiologa) e il mostro dà soddisfazione (studiato, elettrificato e quasi addestrato). Peccato solo per il frettoloso finale. Buono.

Secondo capitolo del mitico uomo-pesce, questa volta stanato, catturato, studiato e più arrabbiato che mai. Il paradigma bestia/bella si rivela nell'attrazione del mostro che insegue la bella biondina scienziata. Attori dalla recitazione opaca, a parte il protagonista che lascia un'impronta indelebile...

Instant sequel sulle peripezie del mitico Gill Man, ha l'intelligenza di non buttarla in caciara ma di puntare ancora sulla professionalità tecnica del capostipite, affidando alle chiare ascendenze Kingkonghesche dello script di Berkeley il compito di inserire nuove tracce tematiche (la "diversità" del mostro, la violenza voyeuristica della "civiltà"). Lascia piuttosto a desiderare però, nel confronto col precedente, un cast decisamente più spento, che lascia al solo scafato capitano di Nestor Paiva il ruolo di trait d'union. Tenero reperto d'epoca.

Inferiore al suo precedente archetipico non manca comunque di un suo fascino, molto legato alla psicologia (diciamo così) della creatura mostruosa e alla sua relazione fantasmatica con la bella di turno. Atmosfera generale più che buona e così tutto il resto, cast e dialoghi compresi. Notevoli le sequenze acquatiche. Trattasi di artigianato di qualità, con in più il tocco alla Arnold. Vedibilissimo e divertente.

Non contenti dell'ecatombe del primo film, gli scienziati si armano nuovamente per catturare Gill-Man, stavolta riuscendoci. La prima parte girata all'interno della laguna risulta la migliore del film, con ottime immagini anche sott'acqua. Poi si passa in città e la trama inizia a sfilacciarsi per cedere totalmente nella seconda metà del film, che diventa quasi un remake della storia di King Kong. Il mostro diventa una macchietta e troppo tempo viene destinato al flirt tra i due protagonisti umani.

Parte diretto e senza fronzoli e va al cuore dell'ideologia inconsciamente espressa da Arnold: la sottomissione e lo sfruttamento del diverso. La tematica scientista, tuttavia, non viene poi sviluppata e la storia si adagia voluttuosamente sulla consueta dialettica bella/bestia (con inserti da Laguna blu). La tutina di lattice più famigerata del cinema si diporta con datata, ma adeguata brutalità. Belle, al solito, le riprese subacquee.

Torna Jack Arnold alla regia per la seconda avventura del Gill-man. Il mito di King Kong si ripresenta prepotentemente, con l'uomo-pesce catturato ed esibito in pubblico, fino alla prevedibile ribellione con fuga. Pur mancando la novità iconica del primo film, anche questo sequel si assicura l'appagamento del pubblico esibendo pregevoli riprese underwater e accentuando quel senso di romanticismo tragico che piacerà tanto a Del Toro (l'immagine del mostro che osserva affascinato la bella dal vetro dell'acquario). Un paio di incongruenze e di ripetitività si fanno perdonare. Godibile.