Intolleranza: Simon del deserto - Corto (1964)

Intolleranza: Simon del deserto
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Titolo originale: Simón del desierto
Anno: 1964
Genere: corto/mediometraggio (bianco e nero)
Note: Leone d'argento alla Mostra di Venezia (1965). La corta durata (circa 45 minuti) fu dovuta a problemi di produzione che portarono Buñuel a concludere il film a metà, anche se l'opera si presenta compiuta.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 21/01/09 DAL BENEMERITO DANIELA
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Daniela 22/01/09 08:16 - 12654 commenti

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Lo stilita Simon osserva il mondo dall'alto della sua torre, ignora la madre che vive ai suoi piedi, compie miracoli (poco apprezzati), parla con Dio (che non risponde) e soprattutto cerca di resistere alle tentazioni di Satana, una bionda sfacciata che gli presenta sotto diverse forme (bimba, buon pastore, morta nella bara). Bunuel torna a parlare dell'inutilità del sacrificio in nome della fede, con questa parabola beffarda in cui il santo Simon finisce nell'inferno del mondo moderno.
MEMORABILE: Silvia Pinal vestita come una scolaretta; Simon che benedice il suo dente; Il ballo degli ossessi.

Pigro 26/07/09 09:37 - 9664 commenti

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Uno stilita nel deserto subisce le tentazioni di Satana in veste di procace ragazza. ma lui resiste, è veramente puro e fa miracoli, finché il demonio non lo trasporta in un imprevedibile "sabba". Grottesco apologo sulla fede e sul sacrificio, realizzato con gusto surreale e perfido sarcasmo. La brevità imposta all'opera dal produttore esalta l'aspetto di parabola malata: il "sabba", che avrebbe dovuto rappresentare una svolta narrativa, diventa così un finale aperto e inquietante. La visione giusta è ridendo beffardamente della religione.

Cotola 10/09/10 19:27 - 9039 commenti

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Gran bel film di Bunuel sulla fede ed i suoi (inutili) sacrifici. Semplice nello stile, limpido negli intenti: ferocemente beffardo, sarcastico e "blasfemo" nei confronti del sacro ma anche profondamente religioso come solo il cinema del grande regista spagnolo ("ateo per grazia di Dio")sapeva essere. Intenso nonostante la breve durata dovuta a traversìe della produzione. Meritato premio della giuria a Venezia. Uno dei film da riscoprire del periodo messicano. Da paragonare a Nazarin con il quale condivide alcuni aspetti.
MEMORABILE: Tutte le apparizioni sataniche della Pinal. "E' la vita ubriacone, devi sopportarla, devi sopportarla fino in fondo".

Pinhead80 17/04/11 00:38 - 4757 commenti

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Lo stilita Simon vive la sua ascesi nel deserto. Lì, immobile sopra la sua colonna, prega Dio, compie miracoli e ascolta tutti, anche chi vuole mettere a repentaglio la sua benevolenza. Il demonio (sempre sotto forma di donna) lo tenterà in varie maniere. Altro immenso (se pur breve) capolavoro di Bunuel che mi ha lasciato esterrefatto e pieno di domande. Siamo di fronte a un'opera unica e intensa che riesce ad avere senso pur essendo incompiuta. Questa incompiutezza però ha donato al film, a parer mio, una potenza ancora maggiore. Chapéu.

Giùan 7/06/11 16:44 - 4559 commenti

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Illuminato dall'inconfondibile tocco Bunueliano, pervaso da un superbamente amorale senso religioso, Simon del deserto paradossalmente acquista ancora più forza grazie alla breve durata (dovuta invece a contingenze produttive). La straordinaria fotografia di Figueroa ci mostra l'aspirante Santo nei suoi ottusi e vani tentativi di stare letteralmente sospeso a metà tra le preponderanti passioni terrene e la inconcepibile indifferenza di Dio. Alla fine l'unico ad essergli davver vicino per dirgli pane al pane è quel diavolo della Pinal (scatenatissima).
MEMORABILE: Tutte le apparizioni di Silvia Pinal; il nano: "non mi benedir al pari delle mie pecore"; la battuta finale nel sabba della disco: "impara a sopportare".

Stefania 6/01/12 18:12 - 1599 commenti

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La voce di Simon nel deserto è potente come un tuono, tutti l'ascoltano, tutti sollevano lo sguardo verso di lui, come lui lo solleva verso il cielo, al quale è tanto vicino; la voce di Simon nella discoteca di Manhattan è un debole sussurro, sovrastato dalla musica assordante: impossibile essere testimone di fede in un mondo che non appartiene più a Dio, e neppure a Satana, soltanto agli uomini, in mezzo ai quali lo sguardo annebbiato dell'ex-eremita cerca inutilmente il sentiero per il Paradiso, o quello per l'Inferno. Spiazzante apologo iconoclasta, felicemente incompiuto!
MEMORABILE: La straordinaria, grottesca plasticità delle apparizioni di Satana, come scolaretta, donna barbuta, meretrice.

Mickes2 25/03/14 15:02 - 1670 commenti

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Ennesima parabola surreale (anti)religiosa che, nonostante i gravi disagi produttivi, conserva ancora tutta la sua carica blasfema ed eversiva. Storia di un profeta ignorato, di miracoli richiesti con fermezza e partecipazione e successivamente accolti con indifferenza (tra tutti gli arti ricomparsi e poi usati per picchiare). E così il cinismo, l’ignoranza e l’egoismo dell’essere umano richiamano il Silenzio di Dio e la presenza di Satana, viscido tentatore di pulsioni carnali e terrene fino a una vita “da sopportare”, fino alla fine.
MEMORABILE: Le apparizioni della Pinal, fra tutte quella vestita da seducente scolaretta: “Guarda che gambe questa innocente!”; “Vade retro, Vade ultra ”

Saintgifts 17/02/15 09:17 - 4098 commenti

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Grande esempio di cinema. In tutti i sensi: per il tema trattato e per come è stato trattato, per come il film è stato girato e per i mezzi usati, per i dialoghi e, naturalmente, per le riflessioni che induce a fare; infine, non meno importante, per lo spettacolo. Buñuel è un ateo molto speciale, tanto che è difficile, per quello che dice con le sue opere, giudicarlo tale. Più che ateo è scettico. Scettico verso le religioni; non perché parlano di un Dio in cui lui "non crede", ma perché si sono inventate regole mai dette da Dio e che un Dio mai imporrebbe.

Deepred89 4/07/15 00:00 - 3706 commenti

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Un Bunuel particolarmente ispirato per un film sorprendentemente strambo e suggestivo che ruota attorno a una specie di Cristo a bordo di una colonna-altare in mezzo al deserto, soggetto a tutti i tipi di tentazione. Inventivo, sarcastico e proto-jodoroskiano, senza tirarsi indietro ai nudi della Pinal (e rispettiva trasformazione in nonna malefica da Overlook Hotel), a nani zoofili e ad accenni esorcistici. Mezza genialata non guastata dal finale incompiuto, con folle salto shyamalaniano.

Rufus68 20/12/17 17:54 - 3840 commenti

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Come sancì Sartre: "L'inferno sono gli altri". E la vita s'appiccica addosso oscurando l'ambizione dei cieli. La santità, pare dire il regista, è impossibile; l'umanità è avida e dannata e ogni suo sentimento viene generato dal narcisismo e dal tornaconto (come il miracolato alle mani). Solo i poveri di spirito (un insetto, il nano) riescono a sfiorare Dio. E non serve spogliarsi di tutto l'amore sino all'estremo sacrificio: il diavolo è la radice dell'esistenza stessa. Lo spagnolo aveva capito tutto; altro che ateo: disperato. Grande la Pinal.

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Bubobubo 31/12/18 00:51 - 1847 commenti

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Una colonna per ghermirli, o del perfetto pamphlet anticlericale. Dove l'incompiutezza fa miracoli (!): Simeon può resistere a ogni prova, ma se pure il demonio mette il bastone della modernità tra le ruote della contemplazione, allora è finita. È un Buñuel maturo e certo non solo anagraficamente: il controllo del mezzo è assoluto e lo sguardo sul mondo caustico, dissacrante in ogni direzione. Ne è prova il finale, inaspettato ma provocatore e, nel suo, assolutamente geniale. La durata limitata, anzichè far danni, amplifica il fascino.
MEMORABILE: Il finale.
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