Un Monicelli decisamente poco ispirato che, nel tentativo di organizzare il film come si faceva negli anni migliori della nostra commedia coprendo l'intera esistenza o quasi del protagonista (si pensi a UNA VITA DIFFICILE o C'ERAVAMO TANTO AMATI), si perde in una lunga teoria di scene deboli, mai significative né rappresentative (se non marginalmente) dell'epoca in cui vengono di volta in volta ambientate. La deputata a traghettarci dagli Anni Sessanta al 2011 (all'epoca del film il futuro) è Claudia (Buy), figlia scapestrata di un ricco industriale milanese (Noiret). Ribelle...Leggi tutto poco convinta fin dalle prime esperienze al college, dal quale fugge per partecipare a uno dei più celebri ritrovi hippie di ogni tempo sull'isola di White, vive gli anni della contestazione studentesca e quelli del femminismo sempre all'insegna di un'indipendenza di facciata più figlia di una forte immaturità che di autentiche convinzioni. E mentre l'Italia e il mondo cambiano, lei vive i suoi primi amori, a cominciare da quello per il fascinoso leader degli studenti che occupano l'Università Statale di Milano (Cassini). E' però la figura di Pino (Arena) l'unica a ripresentarsi ciclicamente: napoletano timido e sfigatissimo, prova in ogni modo a far innamorare Claudia di sé ma ottiene solo di finire sfruttato biecamente ad ogni occasione: la spalla su cui piangere insomma, l'amico fedele su cui poter contare sempre e comunque. E non è certo lui il padre del figlio di Claudia, la quale confessa la maternità a genitori rassegnati ad accettare passivamente ogni suo colpo di testa. "Sono incinta e non so di chi", annuncia nel presente dal quale si dipartono i primi flashback prima di un riaggancio che aprirà poi in direzione del futuro. Sposerà un burattinaio spiantato (Ovadia) mentre la regia cercherà continuamente di lasciar trasparire - dai suoi incontri e dalle situazioni in cui si trova - un carattere che non emerge mai davvero, prevedibile nelle sue reazioni e trascinato dalla corrente. Il problema è che nemmeno il ritratto socio-culturale riesce mai a farsi strada, con timidi approcci alla commedia e ambiziosi passaggi come tappe insignificanti di una storia che davvero poco ha da dire. Lello Arena, lontano parente della splendida spalla di Troisi che fu, si mette in un angolo lasciandosi umiliare a più riprese, Ovadia filosofeggia vacuamente sui massimi sistemi lasciando intendere chiaramente come la pensi Monicelli mentre la Buy, sulle cui spalle pesa l'intero film, non ha ancora la statura necessaria a reggere un ruolo tanto sfumato (in compenso mostra il seno in un paio di occasioni). Non che la colpa di un film non terribile ma sbagliato possa essere attribuita a lei, ma certo era ingenuo pensare che potesse salvare da sola il risultato. Beruschi fa un piccolo cameo nei panni del prete dell'ospedale all'inizio.
Storia di Claudia che, nata nel 1949, attraversa gli anni più recenti del Paese attraverso varie esperienze (il 68, il femminismo, la new age). Tentativo non riuscito di ricostruzione: la Buy sembra perennemente spaesata, pessime scenografia e fotografia, doppiaggio da paura e voce narrante intrusiva. Dignitosi solo Arena e Noiret. Scivolone di Monicelli che se non adopera la vena caustica sforna lavori insipidi.
Tra i film decisamente minori di Mario Monicelli, è la storia di una donna che attraversa molti anni della storia italiana tra alterne vicende. Nonostante la varietà dei temi trattati e delle ambientazioni, il film non riesce ad amalgamare bene le vicende personali e il contesto in cui avvengono. Anche la prova della Buy, palesemente a disagio nei panni del suo personaggio, non è impeccabile.
Storia d'Italia post-bellica, vista tramite gli occhi di una ragazza di una famiglia bene. Margherita Buy è la protagonista di questa commedia ben orchestrata dal maestro Mario Monicelli, che non lesina critiche al movimento sessantottino (l'ha sempre detto da buon vecchio comunista) e a quello femminista. La Buy è meno ansiosa del solito (anche se non mancano le classiche inversioni ad U del personaggio) e Arena trasmette simpatia a pelle. Un buon film anni '90 made in Italy.
Uno degli ultimi film di Mario Monicelli, e si vede. La vicenda contempla 32 anni di storia, di cui una quindicina nel futuro, e lo fa con una banalità non degna del regista. Mancano completamente la sua grinta e la sua ironia. Un film insipido, che tratta troppo superficialmente tematiche importanti. E anche la sceneggiatura non convince per i suoi continui salti e per i suoi personaggi-macchietta. Cast che stanca presto, con Margherita Buy e Lello Arena imprigionati nei loro consueti personaggi. Scorre, lo si può vedere, ma stanca anche presto, quando non irrita. Deludente.
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