Due bambini lustrascarpe, in una Roma ancora occupata dall’esercito americano, sognano di comprarsi un cavallo bianco. Ovvero: quando neorealismo, denuncia e poesia si incontrano. De Sica ha un tocco straordinario nel saper descrivere non solo la cruda realtà dei bambini di strada del nostro immediato Dopoguerra (e il carcere minorile), ma anche la psicologia infantile: tutto questo con una grazia davvero speciale. Bravissimi i piccoli attori Franco Interlenghi e Rinaldo Smordoni. Un film intenso e toccante, da vedere.
Posso capire l'acclamazione universale per la capacità espressiva dei ragazzetti di strada protagonisti del film. Complimenti quindi a De Sica e al suo grido neorealista che sottolinea con forza la denuncia sull'indifferenza della società. Per il resto però, niente di eccezionale, non aspettatevi grandi sussulti perché nel carcere la storia procede sempre più didascalica stemperando la simpatica cornice iniziale. Si ravviva col drammatico e simbolico finale.
Un film scabro, girato con pellicole diverse ma capace di donare emozioni. De Sica indugia sulle facce dei bambini e contemporaneamente ci consegna una denuncia sulla burocrazia carceraria, che ahimè è ancora attuale, salvati i sogni con il cavallo e lo sguardo di Annarella. Il neorealismo non è il mio genere preferito, però è un film da guardare.
Rivisto oggi risulta una delle più palpitanti creazioni del sodalizio De Sica-Zavattini. Dopo l'indagine naturalistico-borghese de I bambini ci guardano, i due tornano ad esplorare l'infanzia, questa volta quella senza guida e disperata del dopoguerra. Si contrappuntano nel film una prima parte realistica, fedele al pedinamento dello scrittore, con una seconda (quella del carcere) in cui a farla da padrone è una drammaturgia più tradizionale, piena di pathos. Basterebbe l'escamotage "favoloso" del cavallo a far capire perché Buñuel ammirasse Sciuscià.
La dura accusa verso le istituzioni carcerarie passa per lo sguardo innocente e pieno di speranza di alcuni ragazzi della borgata romana. De Sica col classico tocco delicato documenta una storia, ma prima di tutto una profonda amicizia che sarà messa a dura prova da certe mentalità retrograde del dopoguerra, ancora allusive a certo fascismo. Mancano i sussulti delle opere migliori, ma si scorge grande maestria e poetica nel raccontare la vita di questi ragazzi abbandonati a loro stessi, in mezzo ad una società che li ignora e non li comprende.
Quasi interamente ambientato in un carcere minorile, un classicone neorealista impeccabilmente diretto (immediato solo in apparenza, con bei movimenti di macchina e immagini sempre ben bilanciate) e convincente nella prova dei suoi giovani attori, ma compiaciuto e ricattatorio nel dispiegarsi del suo dramma. Il ritratto di una società allo sbando, tratteggiato senza sbavature e pure con qualche piacevole tocco ironico, sarebbe risultato ancora più convincente senza le gratuite cadute nel tragico. Interessante ma narrativamente faticoso.
Due ragazzini lustrascarpe vogliono svoltare comprando un cavallo, ma le furberie li porteranno in carcere. Ritratto dell’infanzia passando dalle fasi giocose e ricche di sogni alla tragicità dei tradimenti e delle sbarre. Parte iniziale disimpegnata eccellente, mentre la successiva si appesantisce con la galera (con critica al sistema e al mondo dei grandi che non capisce il dramma della solitudine). Conclusione con un’eccezionale immagine, anche se il preambolo non colpisce. Brava la giovane coppia e notevole il dinamismo delle riprese, anche in spazi ristretti.
La bravura di De Sica e degli sceneggiatori sta nel raccontare nel modo giusto la triste realtà di due lustrascarpe che come tanti brulicavano per le strade delle città. Non si limita a descrivere la drammaticità della loro condizione esistenziale perché sarebbe stato troppo facile, ma dà l’impressione di vivere le disavventure con i loro occhi, secondo il loro punto di vista, quello di due ragazzini abbandonati e senza alcuna guida morale. Anche se parla di una condizione di vita ormai passata, lascia più di qualche spunto su cui riflettere.
Forse solo Vigo prima di De Sica era riuscito a restituire la profondità, spesso belluina, dei giovanissimi, vittime capaci di stringere i pugni. La vita dei reclusi è un capolavoro corale: realismo panottico controllato da Amidei e Zavattini (con Franci e Viola) che trattando da veri galeotti sciuscià e compari quietano possibili tentazioni patetiche. L'alto magistero del regista sarà paradigma per tante opere future sui riformatori (Mery per sempre, Scugnizzi). Imprescindibile.
MEMORABILE: L'escamotage del commissario che finge di torturare per costringere il Maggi alla delazione.
Realismo poetico de' noantri. Abbandonato il microcosmo piccolo borghese, De Sica lavora alla prima e vera opera di denuncia che vede contrapposta la spensieratezza fanciullesca al cinismo degli adulti. Se Vigo permetteva il trionfo dei suoi scolaretti, De Sica opta per un'impostazione tragica decisamente troppo manichea, lasciando solamente agli adulti (Cigoli credibilissimo aguzzino) il ruolo di malevoli corruttori che portano le anime pure alla perdizione. Ottima intepretazione dei giovani protagonisti, vero elemento neorealista.
Opera fondamentale del Neorealismo italiano, si avvale di due irresistibili attori-ragazzini, protagonisti dotati di sorprendente freschezza recitativa. La descrizione dell'Italia dell'immediato Dopoguerra viene non illustrata direttamente, ma chiaramente dedotta da quello che vediamo nel mondo dei minori, osservati con commossa attenzione da sceneggiatori e regista. De Sica ottiene sguardi che colpiscono il cuore senza ricatti sentimentali. Presenza, nel ruolo della chiromante, di Maria Campi, l'artista che aveva inventato, alcuni decenni prima, la celebre "mossa".
MEMORABILE: Il minorenne di Velletri.
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Il conduttore de La valigia dei sogni mi ha preceduto, ma la consegna dell' Oscar a questo film mi ha suggerito un parallelo con Gomorra, che tanto successo e tante discussioni sta suscitando anche all'estero.
Per chi ha visto Gomorra, non trovate che gli sguardi ora rassegnati ora rabbiosi di alcuni bambini somiglino perfino troppo ai protagonisti di Sciuscià?